lunedì 18 febbraio 2008

Il Foglio.it "Il QI del Pd e il Quoziente Imperiale di W"

Il delegato democratico è uno dei 2.800 membri dell’assemblea costituente del Partito democratico di Walter Veltroni e ieri pomeriggio, al termine degli interventi della seconda e forse ultima assemblea costituente dell’anno del Pd, tra gli emendamenti proposti dal comitato ristretto della “Commissione statuto” ha dovuto esprimersi, a democratica alzata di mano, sull’approvazione, o no, di venti emendamenti che molto probabilmente lo stesso delegato, arrivato spesso a spese proprie da tutt’Italia, non ha avuto neppure il tempo di leggere: le quattro pagine votate sono infatti comparse in una sala quasi deserta appena trenta minuti prima dell’effettivo voto. Tra le altre cose, è stato abrogato il sistema di ripartizione di voti chiamato “Quoziente Imperiali”, grazie al quale il listone Veltroni, alle primarie, aveva conquistato un netto 57 per cento di delegati (quoziente che garantiva, in molti colleggi, un soglia di sbarramento quasi del 10 per cento): ora, per le prossime primarie, il metodo sarà proporzionale e basta; all’articolo due, il Pd ha invece deciso di escludere dal partito (cioè dall’anagrafe degli iscritti e dall’albo degli aderenti) chiunque sia iscritto ad altri partiti politici: oggi, dunque, Tonino Di Pietro non potrebbe neppure votare per le primarie dello stesso partito con cui si è apparentato. Il momento più doloroso della giornata è stato però alla fine della convention quando alcuni giovani delegati del Pd, mentre raccoglievano i pochi cartelli del “Si può fare” lasciati sulle seggiole della nuova fiera di Roma, notavano che in realtà il “Si può fare” di Walter Veltroni, ancor prima di Barack Obama, era stato utilizzato dallo scomodo blogger Mario Adinolfi, il cui slogan, nel corso della sua campagna delle primarie, era stato proprio il “Si può fare” cantato da Angelo Branduardi.

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