martedì 19 febbraio 2008

Il Foglio. "Il Csm va a Napoli e i Klinefelter querelano Rep."

Napoli. “Tutte le cose sull’eugenetica che sono state dette attorno a questa vicenda sono state dette a sproposito”. A sette giorni dall’incredibile caso del Policlinico Federico II, a Napoli, nello stesso ospedale in cui la signora Silvana aveva interrotto la sua gravidanza alla ventunesima settimana (dopo aver scoperto che a causa della sindrome di Klinefelter suo figlio “sarebbe stato un malato per tutta la sua vita”), il professor Carmine Nappi, primario di ostetricia del Policlinico Federico II, ha spiegato ieri in un’intervista al Corriere perché a Napoli non si può proprio parlare di “eugenetica”. La legge, dice Nappi, prevede la possibilità di aborto “quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna”. Dunque la sindrome di Klinefelter, secondo il primario, potrebbe rientrare proprio in questa definizione. Lo scorso 12 febbraio, prima che il castello di sabbia di Napoli fosse smontato dagli stessi giornali che lo avevano visto crescere, in un’altra intervista a Repubblica Nappi aveva spiegato che se quella “gravidanza fosse stata portata a termine ci sarebbe stato il 40 per cento di possibilità di un deficit mentale per quel feto”. Con i dati e con le statistiche però non si scherza; per questo il professor Carlo Foresta, andrologo dell’Università di Padova, dice al Foglio che “quei dati non sono reali”.
Sulla strana storia di Napoli, intanto, nei prossimi giorni indagherà anche il Consiglio superiore della magistratura. Ieri pomeriggio, infatti, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ha spiegato che la prima commissione di Palazzo dei Marescialli si occuperà direttamente di ciò che davvero è successo al Policlinico di Napoli; per “comprendere – spiega Mancino – come si sono svolti i fatti e per valutarli”. L’azione del Csm era stata richiesta il 13 febbraio dalle sei consigliere donne di Palazzo dei Marescialli. Ma al contrario di quanto chiesto dalle consigliere, il Csm non si esprimerà “contro il blitz”, come invece precedentemente chiesto; visto che il blitz, nel corso dei giorni, è stato sostanzialmente assolto; e visto che la signora Silvana non ha denunciato alcun poliziotto per la presunta “aggressione” nell’interrogatorio successivo all’aborto terapeutico. Per questo, le conclusioni del Csm saranno più che altro legate alla “modalità di esecuzione e alla possibile spettacolarità dell’intervento di Napoli”, come spiegano a Palazzo dei Marescialli. Sempre ieri pomeriggio, nelle stesse ore in cui il Csm avviava la sua indagine, Maurizio Fornasari, Klinefelter e presidente di Unitask (Unione italiana sindrome di Klinefelter), confermava al Foglio la sua idea di querelare quei giornali che come Repubblica, descrivendo la sindrome di Klinefelter, avevano parlato di feti “malati”, già “malformati” e con alta possibilità di “deficit mentale”. A questo proposito, il prossimo 11 marzo, l’Unione italiana sindrome di Klinefelter organizzerà un convegno a Roma al Policlinico Umberto I per spiegare davvero cosa significa essere un Klinefelter.
Su queste pagine, venerdì scorso il professor Carlo Foresta aveva spiegato perché, in casi come quelli di Napoli, parlare di eugenetica e di “selezione della razza” è praticamente inevitabile. Dice Foresta al Foglio: “Non si scherza con le statistiche perché non si può scherzare con la vita. Selezionare significa scegliere quali sono i bambini buoni e quali invece non lo sono; significa scegliere chi è sano oppure no. Solo che oggi il concetto di ‘sano’ è un concetto molto variabile. In Italia ci sono quasi 60 mila persone con Klinefelter e la metà di loro non sanno neppure di avere questo disordine genetico (io tra l’altro non parlerei neppure di malattia). Ma dire che un Klinefelter è una persona malata, malformata, con deficit mentale, significa considerare malato, e quindi non buono, chiunque abbia gli stessi sintomi di base; chiunque sia a rischio di malattie metaboliche, di malattie cardiovascolari, di disturbi cognitivi, di carenza di testosterone o di problemi legati all’osteoporosi. Se le cose stanno così, qualcuno oggi dovrebbe avere il coraggio di dire che se si parla di ‘vite normali’ non si deve aver paura di considerare legittimo anche altro, cioè l’eliminazione di situazioni non compatibili con la vita normale”.
Claudio Cerasa
19/2/08

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