Per le primarie di ottobre, il ticket Veltroni-Franceschini prepara una sorpresa fatta con qualche under trenta, un po’ di Africa e anche un “bananino”. Ecco la generazione W
Apre lentamente la porta dello studio
al primo piano del suo ufficio
al Campidoglio; ha un completo nero,
la cravatta blu, la camicia bianca, i capelli
spettinati, un leggero tocco di cipria
sulla guance e una cartellina
arancione sotto il braccio destro; va
un po’ di corsa, Walter: sa che questa
sarà una giornata un po’ dura, sa che
c’è una nuova stagione da scrivere, sa
che c’è un Partito democratico da progettare,
sa che l’amica Rosy si è appena
candidata alle primarie, sa che l’amico
D’Alema ha appena finito la sua
colazione con l’amico Blair e sa, Walter,
che oggi c’è anche l’amico Gigi
Proietti che litiga con l’amico Maurizio
Costanzo. Ma c’è anche dell’altro,
oggi. Apre la porta, Walter; sorride, supera
un gradino e poi, tenendo stretto
stretto sotto il gomito sinistro il braccio
di Gigi, si gira, fa un cenno con il
capo verso il suo alter ego Walter Verini,
quindi si ferma e inizia a contarli
uno per uno: uno, due, tre, quattro,
cinque, sei, sette. Sette, dunque; “Gigi,
guarda”, dice Walter. “Ti presento il
futuro del Partito democratico”.
E’ il 18 luglio 2007, è un mercoledì,
sono le diciassette e dodici minuti; il
futuro del futuro Partito democratico
inizia in Campidoglio nella stanza del
sindaco, con sette ragazzi, con Walter
Verini, con Walter Veltroni e con un
gelato un po’ particolare; quello di cui
va pazzo Veltroni; quello che Walter,
insieme all’altro Walter, mangia ogni
giorno pochi minuti dopo la fine del
pranzo; quello che i due Walter consumano
in quantità democraticamente
industriale negli Autogrill di tutt’Italia
e quello che, seduti insieme con
l’altro Walter di fronte all’anticamera
della stanza del sindaco, i sette ragazzi
del possibile futuro Piddì veltroniano
hanno simbolicamente ricevuto come
primo omaggio dal probabile sindaco
d’Italia. Uno per Pina Picierno,
uno per Gianluca Lioni, uno per Luciano
Nobili, uno per Luigi Madeo,
uno per Fausto Raciti (che però, orgogliosamente,
non ha accettato), uno
per Michele Samoggia, uno per Mattia
Stella; ovvero, i sette ragazzi con cui
Walter Veltroni sembra aver deciso di
costruire il futuro – giovanile – del
Partito democratico; i sette ragazzi
con cui – un po’ per propaganda e un
po’ perché parlare di giovani è sempre
il modo più semplice e immediato
per fare qualcosa di giovane e per i
giovani – Veltroni, Franceschini, Fioroni
e Bettini, costruiranno una buona
parte delle liste elettorali per le primarie
del Partito democratico del
prossimo 14 ottobre.
E qui il discorso è delicato, per due
motivi. Perché se da un lato, naturalmente,
il giovanilismo imposto nel
Piddì potrebbe facilmente essere classificato
come la classica “quota giovane”
o come un tradizionale young
brand da indossare solo in occasione
della serata di gala delle primarie, è
anche vero un altro tipo di discorso; e
cioè che la “quota giovane” del Partito
democratico si inserirà in un complicato
meccanismo di liste e di sistemi
elettorali diabolicamente concepiti
per creare non pochi problemi ad
alcuni big di Ds e Margherita.
Come? Così: quando il prossimo
ventidue settembre saranno ufficializzate
le liste democratiche delle primarie,
grazie a un geniale sistema
elettorale potrebbero esserci delle
sorprese – anche clamorose – nelle
elezioni e nelle candidature. Il sistema
è un po’ complicato, ma sembra essere
perfettamente costruito per garantire
le “quote” e le trombature.
Perché nelle quattrocento liste che
verranno schierate il 14 ottobre, lo
schema dovrà esser quello di uomodonna-
uomo-donna-uomo-donna oppure
donna-uomo-donna-uomo-donnauomo.
Dunque: mai due uomini o due
compagni di partito schierati uno a
fianco all’altro; dunque una donna
per ogni uomo eletto. Ma non finisce
qui, perché oltre all’alternanza tra i
sessi, ci sarà anche una rigida alternanza
di appartenenza che dovrebbe
funzionare più o meno così: Ds-Margherita-
società civile-Margherita-Dssocietà
civile. Una combinazione
nient’affatto semplice che permetterà
di non avere una donna e un uomo del
proprio partito uno a fianco all’altro e
che darà un’evidente spazio ai politici
non di professione (come, ad esempio,
Carlo Petrini di Slow Food o il
jazzista Paolo Fresu, rispettivamente
membro del comitato promotore del
Pd e coordinatore per il Partito democratico
in Sardegna). Ecco, a queste rigide
regole – che sembrano essere state
ideate proprio per preparare qualche
tranello – verrà poi aggiunta la
“quota giovane”; una quota non obbligatoria,
da un punto di vista normativo,
ma quantomeno doverosa almeno
da un punto di vista, diciamo, estetico.
O almeno così sembra, sentendo parlare
Veltroni e Franceschini.
Ricordate il Walter del Lingotto?
Quando a Torino il sindaco di Roma
presentò la sua Nuova Stagione democratica,
prima che la Stampa proponesse
uno dei suoi imperdibili e giovanilissimi
“quiz per l’estate” (“Quanto
Walter c’è in te?”, “Sentimenti, musica,
politica: ecco il test per scoprire
il tuo tasso di veltronismo”, titolo poi
accompagnato da indimenticabili domande
come: “Se proprio dovete, che
faccia stampereste sulla vostra maglietta
tra Che Guevara, John Lennon,
Francesco Totti e Totò”; con una nota
a margine che, con precisione, spiegava
che le risposte più giovanilisticamente
appropriate erano: la “a” di
Che Guevara e la “c” di Francesco
Totti), ecco quel giorno a Torino, Veltroni
disse così: “Il gruppo dirigente
dovrà essere composto, a tutti i livelli,
dai nuovi ragazzi che nei partiti come
nella società hanno voglia di spendersi
per il loro futuro e per quello del
paese”. Certo, sembrano le solite parole:
i soliti giovani, giovani, giovani e
ancora giovani che devono votare a sedici
anni, che devono pagare un euro
alle primarie, che non troveranno mai
lavoro, che devono essere valorizzati,
ammirati e che, come direbbe Walter,
andrebbero semplicemente “capiti” e
che poi, però, andrebbero, naturalmente,
anche guidati. Ma questa volta
potrebbe esserci davvero dell’altro.
Questa volta, con il Pd, nelle liste su
cui stanno già lavorando i veltroniani
Goffredo Bettini insieme con Andrea
Orlando, Vinicio Peluffo e Andrea
Martella (tre giovani un po’ meno giovani
dei ragazzi del futuro Pd giovanile
ma che comunque, assieme a Nicola
Zingaretti e allo stesso Veltroni,
hanno organizzato una produttiva rete
di consenso democratico nella capitale,
e non solo lì) e su cui sono all’opera,
da mesi, i franceschiniani Nicodemo
Oliveiro e Antonello Giacomelli,
ecco: magari solo per avere una
buona scusa per risolvere certi delicati
equilibri di potere (cioè per togliersi
di mezzo qualche ribelle di Ds e
Margherita), qualcosa sembra muoversi
davvero, in quota giovane nel Pd;
anche se però, sul tutor scelto da Veltroni,
c’è qualcuno che proprio non
capisce in che senso, per i giovani, ci
debba essere un “tutor”. Cioè, in che
senso Ciriaco De Mita?
Quando pochi giorni fa Walter Veltroni
ha deciso di nominare, dopo una
lunga riunione con Franceschini, Ciriaco
De Mita come tutor dei giovani
del Piddì, Veltroni – anche per risolvere
i problemi di equilibri nella Campania
di Tino Iannuzzi e Andrea Cozzolino
– intendeva ricreare una sorta
di nuova scuola a metà tra il modello
della scuola Pci delle Frattocchie, tra
il modello democristiano della scuola
della Camilluccia (quella di Aldo Moro)
e tra quello magnifico dell’Ecole
Nationale d’Administration fondata
dal generale Charles De Gaulle nel
1945; in altre parole, sempre che De
Mita sia davvero eccitato dall’idea,
l’ex presidente del Consiglio andrebbe
a presiedere una vera e propria
scuola di formazione del Pd. E questo
dopo che una scuola per il Partito democratico
era in realtà stata già fondata
lo scorso anno con Filippo Andreatta,
Salvatore Vassallo, Maurizio
Sobrero, Massimo Vergami e altri 174
professori universitari all’università
di Bologna: l’Unibò. Di quella scuola,
però, non si sa più granché. Dunque,
eccolo qui Ciriaco De Mita.
E chissà che anche grazie al nuovo
– possibile – incarico demitiano non
si vengano a rompere alcuni equilibri
tra i ragazzi del Piddì, soprattutto tra
quelli presenti quel giorno, in Campidoglio.
Perché quando nomini De Mita,
tra i giovani, la prima persona che
ti viene in mente si chiama Pina Picierno
(26 anni, autrice di una famosissima
tesi di laurea proprio sul linguaggio
di Ciriaco De Mita); proprio
lei che con piglio un po’ più che democratico
negli ultimi giorni ha preso
sempre più coraggio e, chissà perché,
ha iniziato a citare con un certo
piacere Francesco De Gregori: “I veri
giocatori li vedi dal coraggio, dall’altruismo
e dalla fantasia”, ripete da un
paio di giorni la Picierno. Indovinate
un po’ a chi si riferisce? Sì: a lui; naturalmente
a Walter.
Ma dietro Pina Picierno, i cui legami
demitiani sono ben noti, ci sono
una serie di ragazzi che nel futuro del
Partito democratico hanno iniziato a
spostare le proprie pedine sullo scacchiere
del Piddì accompagnati (perché
“guidati” è una parola brutta) dai
propri punti di riferimento dello scacchiere
nazionale. Vediamo un po’ chi
sono davvero i veri giovani del Partito
democratico; quelli che – almeno finora
– a differenza dei cosiddetti “outsider”
non cercano di fare della propria
giovanilità una risorsa politica, ma
semmai, – grazie a una più o meno efficace
militanza – provano a sfruttare
quella che potrebbe essere la loro
grande occasione, anche per evitare
di essere continuamente classificati
come quelli che “sanno fare bene i
giovani” (come diceva Nanni Moretti a
Vito, un giovane ragazzo pelato e con
una notevole pancia trattenuta a fatica
da un’enorme salopette blu, nel
film “Ecce Bombo”).
Questa volta, dunque,Veltroni e
Franceschini sembrano voler far sul
serio; e con alcuni ragazzi in particolare,
di cui senz’altro sentirete parlare
nei prossimi mesi. Ragazzi di riconosciuta
militanza, come Fausto Raciti,
segretario nazionale della Sinistra
giovanile – eletto con quasi il 90 per
cento dei voti all’ultimo congresso – timidamente
fassiniano e molto vicino
a uno dei veri propri deus ex machina
degli ingranaggi del nascente Pd (l’ulivista
Andrea Ranieri); il dalemiano
Roberto Speranza (presidente della
Sinistra giovanile, già consigliere comunale
a Potenza, veltroniano non di
nascita e molto vicino a quel “luminare
delle preferenze”, come ricordato
recentemente da Bettini, che di nome
fa Gianni Pittella; che, oltre a essere
un eurodeputato è anche un grande
sponsor di uno degli avversari di Veltroni:
Enrico Letta); Federica Mariotti
(responsabile esteri della Sinistra
giovanile), Sara Battisti (coordinatrice
della segreteria nazionale della Sinistra
giovanile). E poi, dalle parti della
Margherita, Luigi Madeo (26 anni,
segretario organizzativo dei giovani
della Margherita, in quota Marini),
Luciano Nobili (29 anni, coordinatore
dell’esecutivo in quota Rutelli con il
quale, nel 1993, partecipò anche alla
campagna elettorale per l’elezione a
sindaco e ironicamente apprezzato
per essere riuscito a tesserare, in un
passato non troppo lontano, la talentuosa
Flavia Vento, nelle liste della
Margherita); e infine il vicepresidente
vicario dei giovani della Margherita,
Gianluca Lioni, sardo di 26 anni e
componente della troika di fiducia
che accompagna da mesi Dario Franceschini
sia in campagna elettorale
sia alla Camera (Lioni è anche il ghost
writer del capogruppo alla Camera
dell’Ulivo); e poi, in ordine sparso, Simone
Martino (29 anni, ex Udc e ora
uomo folliniano dell’Italia di Mezzo,
molto vicino al portavoce dello stesso
Follini: Domenico Barbuto) e naturalmente
anche i Mille di Luca Sofri
che, così come gran parte dei giovani
del Piddì, si presenterà nelle liste
elettorali con la veltroniana lista di
Giovanna Melandri, Ermete Realacci
e Anna Finocchiaro (la lista si chiama
“Con Veltroni. Ambiente, innovazione,
lavoro”).
Ma non solo, c’è dell’altro naturalmente;
e lo si capisce sentendo parlare
Veltroni di volontariato, associazioni
e società civile. A cosa si riferisce,
Walter? Un’idea, tra i giovani del
Piddì, se la sono già fatta. Prendete
quella riunione in Campidoglio, ad
esempio, dove oltre ai ragazzi in quota
Margherita e Ds (tra questi c’era
anche il venticinquenne diessino
Mattia Stella, animatore dell’associazione
Giovani per la Costituzione di
Oscar Luigi Scalfaro) era presente anche
un ragazzo che si chiama Michele
Samoggia, di 23 anni, ideatore dell’associazione
“Kanimambo” con cui Veltroni
ha organizzato i suoi recenti
viaggi in Mozambico (anche assieme
ai cantanti Daniele Silvestri, Max
Gazzè e all’attore Claudio Amendola);
un ragazzo, pare, molto stimato da
Veltroni e che sarebbe in questo momento
l’unico in “quota Africa” nel
Piddì. (Sulla definizione di “quota
Africa” può aiutare una noticina piccola
piccola nascosta nella ormai storica
pagina della Stampa sul “Quanto
Walter c’è in te”, alla voce: “Africani”:
“L’altrove è per voi una chimera esistenziale,
utile a rimanere saldi nella
vita vera. Qui spargete a piene mani
languori caritatevoli e solidarietà inclusive.
In buona fede naturalmente.
Questo è il vostro mistero”).
E sarà proprio così, probabilmente:
con un po’ di giovani (meglio se giovani
e pure donne) con un po’ di associazioni,
un po’ di società civile e un
po’ di Africa che Veltroni e Franceschini
prepareranno qualche sorpresa
in quelle liste dove il ticket ha democraticamente
deciso di investire
sui giovani militanti, sulla società civile
(Veltroni ha già in tasca una lista
con 250 nomi da proporre) e anche
sulle associazioni di volontariato
(Walter punterà molto anche sui “Ragazzi
di Locri”, ma c’è chi crede che
nel comitato promotore dei giovani
del Piddì, e probabilmente non solo
in quello, ci saranno anche giovani in
quota Letta e in quota Bindi).
Ed è cominciato tutto lì, in quella
stanza al primo piano del Campidoglio
affacciata sui Fori romani, dove
Walter Veltroni tra un po’ di quota
Mozambico, un po’ di quota Scalfaro,
un po’ di Ds e un po’ di Dl e tra un magnifico
Gigi Proietti e un terribile bananino
(praticamente un introvabile
gelato al gusto di banana considerato
un vero e proprio must veltroniano,
quasi ai livelli dei fratelli Kennedy o
del Mahatma Gandhi, come scherzosamente
avrebbe ammesso lo stesso
Verini quel giorno a Roma), è lì che
Walter, dopo trenta minuti di terapeutica
seduta, si è fermato, si è alzato in
piedi, ha guardato l’orologio, ha benedetto
i sette ragazzi e poi, sorridendo,
tra un Proietti e un bananino, si è fatto
serio serio, si è alzato, e salutando
ha sedotto tutti quanti. Così, all’improvviso,
solo con un nome.
Perché di là c’è un signore che mi
aspetta: si chiama Tony e di cognome
fa Blair. Se volete scusarmi.
Claudio Cerasa
15/09/07
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2 commenti:
Criticare va bene.
Travisare un po' meno.
Questa volta il temino assegnato da papà Giuseppe lascia un po' a desiderare.
Travisare?
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