Al direttore - Vedi Michael Moore che entra a Cuba, lo osservi mentre su una barchetta si avvicina lentamente al carcere di Guantanamo, lo fissi mentre estrae dallo zaino un gigantesco megafono e allora pensi che Moore, lì a Guantanamo (nel suo ultimo film: “Sicko”), ci vada per parlarti di torture e di poveri terroristi trattati come animali. E invece no. Invece Michael Moore, nel coraggioso – e un po’ commovente – tentativo di dimostrare che negli ospedali americani i pazienti se la passano peggio che a Guantanamo, racconta, per una volta non propagandisticamente, come stanno davvero le cose, lì a Guantanamo; e con un sottofondo leggero leggero di uccellini cinguettanti, Moore ci dice come si sta bene qui a Guantanamo e come si sta male qui in America; e guardate, guardatevi intorno: non ci sono prigionieri torturati, non ci sono gabbie, non ci sono massacri, non ci sono urine sul Corano e non ci sono quei gulag di cui parlava tanta stampa occidentale. No: non è come vi hanno raccontato finora. Qui, a Guantanamo, i detenuti – oltre ad avere delle celle belle e spaziose – hanno anche alcuni campi sportivi dove per due ore al giorno possono fare tutti gli esercizi fisici che vogliono; e poi, naturalmente, ci sono quelle magnifiche sale ospedaliere, dove i detenuti – meglio: i terroristi – vengono seguiti, assistiti e naturalmente curati e dove, al contrario di quello che leggete sui giornali una settimana sì e un’altra pure, i terroristi non vengono trattati come animali. Vengono trattati – dice Moore – anche meglio degli americani. Ecco: non esageriamo; però stavolta, sui detenuti di Guantanamo, ha ragione Moore. Ed è un vero peccato che nessuno gli abbia ancora fatto i complimenti. Bravo Michael. Claudio Cerasa
05/09/07
martedì 4 settembre 2007
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