martedì 4 settembre 2007

Karl Rove

Karl Rove ha lavorato come consigliere del presidente per sette anni. Il 31 agosto è stato il suo ultimo giorno di lavoro alla Casa Bianca, e ha scritto questo articolo per National Review.

Il “Washington Post” trattò con disprezzo il presidente Truman, dandogli del “lottizzatore” che “sottovalutò l’intelligenza della gente”. L’editorialista del “New York Times” James Reston liquidò il presidente Eisenhower con queste parole: “Un uomo stanco in un periodo di turbolenza”. Alla fine del secondo mandato di Reagan, il “New York Times” lo congedò definendolo un “uomo semplicistico, pigro e distratto”.
(Karl Rove)

Questi giudizi duri, fatti al momento, non hanno retto alla prova del tempo. Per fortuna, se gli osservatori contemporanei hanno l’abitudine di non capire i presidenti, la storia tende a essere più accurata. La storia, allora, come potrà vedere il quarantatreesimo presidente? Difficilmente mi si può considerare un osservatore obiettivo, ma in un periodo tanto polarizzato come quello attuale chi lo è? Credo comunque che la storia darà un verdetto più lucido sul modo in cui questo presidente ha guidato il paese di quanto sembra indicare la rabbia dei suoi critici attuali.

Il presidente Bush sarà considerato un leader lungimirante, che ha affrontato la prova cruciale del XXI secolo. Sarà giudicato uomo di chiarezza morale, che ha messo l’America sul piede di guerra nella battaglia pericolosa contro il terrorismo islamico radicale. A seguito dell’orrore dell’11 settembre, questo presidente ha cambiato la politica estera americana dichiarando che i sostenitori del terrorismo sono responsabili delle imprese di coloro cui offrono riparo, addestramento e finanziamenti. L’America, ha detto, non aspetterà che i pericoli si materializzino appieno, non aspetterà gli attacchi sul nostro suolo prima di affrontare quelle minacce.

Il presidente ha dato alla nazione nuovi strumenti per sconfiggere il terrorismo all’estero e proteggere i nostri cittadini all’interno del paese con il Patriot Act, una sorveglianza estera all’altezza dell’età dei collegamenti senza fili, la trasformazione dei servizi segreti e di sicurezza e la creazione di un Dipartimento per la sicurezza interna. E questo presidente ha compreso quanto fosse saggio rimuovere le cause del terrorismo propugnando la diffusione della democrazia, in particolare nel mondo musulmano, in cui l’autoritarismo e la repressione hanno costituito un potente motore di crescita per la disperazione e la rabbia nei confronti dell’occidente.
(Giorgino Bush)

Ha riconosciuto che la democrazia in quei luoghi ci rende più sicuri nei nostri paesi. Il presidente Bush sarà considerato un leader compassionevole, che ha usato la forza dell’America per il bene. Mentre il mondo esitava, l’America ha affrontato l’Hiv e l’Aids in Africa con un programma d’emergenza presidenziale (The President’s Emergency Plan for Aids Relief) che ha contribuito alle cure di oltre un milione e centomila persone nel mondo, più di un milione delle quali in Africa. Mentre la maggior parte del mondo ignorava il Sudan e il Darfur o si rifiutava di intervenire, il presidente ha chiamato quella violenza col nome di genocidio e ha spinto i leader mondiali ad agire.

Una vasta gamma di questioni relative ai diritti umani, dalla repressione nella Corea del nord, in Myanmar e altrove, alla libertà di religione e al traffico di esseri umani rimangono all’ordine del giorno della Comunità internazionale in buona parte perché questo presidente continua a chiedere che si intervenga. E Bush ha affrontato la sfida di trovare nuove istituzioni e nuovi metodi. Per esempio, la Proliferation Security Initiative affronta il trasferimento di materiale e informazioni pericolosi. E ha riformato il sistema di aiuti esteri americani in modo che si desse maggiore attenzione ai risultati, all’assunzione di responsabilità, alla trasparenza e alle misure contro la corruzione e per la democrazia. Bush promuove la crescita economica e sa bene che dare libertà ai mercati è il modo migliore per spianare la strada ad un domani più promettente.

Il presidente ha ereditato un’economia che stava entrando in una fase recessiva ed è stato indebolito ulteriormente dagli attacchi terroristici, dagli scandali delle grandi società, dai disastri naturali e dalle spese fuori controllo, tanto che nell’ultimo anno di mandato del suo predecessore le spese discrezionali interne erano aumentate del 16 per cento. Bush ha intrapreso azioni decisive, tagliando le tasse e ponendo un freno a queste spese.

Il risultato? La creazione netta di 8,3 milioni di nuovi posti di lavoro dall’agosto 2003, una crescita degli incentivi e dei profitti al netto delle tasse per le imprese, perché possano investire e crescere; tre anni in cui la crescita economica dell’America è stata al primo posto tra le economie del G7; e il bilancio sulla via dell’avanzo per il 2012, nonostante l’aumento dei fondi investiti per la sicurezza dell’America con la creazione del nuovo Department of Homeland Security e la lotta nella guerra globale contro il terrorismo.

Nei quattro anni dall’ultimo taglio alle tasse, nel 2003, l’economia statunitense è cresciuta del 13 per cento in dollari reali. La crescita aggiuntiva è maggiore per dimensioni a tutta l’economia canadese. Questo presidente sa anche che la nostra qualità di vita dipende da quanto riusciamo a vendere nel mondo. Le 14 nazioni con cui abbiamo stretto degli accordi di libero scambio rappresentano il 7,5 per cento del pil mondiale, ma il 43 per cento delle nostre esportazioni. Il numero crescente degli accordi di questo tipo conclusi e firmati sotto il presidente Bush aiuta a spiegare perché le esportazioni americane siano salite del 27 per cento tra il 2004 e il 2006, creando posti di lavoro e prosperità nel nostro paese.
(Giorgino tribale!)

La storia vedrà nel presidente Bush un riformatore che si è concentrato sulla modernizzazione di importanti istituzioni. Si occupa da vicino di modifiche fondamentali che, tra le altre cose, rafforzeranno il sistema scolastico e sanitario per i nostri figli. Per l’istruzione, il programma “No Child Left Behind” ha introdotto nel nostro sistema di istruzione pubblica l’assunzione di responsabilità, per garantire che si valutino sempre i progressi di ciascun bambino. I genitori ora sanno se il proprio figlio sta imparando, rispetto ai risultati ottenuti all’interno della stessa scuola e in confronto agli altri istituti.

Questa nuova attenzione ai risultati ha indotto maggiori miglioramenti nelle capacità di lettura in cinque anni di quanto non fosse avvenuto nei 28 precedenti considerati nel loro complesso. Questa riforma dimostra che effettuare le valutazioni porta dei risultati. Il programma Medicare è stato modernizzato con l’introduzione dei contributi per i medicinali prescritti dal medico, usati da 39 milioni di cittadini della terza età. Disporre dei medicinali di cui hanno bisogno li aiuta ad evitare costose operazioni e lunghe degenze in ospedale. Il risultato è un migliore sistema sanitario per loro, a costi più bassi per chi ne beneficia e minori delle attese anche per i contribuenti.

Il presidente ha affrontato anche altre questioni: come la riforma del sistema legale, l’assistenza all’istruzione superiore, i trasporti e le politiche per la conservazione e le foreste, con lo stesso spirito riformista. E l’ha fatto anche in materie controverse all’interno del suo stesso partito, come la vasta riforma dell’immigrazione, di cui si era fatto promotore sin dall’inizio della prima campagna elettorale per l’elezione a governatore del Texas, nel 1993. Sarà considerato un pensatore conservatore innovativo con un programma d’azione positivo e ottimista. La sua proposta di riforma del sistema sanitario, ad esempio, proviene dalla consapevolezza del valore della concorrenza e del mercato.

Una deduzione fiscale standard per le cure sanitarie, simile a quella che i proprietari di casa possono ottenere per gli interessi sul mutuo, creerebbe parità di condizioni tra chi riceve l’assicurazione sanitaria dal datore di lavoro e chi deve pagarla di tasca propria, aumentando così il numero di famiglie coperte. I cittadini dovrebbero poter mettere da parte dei risparmi non soggetti a tassazione per le spese sanitarie “vive”. La legge con cui il presidente ha creato l’Health Savings Account costituisce il primo passo verso quest’idea e aiuterà a spostare il sistema sanitario verso un modello guidato dal consumatore, allontanandosi sempre più dal sistema del single-payer (il sistema per cui le spese sanitarie sono coperte interamente da un solo ente, ad es. lo stato o l’assicurazione).

Più di 4,5 milioni di famiglie americane ne beneficiano già oggi. Si avrebbe una maggiore concorrenza se si permettesse alle assicurazioni di vendere al di là dei confini statali e alle piccole imprese di condividere i rischi, il che ridurrebbe anche i costi e farebbe aumentareù l’accesso alle assicurazioni. Il presidente si concentra in egual modo sui grandi cambiamenti quando si tratta di opportunità e povertà. Ha rinvigorito le politiche, come la riforma del welfare, che promuovono la partecipazione e incoraggiano la responsabilità personale invece di sostenere un atteggiamento di dipendenza dal governo.

Le sue iniziative basate sulla fede e la comunità stanno incoraggiando l’imprenditoria sociale ad affrontare la povertà e le sofferenze. Miliardi di dollari federali sono ora accessibili ai gruppi che vogliono soccorrere un prossimo nel bisogno. Già ora 34 governatori democratici e repubblicani e più di 100 sindaci di tutti gli orientamenti politici hanno creato degli uffici sulla base della confessione religiosa e della comunità di appartenenza per ampliare l’iniziativa federale. Sull’energia, l’ambiente e i cambiamenti climatici, sta sviluppando un nuovo paradigma. Ponendo maggiore attenzione alla tecnologia, alla creazione di collaborazioni ad alta efficienza energetica e alla diversificazione delle risorse, le sue politiche stanno migliorando la sicurezza energetica e rallentando la crescita dei gas a effetto serra senza mandati e regolamentazioni distruttivi per l’economia.

Il presidente che ha attirato su di sé tante critiche per aver rifiutato l’errata impostazione di Kyoto ha attuato delle politiche che hanno permesso agli Stati Uniti di crescere del 3,1 per cento e ridurre la quantità assoluta di emissioni di anidride carbonica (dell’1,3 per cento). In queste e in altre aree, la storia vedrà che il presidente Bush ha guidato la politica in direzioni nuove, sulla base di princìpi conservatori. Gli sarà riconosciuto il ruolo di grande avvocato dei valori tradizionali.

Ha promosso una cultura della vita in cui ogni bambino è protetto e ben accolto. Ha dato il suo sostegno al matrimonio tradizionale quando è stato attaccato dai tribunali. Ha cercato di rafforzare le famiglie e incoraggiare la responsabilità personale. E ha compreso la necessità di nominare giudici che conoscessero il ruolo proprio dei tribunali e i loro limiti e ci daranno una giustizia imparziale, garantendo il rispetto fedele della Costituzione. Il presidente Bush ha avuto il coraggio politico di affrontare le più grandi sfide economiche cui l’America si trova davanti.

L’incombente crisi fiscale nel programma Medicare e Social Security o porteranno all’impoverimento dei cittadini americani o a causa di un aumento delle tasse e di una riduzione della crescita, o impediranno al governo di mantenere le promesse fatte. Questo presidente ha lavorato per limitare la crescita di spesa a copertura del debito pubblico, per modernizzare i programmi Social Security e Medicare inserendo nei loro sistemi operativi le forze del mercato e della concorrenza.

Ha proposto una riforma del primo che risolverebbe le carenze finanziarie di lungo termine del sistema, dando ai giovani lavoratori la possibilità di scegliere di depositare parte dei loro soldi in investimenti azionistici molto prudenti. Ha fatto sì che sia impossibile, per i futuri presidenti e i membri del Congresso, ignorare questa sfida. La proposta del presidente costituirà il punto di partenza per la riforma, quando si farà. E quando succederà, l’America sarà grata al presidente Bush per aver fatto della riforma del debito una questione centrale, e sarà cosciente del fatto che si è perso tempo prezioso a causa delle tante critiche. Il risultato delle operazioni in Iraq e Afghanistan influirà sul giudizio che la storia darà sul presidente.

La storia guarda ai risultati finali, non ai piccoli errori o all’avanzata di un momento ed emetterà un verdetto favorevole se il risultato nel medio oriente sarà simile a quello che l’America ha visto dopo la Seconda guerra mondiale. La presenza dell’America in Europa e in Asia dopo la fine di quella guerra aiutò la Germania e il Giappone a diventare democrazie e alleati nella lotta al comunismo. Se qualcosa di simile succederà in Iraq e in Afghanistan, quel qualcosa cambierà la regione e il mondo. Per la prima volta, milioni di cittadini nel medio oriente vedono all’opera nei loro paesi un modello di libertà, e questo darà loro la speranza di un futuro migliore per i loro figli, rendendo al contempo più sicura l’America.

Se il risultato sarà simile a quello che abbiamo visto nel Vietnam dopo che l’America abbandonò i suoi alleati e la regione precipitò nel caos, nella violenza e nel pericolo costante, il giudizio della storia sarà severo: dirà che il presidente Bush ha avuto ragione, e gli avversari della sua politica torto, come fu per George McGovern all’epoca. Oltre a queste politiche e azioni, la storia valuterà l’uomo. Conosco George W. Bush da 34 anni e ho avuto il privilegio di osservare da vicino quando la storia ha imposto a lui e alla nostra nazione le sue domande.

Conosco la sua umiltà e il suo contegno, la sua intelligenza e ponderatezza, il suo rispetto per tutti quelli con cui entra in contatto, il suo impegno indefesso a decidere sempre basandosi sui princìpi, e conosco il cuore placido e compassionevole di quest’uomo e della sua graziosa moglie, Laura. Ho capito che chi ha davvero la capacità di guidare un paese sfida il vento contrario. Affronta le grandi sfide dall’esito incerto invece di accettare compiti semplici e sicuri. Fa ciò che è giusto, indipendentemente da quel che dicono gli ultimi sondaggi o gli indici di gradimento. La storia chiede molto all’America e a chi la guida e sono sicuro che giudicherà il 43° presidente come un uomo che si è più che meritato la grande carica che il popolo americano gli ha affidato due volte.

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