Le coop, i vecchi comunisti, la Padania, l’Emilia Romagna, i verbali, le scalate, una famiglia incredibile e un personaggio chiave per capire sinistra e finanza rossa. Storia di Ivano Sacchetti, assicuratore
Reggio nell’Emilia. Lui è quello a sinistra: è quello con i baffi, con la camicia bianca, con la giacca nera, con la cravatta rossa e con il braccio che si sposta dall’alto verso il basso sfiorando i sei caratteri stampati sul muro accanto alla parola assicurazioni. Ivano Sacchetti è quello a sinistra, è quello che sorride con Consorte, è quello che ha trasformato una compagnia assicurativa in un piccolo gigante della finanza ed è quello senza cui oggi non si può parlare di Unipol, non si può parlare di Consorte, non si può parlare di Forleo, non si può parlare di coop, non si può parlare di Fassino, non si può parlare di D’Alema e non si può parlare neppure del rapporto che la sinistra ha costruito negli ultimi trent’anni con questa parte dell’Italia. L’Emilia, la Romagna, il nord e la Padania.
Sono passati tre anni dall’estate delle scalate bancarie di Gianpiero Fiorani, di Emilio Gnutti, di Giovanni Consorte, di Antonio Fazio, di Stefano Ricucci e sono stati scritti libri, sono state pubblicate sentenze e sono state sbobinate tonnellate di intercettazioni. Ma dai mesi centrali del 2005 a oggi c’è un persona che non è mai andata in televisione, che non ha mai parlato con i giornali, che non ha mai chiesto un interrogatorio e che non è mai stata raccontata nei giorni in cui degli altri, invece, si conosceva già tutto. Ivano Sacchetti, sessantaquattro anni, già vicepresidente di Unipol, assicuratore. E poi? Perché oggi se dici Unipol pensi a molte cose: pensi ai memoriali di Consorte, pensi alle parole di Piero Fassino, pensi alle frasi di Massimo D’Alema, pensi alla scalata – fallita – di tre estati fa e pensi soprattutto alle ordinanze del giudice Clementina Forleo. Arriverà a settembre il voto del Parlamento europeo sull’uso delle intercettazioni tra l’ex ministro degli Esteri e l’ex amministratore delegato di Unipol e si perderà ancora tempo a parlare di scalate, di insider trading, di aggiotaggio, di esondazioni e di giudici da rimuovere. Ma il punto è che non è possibile comprendere questa storia di politica, di finanza, di cooperative, di comunisti, di vecchi partigiani e di vecchi contadini senza conoscere la vita di Ivano Sacchetti e di tutta la sua incredibile famiglia. Perché non c’è solo la vecchia storia del ranch vicino a Reggio Emilia, non c’è solo la storia del papà che fu partigiano, non c’è solo la vicenda della parcella milionaria ricevuta da Emilio Gnutti. Non c’è solo la storia di un dirigente che ha visto trasformare il mondo delle cooperative in un mondo fatto anche di plusvalenze. C’è anche dell’altro. C’è la storia di un dirigente che ha rivoluzionato il mondo delle assicurazioni. C’è la storia della scalata a una banca (Bnl) di cui lo stesso Sacchetti sarebbe diventato presidente. C’è la storia di una regione dove per anni la politica ha significato Unipol e dove per anni la politica entrava in sezione solo dopo essere passata dagli uffici di una coop. C’è la storia di quel mondo dove oggi invece la Lega Nord arriva al 9 per cento, dove i leghisti entrano nelle cooperative e dove si trova un ex dirigente di Unipol come Sacchetti che a differenza della sua perfetta metà lavorativa, Consorte, ha scelto di non fondare merchant bank, ha scelto di non parlare della morte del padre, ha scelto di occuparsi solo dei processi, ha scelto di rimanere a Reggio, ha scelto di non scendere dalla sua bici per parlare con i cronisti ma riuscendo a essere, ancora oggi, la rappresentazione perfetta di quella terra (come scrive Edmondo Berselli) dove “si aggirano ancora vecchi comunisti pragmatici per i quali il socialismo è semplicemente il capitalismo fatto da noi”. E la storia di Sacchetti comincia proprio così. (continua)
Claudio Cerasa
29/06/08
lunedì 30 giugno 2008
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