venerdì 13 giugno 2008

Il Foglio. "L’Economist attacca il CaW e Veltroni prova a fare quello duro"

Roma. Sarà per via dell’affondo ricevuto dall’Economist e sarà per tutti quei sondaggi minacciosi che collocano il Pd sul precipizio del 24 e del 27 per cento: fatto sta che dopo aver riunito il Cdm ombra, ieri pomeriggio Walter Veltroni ha fatto un po’ la parte del duro, indossando per la prima volta l’abito da capo dell’opposizione rigido e intransigente. D’altronde, le parole arrivate dal settimanale inglese non potevano essere più chiare e, se non fosse che l’espressione è stata già piuttosto abusata per il vecchio governo Berlusconi, il messaggio per il segretario oggi suonerebbe più o meno così: unfit, non adatto. In sintesi, l’Economist sgrida Veltroni per aver perso l’occasione di mettere in difficoltà l’esecutivo e per aver “rafforzato” la popolarità di Berlusconi trasformando l’opposizione ombra in opposizione “fantasma”. Naturalmente il leader del Pd non condivide le critiche (le considera “travagliesche”) ma è anche per questo che nel corso della giornata i toni usati dall’ex sindaco si sono fatti severi. A metà mattinata, lo shadow cabinet ha esaminato (e depositato) una serie di emendamenti al disegno di legge contenente le misure su Ici e detassazione degli straordinari. Il Pd, come spiegato dall’ex sindaco, considera “importante” l’abolizione dell’Ici ma ritiene poco appropriato il modo in cui il governo ha intenzione di coprire il costo del provvedimento. In particolare, il partito non condivide il taglio ai fondi per le infrastrutture nel sud (1,4 miliardi di euro) e propone di sostituire il gettito dell’imposta sulla prima casa “con un intervento che operi su assicurazioni, banche e industria petrolifera”. “Allargando – come spiega W. in perfetto stile Robin Hood – la base imponibile di questi soggetti che hanno raggiunto importanti guadagni”. Veltroni poi stimola il Cav. puntando l’attenzione su due aspetti. Il segretario ritiene che le iniziative sulla portabilità dei mutui siano “una presa in giro” e per quanto riguarda il ddl sulle intercettazioni telefoniche non si esprime direttamente sul contenuto del testo – dimostrando ancora una volta di non criticare lo spirito del provvedimento – ma dice semplicemente di non credere alla versione del “refuso”: “Noi – dice Veltroni – ribadiamo che le priorità sono altre e che occorre intervenire su stipendi, salari e pensioni”. Detto questo, continua W., “mi spiace che il governo invece di dire ‘ci siamo sbagliati politicamente e istituzionalmente’, dica che si è trattato di un errore”.
Ma per comprendere lo stato di salute effettivo del Pd ci sono due ulteriori aspetti da non trascurare. Come spiegato ieri dal dalemiano Nicola Latorre, il congresso che rinnoverà gli organi dirigenti sarà quello del 2009 e non del 2008 (“In questo momento – ha detto senza ironia Latorre – su Veltroni c’è un consenso altissimo”). Dall’altra parte, invece, non è difficile immaginare che nelle prossime ore il dibattito sulla collocazione europea del Pd (lunedì potrebbe arrivare una decisione ufficiale) lascerà spazio a quello sulla presidenza del partito. L’elezione avverrà il 21 giugno ma allo stato dei fatti per quel ruolo non esiste alcun candidato ufficiale. Franco Marini sostiene di essere “troppo grande di età” e il presidente dimissionario (Romano Prodi) chissà se farà marcia indietro. Sarà difficile ma non impossibile, perché – come spiegano dal partito – “il Pd lascerà le porte aperte all’ex premier fino al 21”. In alternativa le soluzioni sono queste: la prima è quella di una “nomina di garanzia” (e per quel ruolo nel Pd vedrebbero bene Oscar Luigi Scalfaro) la seconda quella di un presidente rosa come Rosy Bindi o magari Anna Finocchiaro.
Claudio Cerasa
13/06/08

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