Roma. Nel primo giorno del Cav. III, il terzo Giulio Tremonti nasce ieri pomeriggio alle quindici e trenta nella sala registrazioni della Rai. Con un faccia a faccia con Giovanni Minoli e con due frasi non certo casuali che il nuovo ministro dell’Economia ha dedicato a Massimo D’Alema. Perché tra Tremonti e D’Alema non ci sono solo due caratteri simili, con tratti comuni e con simpatie sfumate dietro frequentazioni condivise: Tremonti e D’Alema si piacciono. E se non fosse già sufficientemente chiaro, il ministro lo ha fatto capire ancora una volta ieri con parole che non aveva mai utilizzato. E così, dopo aver passato tutto il primo pomeriggio a Palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti è arrivato in via Ettore Romagnoli per la registrazione dell’ultima puntata della trasmissione di Gianni Minoli (“La storia siamo noi”); ha parlato – anche a telecamere spente – con il conduttore dei possibili nuovi assetti della tv di stato; ha scherzato a fine puntata sul suo carattere un po’ tosto che alla fine però ha conquistato pure lo stesso Minoli (“Vede, il mio peggior difetto è invece essere simpatico”, dirà Tremonti); e una volta viste scorrere dietro le proprie spalle le immagini del 23 ottobre americano di quasi ottant’anni fa (martedì nero, crisi del 1929 e Borsa di Wall Strett a pezzi) il ministro dell’Economia ha confermato che se da un lato c’è un CaW con un motore ancora un po’ inceppato, dall’altra parte, invece, la cerniera diplomatica di Tremonti è in ottima salute e nei suoi rapporti con l’opposizione non potrà prescindere da Massimo D’Alema. Spiega perché due volte, Giulio Tremonti. Dice che con l’ex presidente dei Ds “si discute bene” e proprio per questo, premettendo che di “politici del genere non se ne trovano tanti in giro” Tremonti, con una certa naturalezza, tra il segretario del Pd e l’ex ministro degli Esteri dice di sentirsi in sintonia “più con D’Alema che con Veltroni”. E lo dice nel giorno in cui il dalemiano Nicola Latorre, giocando sul filo del paradosso, aveva spiegato a questo giornale che Tremonti viene “da una costola della sinistra”.
Il punto però è che ora il professore sembra stare al gioco: il Tremonti conciliante di oggi dice che personalmente ha bisogno di due anni per dare un giudizio definitivo su Tommaso Padoa-Schioppa e Romano Prodi; dice che nel dialogo con l’opposizione vanno fissati almeno due punti (riforma della Costituzione, federalismo fiscale); che la legge elettorale è l’ultimo dei problemi del governo; e che se proprio dovesse scoprire le carte sulle persone giuste con cui condividere un dialogo all’opposizione oltre a D’Alema i nomi buoni sono quelli del presidente dell’Emilia, Vasco Errani, e del sindaco di Firenze, Leonardo Domenici. E’ però un Tremonti con sfumature sempre diverse quello che è riuscito a far dissolvere in pochi mesi il vecchio e polveroso antitremontismo. Tremonti conta sempre di più a destra e piace sempre di più a sinistra e lo stesso Minoli, a fine puntata, non ha potuto che registrare così la sua piccola folgorazione tremontiana. “Mi sembra ormai una persona che ha acquistato una sicurezza definitiva del suo pensiero e che sia ormai consapevole del fatto che il suo libro e le sue riflessioni siano inevitabilmente un documento pogrammatico di sintesi per tutto il governo”. Tremonti sorride quasi imbarazzato quando Minoli lo paragona al Gesù che cacciava i mercanti (“Qui però i mercanti li hanno già cacciati”, si difenderà Tremonti); e parlando del suo ultimo libro (“La paura e la speranza”) dice inoltre di trovarsi in sintonia non solo con uno dei fratelli di Romano Prodi (Paolo) e non solo con l’avvocato Guido Rossi (“Dice cose molto profonde”) ma anche con l’ex ministro Emma Bonino. Solo che nel giorno in cui il Cav. III conclude le consultazioni al Quirinale e presenta la sua lista di governo il fatto è che c’è un nuovo Giulio Tremonti che approda al governo. Ieri pomeriggio ha ricordato di arrivarci, questa volta, “da politico e non da tecnico” e che già dalla prossima settimana potrebbe trasformarsi nella cerniera diplomatica alternativa a quella ancora un po’ debole del CaW.
Claudio Cerasa
08/05/08
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