Genova. Ha colpito come un cazzotto la pancia della politica genovese e ora che nel capoluogo ligure la storiaccia delle presunte mazzette costringerà il sindaco Marta Vincenzi a costruire la sua prima risposta di governo, c’è tutto un mondo che nella vecchia Zena rischia di crollare sotto il peso di una tangentopoli nata sotto la luce della Lanterna. Genova è la città in cui la sinistra domina senza sosta da più di trent’anni ed è anche la città che ha resistito meglio di ogni altra a quelle bufere che hanno sradicato il centrosinistra dai grandi comuni d’Italia. Perché Genova oggi è la Bologna che prima della vittoria di Giorgio Guazzaloca (1999) era cuore vivo della politica di sinistra ed è l’altra grande città del triangolo industriale, oltre a Torino, grazie alla quale il Pd ha la possibilità di sostenere che le terre del nord-ovest non sono ancora territorio ostile.
Solo che in quel mondo che ha portato ossigeno nei polmoni affannati del Partito democratico (a Genova, il 14 aprile, Pd e Idv hanno raggiunto poco meno del 47 per cento dei voti), accanto ai volti del sindaco Marta Vincenzi e del governatore Claudio Burlando ora ci sono anche le pagine di un’inchiesta giudiziaria che ha già causato le dimissioni di due assessori e che questa mattina costringerà Vincenzi ad annunciare un futuro rimpastino. Il sindaco chiederà scusa alla sua città e proverà a comprendere se quel “pieno sostegno” ricevuto a parole da gran parte del centrosinistra sarà davvero sufficiente per rilanciare l’azione di governo. Basterà questo per rallentare il collasso silenzioso del centrosinistra ligure (che già alle ultime provinciali aveva tremato quando Alessandro Repetto riuscì a battere il candidato Cdl solo al ballottaggio)? Basterà questo a evitare che nella resa dei conti tra i vecchi Ds alla fine nel Pd prevalgano gli ex Dc? Forse no. Certo è che, invece, il clima che si respira nell’establishment ligure non è dei migliori per fare un po’ di chiarezza. Gli equilibri della regione, infatti, sono stati messi a dura prova anche dalle recenti polemiche che hanno coinvolto la Fondazione Carige con il numero uno della fondazione, Flavio Repetto, criticato per aver nominato all’interno del cda il professor Sergio Carbone (indagato nell’inchiesta sul porto di Genova) e con gli osservatori più critici (come La Stampa di ieri) secondo i quali la fondazione sarebbe ormai destinata a finire nella pancia di Mediobanca.
In questo tsunami, però, gli ex dl non hanno alcuna voglia di essere travolti; e il senatore genovese del Pd, Claudio Gustavino, spiega al Foglio quali possono essere i rischi che il partito potrebbe correre di fronte a decisioni un po’ avventate. Il Partito democratico, come ricordato ieri da Andrea Orlando (responsabile organizzazione del partito), ha il compito di censurare l’atteggiamento dei dirigenti coinvolti ma per evitare di peggiorare la situazione (anche in vista delle europee) la linea, per il momento, è massima solidarietà al sindaco. E chissà che nei prossimi giorni Walter Veltroni non decida di passare da qui. (Orlando ne parlerà oggi con W.). “E’ vero, forse l’argomento è prematuro, ma è impossibile negare che c’è un mondo che rischia di crollarci addosso – dice Gustavino – Ma proprio perché questo è un momento delicato bisogna mettere le cose in chiaro: portare troppi cambiamenti nella giunta significa ammettere una sconfitta. Un conto è sostituire alcuni collaboratori per ragioni giudiziarie, un altro è fare un’inversione a ‘u’ politica. Io ho sempre sostenuto il sindaco, ma se ora dovesse cambiare più del dovuto per quanto mi riguarda si dovrebbe dimettere”.
Claudio Cerasa
27/05/08
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