Il governo presenta all’Ue una bozza di Torino-Lione senza tracciato. I sindaci protestano, i movimenti preparano una sorpresa
Roma. Il governo italiano invierà oggi all’Unione europea la prima richiesta ufficiale per ricevere i finanziamenti sulla tratta ad alta velocità della Torino-Lione. La Tav, per capirci. Il documento, scritto dal ministro per le Infrastrutture, Antonio Di Pietro, e da Jean-Louis Borloo, ministro dell’Ecologia del governo francese, è stato presentato come l’ultimo, duro, secco, definitivo ultimatum sull’alta velocità. Ma anche questo ultimatum, un po’ come successo con gli ultimi dieci duri, secchi e definitivi ultimatum, non soltanto rischia di aggiungersi a uno dei tanti paragrafi della grande barzelletta sulla Tav, ma rischia di creare un caso politico a sinistra dell’Unione, e non soltanto lì.
Nello stesso giorno in cui Rifondazione comunista dice che “non esiste nessun percorso, progetto, tracciato che possa ritenersi condiviso”, il ministro Di Pietro dice che “la Tav si farà” e dice che il tunnel di base della Torino-Lione uscirà in corrispondenza del comune di Chiomonte, quindi non più in corrispondenza con quello di Venaus. Ed è questa l’unica vera novità del progetto che arriverà oggi sul tavolo del commissario dell’Unione europea, Jacques Barrot. Un progetto che prevede la richiesta, tra il 2007-2013, di un finanziamento di 725 milioni di euro in grado di coprire, in parte, i 9 miliardi complessivi previsti per il tracciato (tracciato che secondo il progettista torinese Loris Dadam – intervistatato da Panorama – non entrà in funzione prima del 2027). Il problema però è sempre lo stesso: ancora una volta il governo non parla di date, non parla di veri tracciati, non parla di tempi, rimanda le decisioni a un tavolo futuro – il prossimo sarà il 23 luglio, ma da qui a fine anno ne sono previsti molti altri – e sul destino dell’alta velocità non ha nel cassetto neppure una vera cartina. Il perché lo spiega, e lo ammette, lo stesso Di Pietro: “In questo momento non si deve dire come sarà il tracciato, questo le definiremo poi”. E’ per questo che oggi a parlare di “progetto” viene un po’ da sorridere, dato che il governo italiano chiede soldi per la Tav senza avere idea di come sarà la sua Tav, dice che la Tav si farà senza sapere né come, né dove, né quando, propone soluzioni che non risolvono granché e rischia ora di stringere in un angolo sia Rifondazione comunista sia i Verdi. Perché se è vero che la Tav si farà, la sinistra dell’Unione dovrà dire ai suoi elettori che fino a oggi si è scherzato, che la Tav, in fondo, non è proprio da buttare via e che tutti quei no Tav, convinti che il problema della Tav sia proprio la Tav e non questo o quel tracciato, forse non dicono proprio la verità. Ora: Rifondazione è davvero pronta a deludere la sua base, quando è lo stesso Fausto Bertinotti ad aver appena messo in guardia l’elettorato sul sempre maggiore rischio “di un delcino all’orizzonte della sinistra Europea?”.
Dice al Foglio Osvaldo Napoli, vicepresidente dell’Anci, deputato di Forza Italia ed ex sindaco di Giaveno, comune della Val Sangone: “Per quale motivo Di Pietro ha deciso di spostare l’uscita del tunnel da Venaus a Chiomonte senza consultare nessun rappresentante del comune né tantomeno il sindaco? Sarà perché in un comune di centrosinistra, come Venaus, i no Tav erano diventati troppo forti, mentre in un comune di centrodestra, come Chiomonte, i no Tav hanno meno influenza? Non vorrà mica ammettere, ministro, che la concertazione si fa solo quando conviene all’elettorato della sua coalizione?”. E per capire lo scarso peso dato alle parole del governo potrebbe essere sufficiente notare come ieri Liberazione, quotidiano di Rifondazione, abbia nascosto la sua reazione alla “Tav che si farà” in un trafiletto a pagina 6. Un trafiletto piccolo piccolo, dove il responsabile della commissione per la protezione delle Alpi dice, tra l’altro, che “l’ipotesi del tunnel di base si sta allontando, perché l’opposizione italiana è troppo forte”. Dunque, nessun rischio sulla Tav. E se mai ci fosse qualche dubbio, se mai il governo pensasse di scavalcare il popolo dei no Tav, oggi sul tavolo del commissario Barrot dovrebbe arrivare un altro documento firmato da 32 consigli comunali della Valsusa. Un documento dove, se ce ne fosse ancora bisogno, verrà argomentata “l’assoluta non condivisione” dell’attuale dossier sulla Tav.
Claudio Cerasa
18/07/07
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