giovedì 19 luglio 2007

Il Foglio. "Spiando Nanni Moretti"

Svelati i misteri del Caimano. E’ Silvio Orlando, cioè Silvio. Placido
sbarca a Sabaudia come Colombo. Il regista Virzì celebra le nozze
trotzkiste. Prove raccolte in un ristorante di Roma e nei suoi dintorni

Roma. Sulle tracce del misterioso, segreto,
impenetrabile nuovo film di Nanni Moretti,
“Il Caimano”, il Foglio è riuscito a scoprire
il misterioso, segreto, impenetrabile
racconto cinematografico. Attori, scene, registi
che recitano, attori che fanno i registi,
galeoni che sbarcano a Sabaudia “per i quali
sono stati usati tantissimi soldi”, caimani
che salgono sul palco, interrompendo le
scene, giornate gelate in pieno luglio, concerti
all’Auditorium, misteriosi flirt tra i
protagonisti, attori che recitano sotto la (vera)
pioggia e attori (veri) che si ammalano.
Sul set non si parla. Chi recita non può, è
scritto sul contratto. Ma le comparse, i costumisti,
gli addetti al casting ci hanno raccontato
in che modo è stato costruito e in
che modo è stato tenuto nascosto il prossimo
film pre-elettorale di Moretti.
Il film, girato tra la periferia di Roma, le
spiagge di Sabaudia e Milano, uscirà il 24
marzo in 300 copie. I protagonisti saranno
Silvio Orlando, Margherita Buy, Jasmine
Trinca, Michele Placido e Elio de Capitani.
Per il film il regista ha persino reclutato
molti bambini nelle scuole elementari romane,
tra questi uno ha un ruolo da protagonista.
E’ Daniele, molto probabilmente
il figlio di Margherita Buy. “E
forse non è un caso – sostiene un ragazzo
che ha lavorato nel film
– i bambini sono messi in
scena per convincere emotivamente
lo spettatore
che il Caimano riveste
un ruolo subdolo. E che
non si faccia scrupoli a
esercitare il suo senso
di onnipresenza e onnipotenza
anche
sugli stessi bambini”.
All’interno del
film sono presenti
una serie di altri
film. Ognuno con
un suo regista. Il Caimano
è Silvio Orlando. Ha un ruolo preciso,
è lui che controlla, che appare nelle
scene spesso senza dire nulla. Vigila su ciò
che accade. Si guarda in giro e quando c’è
qualcosa che a lui non quadra, ferma tutto,
blocca il film nel film. Perché il film deve
essere proprio come vuole lui. “Alza un dito,
fa gestacci, si fa notare fino a quando gli
altri – gli attori – non sono costretti a interrompere
ciò che stanno facendo in quel
momento”, dice una comparsa. Gli attori
non potevano e non dovevano parlare.
Pierluigi, lo chiameremo così, era a Sabaudia.
“A me mi ha fatto venire la febbre”.
Pioveva tantissimo ma Moretti ha
continuato a far girare il film. Pierluigi è
rimasto sul set “dalle 18 alle 5 di mattina”.
A Sabaudia c’era un vascello con sopra Michele
Placido. La scena era quella di uno
sbarco. Pierluigi era curioso e ha chiesto,
“ma chi è il caimano?”. Per tutti la stessa
risposta. “Lo vedrai al cinema”. Ma loro lo
sapevano. “Il caimano è Berlusconi. Nel
film è Silvio Orlando”. Il protagonista è lui.
Cristoforo Colombo sbarca a Sabaudia.
“Non ha badato a spese per questa scena e
in particolare per il vascello. Era immenso,
curatissimo nei particolari. Ha speso
tantissimo. Io vedevo arrivare Orlando.
Quando interveniva bloccava tutto senza
dire una parola, solo con i gesti”. Ricorda
Pierluigi, riassumendo il vero senso del
film: “Si sarebbe voluto parlare di come
sia difficile fare cinema in Italia. I registi
hanno recitato proprio per questo”. Pierluigi
era curioso. Osservava il Caimano.
“Orlando passava sulla scena del film e dava
fastidio. Scendeva dalla collinetta e rimaneva
a guardare. Sembrava lui quello a
cui dovevano tornare i conti”. “Si impadronisce
dello stato”, direbbe Cordero che
in un articolo su Repubblica aveva accostato
il Cav. alla figura del Caimano.
“Ce l’ha fatta girare venti volte la scena”
“Ce l’ha fatta girare venti volte quella
scena”. Nel film nel film c’è un regista per
ogni trama. Un regista che fa il regista e alcuni
registi (veri) che fanno gli attori. “C’è
una scena in cui Virzì celebra un matrimonio.
Margherita Buy sposa Paolo Sorrentino.
Sorrentino dovrebbe avere un fazzoletto
rosso al collo”. Gli altri registi sono Carlo
Mazzacurati nella parte di un cameriere,
Renato De Maria, Antonello Grimaldi,
Jerzy Sthur.
Tiziana, la chiamiamo così, era seduta
nella settima fila dell’Auditorium di Roma,
sala Santa Cecilia. Era luglio. “Faceva un
caldo incredibile. Moretti era molto affascinante.
C’era una strana aria. Moretti
parlava molto con Silvio Orlando. Ma lui si
metteva continuamente a ridere e la scena
è stata ripetuta un’infinità di volte. Mi sembra
che Moretti volesse un personaggio
molto più severo, più brusco. Molto più deciso”.
Tiziana era arrivata alle nove di mattina.
“Mi ha fatto uscire alle 21”. Sul palco
c’è un’orchestra e anche Margherita Buy.
“Cantava con uno spartito davanti a sé”.
Orlando è seduto in platea, controlla. Interrompe.
Entra sulla scena e all’Auditorium
salta sul palco. “Sembrava scandire i
tempi e i ruoli di ogni ripresa”. Stoppa, si
avvicina a Margherita Buy. Le parla all’orecchio.
Tiziana era curiosa. Chiede anche
lei. Le rispondono: “Aspetti di vedere il
film al cinema”. Dice Tiziana: “Siamo rimasti
chiusi dentro la sala, dodici ore sotto
l’aria condizionata. Moretti aveva il maglione
intorno alla gola per ripararsi”. Tiziana
dice: “Sembrava che Orlando fosse il
marito di Margherita Buy. Non doveva parlare
nessuno, non poteva parlare nessuno”.
Tiziana, parlando con le altre comparse, ricorda:
“Eravamo molto curiosi di osservare
Moretti in azione. Ma noi veramente lo
volevamo anche vedere come attore. All’Auditorium
lui non ha recitato. Ma una
piccolissima particina sono quasi sicura
che lui l’abbia fatta”. La stessa cosa ci dice
Pierluigi. “In mezzo a tutti questi registi voleva
esserci anche lui”. E’ una tecnica pubblicitaria.
Geniale. Non dire nulla prima di
un film è molto importante. Crea attesa. “Il
pubblico non vede l’ora di capire di cosa si
parla”, dice Francesco Piccolo uno degli
sceneggiatori del film. Insieme con lui ha
collaborato alla scrittura Heidrun Schleef,
che con Moretti aveva già lavorato alla
“Stanza del Figlio”.
Alla fine il regista ci ha parlato
Alla fine però ha parlato con noi anche
Moretti, giovedì sera in via delle Zoccolette,
al ristorante Evangelista, a Roma. Con
lui c’era (e se non era lui era un sosia
perfetto) Antonio Ingroia, il
pm palermitano con il quale
Giancarlo Caselli
ha istruito il processo
per mafia contro
Marcello Dell’Utri. Si
è parlato del film. Si è sentita
una data. Il 24 marzo. Sedici
giorni prima delle elezioni. Parlavano
del film. Lo commentavano,
cercavano di analizzarlo.
Ma parlavano
anche di politica.
Dei girotondi, di
quelle proposte ricevute
da Nanni
per entrare in politica,
su quella voglia che aveva Nanni
di entrare in politica facendo girotondi
ma non solo, delle svastiche e le falci e
martello allo stadio – che non è possibile
che siano considerate allo stesso modo –
delle elezioni, di Berlusconi, di questo film
che in fondo un po’ elettorale lo è, si parla
di destra e di sinistra. Cordiale, gentile.
Sul tavolo di Moretti arrivano i carciofi
al mattone, zuppa di ceci, maialino e zabaione.
Sono in due. Di fronte a lui un uomo,
capelli radi, barbetta incolta. Ingroia
(o il suo sosia perfetto). Moretti del film
non vuole parlare. Sbuffa, i capelli sono arruffati,
indossa un maglioncino azzurro. Ha
la solita barbetta un po’ incolta, il solito
sguardo un po’ distaccato, le solite parole
scandite e cadenzate. E’ il solito Nanni Moretti.
Sorride, era arrivato con un mal di
pancia “che non ti dico”. Aveva detto: “Non
posso mangiare nulla”. La gente lo guarda
con grande curiosità. C’è chi bisbiglia. Si sa
che Moretti sta montando il suo film. Si sa
che sarà una pellicola con grande riferimento
all’attualità politica. In una sola parola:
Berlusconi. Ma in realtà nessuno, finora,
aveva raccontato alcunché di significativo.
Si siede a tavolo, molto composto e
molto cordiale. Il Foglio lo intercetta: “Al
cinema a me piace arrivare senza sapere
nulla”. E allora, assicura, “si saprà qualcosa
soltanto quando uscirà nelle sale”.
Franco Cordero scriveva su Repubblica
del Caimano: “Il bello dello studiare B. è
che le ipotesi analiticamente giuste risultano
sempre confermate a opera sua: salta
sulla preda, la inghiotte e digerisce, indi ripete
l’operazione; fenomeni naturali, come
le cacce del coccodrillo o la digestione del
pitone. Tout se tient nella sua storia. I paleontologi
ricostruiscono l’intero dinosauro
da una vertebra. Idem qui. Persi i protettori
salta in politica e non perché gliene sia
venuto l’estro: impadronendosi dello stato
vuol salvare una terrificante ricchezza in
crescita continua; siccome ha la cultura dei
caimani, non gli passa nella testa che esistano
poteri separati; e non stia bene diluirsi
i falsi in bilancio, ai quali risulta piuttosto
dedito, o storpiare la disciplina delle
rogatorie affinché prove d’accusa spariscano
dai processi milanesi, o codificare stramberie
utili alla fuga da Milano”. Il Caimano
deve impadronirsi dello stato. Nel film il
Caimano deve controllare la scena. Non
può sfuggirgli nulla perché tutto deve passare
sotto il suo controllo. Gli attori devono
dire quello che vuole lui. La regia deve essere
esattamente come ce l’ha in mente lui.
Le luci, le battute, la scenografia, i movimenti.
Al Caimano non può sfuggire nulla.
Ma nei corridoi della Mikado, la società
che distribuirà il film, già s’ascolta che
“stupirà la locandina”: “Non sarà come tutte
le altre”. Ma che vuol dire? C’è da aspettarsi
un fotomontaggio? Qualcuno parla di
“un’Italia sovrastata da…”. E’ tutto. Ma
qualcuno si sbilancia perché “il manifesto
pubblicitario non sarà soltanto promozione
artistica, ma una vera campagna”. Giusto,
perché “Il Caimano” uscirà a ridosso
delle elezioni e – se non abbiamo capito
male – vorrebbe dipingere un’Italia dove
gli italiani portano in scena la loro vita, ma
se a un personaggio particolare – guarda
caso Berlusconi – non piace qualcosa “entra
in scena e cambia tutto” come lui vuole.
Un ruolo che permette al Caimano di
poter dire, o semplicemente pensare, che
nella vita degli attori e quindi degli italiani
ciò che va bene è soltanto ciò che piace
al Caimano.
26/02/06

Nessun commento: