L’Economist la chiama proprio così: “new era of international rail travel”, e racconta di un’eccitante epoca in arrivo per i viaggi in treno, per quelli internazionali e per quelli tra i più importanti paesi d’Europa. Un’era con treni velocissimi che da Strasburgo arriveranno a Parigi in meno di 2 ore e 40 e che dalla Gare de Lyon raggiungeranno la King Cross St Pancreas londinese in poco più di 2 ore e 30. Comincerà una grande “high speed revolution”, uno straordinario concerto ad alta velocità dove ci sarà uno spartito per la Svizzera, per il Belgio, per la Germania, per l’Austria, per l’Olanda, ovviamente uno per la Francia e, naturalmente, nessuno per l’Italia. Per bacco.
Che sorpresa vedere i più grandi paesi dell’Europa ad alta velocità che decidono – da questa settimana, non tra vent’anni – di mettersi insieme per programmare il futuro del trasporto ferroviario del continente, senza no Tav, senza pecorariscani e senza pendolari sdraiati per ore (e senza biglietto) sui binari delle stazioni. Perché, se a Palazzo Chigi non se ne sono ancora accorti, mentre in Italia i ragazzi dei no Tav dicono ancora che “da qui la Tav non passerà mai” (è successo ieri), a pochi chilometri da una Torino-Lione sulla quale si è trionfalmente deciso di non decidere, c’è un Railteam europeo che progetta fantastici treni che faranno concorrenza agli aerei e ferrovie privatizzate piene di low cost Ryanrail o Easytrain. E nella “new era of international rail travel” di cui parla l’Economist, l’Italia non viene neanche nominata, mai. Semplicemente non esiste. Ma che sorpresa.
Claudio Cerasa
06/07/07
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