Nelle oasi locali l’Unione e la Cdl esistono ancora, e governano pure
Maggioritari a Roma, certo, ma senza esagerare altrove. Non c’è scandalo e non c’è imbarazzo se il partito che ha dipinto la sua bella stagione con i colori della vocazione maggioritaria, a un mese esatto dalle elezioni, ha deciso che con questa storia del “nuovo conio” e con questa storia del “correre da soli” forse è meglio non esagerare troppo. Basta dare uno sguardo giù dal loft del Pd per capire come molti candidati con mandato veltroniano oggi si riservino con fermezza il diritto di contraddirsi un poco. Prendiamo la Sicilia, dove Anna Finocchiaro ha deciso di competere per la presidenza della regione non da sola, ma alleata con quella che fu l’antica Unione prodiana. Prendiamo poi Roma, dove Rutelli ha iniziato la sua non impossibile corsa per il Campidoglio nella stessa corsia elettorale di Diliberto, Giordano, Salvi e Pecoraro Scanio. Che sia una clamorosa contraddizione? Sì e no. Perché un conto sono le campagne e le traballanti vocazioni elettorali di carattere nazionale. Un conto sono invece quelle formule a elezione diretta abbracciate nelle province, nelle regioni e nei comuni di tutto il paese. Laddove una legge dei primi anni Novanta garantisce un bagno plebiscitario per sindaci e governatori d’Italia e permette a schieramenti politici di ogni colore di trasformare, via via, i partiti in solide liste elettorali a prova di bombe e a prova di rifiuti rimasti quindici anni in strada.
Certo, si dirà che in questi casi il Pd ha dato ragione a Pierluigi Bersani. Negli stessi giorni in cui Veltroni giurava che il suo Pd avrebbe resistito alla tentazione di mettersi in tasca ramoscelli d’Ulivo; e negli stessi giorni in cui W medesimo spiegava come si doveva “rompere unilateralmente con la sinistra, per non essere condizionati dalla litigiosità di coalizioni eterogenee come quelle di Romano Prodi”, Bersani spiegava perché nel corpaccione ancora debole dei democratici italiani gli strappi con il prodismo semplicemente non servono. Perché lontani da Roma è possibile e a volte necessario mettere insieme continuità e discontinuità. Oltretutto è quel che fa la Cdl vecchio stile sopravvissuta in alcune regioni (vedi Sicilia e Friuli, dove si vota ad aprile). Che sia o meno un’amnesia politicistica la vocazione maggioritaria del Pd/Pdl resta confinata in un perimetro di là dal quale, più che la Cdl o l’Ulivo, domina la giusta legge dell’opportunismo.
Claudio Cerasa
12/03/08
mercoledì 12 marzo 2008
Il Foglio. "Maggioritari, ma senza farsi male"
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