Neppure quando si parla di storie terribili, come quella del ginecologo indagato per violazione della legge 194 (e suicida lunedì scorso a Rapallo), neppure in questi casi il giornalista collettivo riesce a controllare il suo istinto pavloviano di raccontare una notizia ricostruendola su pericolosissimi e insinceri castelli di sabbia. Non era difficile, per politici in fondo esperti come Bobo Craxi, capire in tempo quanto possa essere poco sensato dire che oggi “campagne politiche di criminalizzazione dell’aborto hanno fatto una vittima”; non era così complicato spiegare, subito e con chiarezza, che quella di Genova non è un’indagine nata oggi ma nell’ottobre 2007, prima di ogni idea di moratoria; e che la storia del ginecologo suicida (innocente fino a prova contraria) fa parte, purtroppo, di tutti quei capitoli che accrescono ogni giorno l’orrore nei confronti dell’aborto. Detto questo, chi in maniera un po’ goffa cerca di strumentalizzare anche casi come quello di Genova è davvero come se, a tutti i costi, cercasse di chiudere la bocca a quella battaglia limpida, trasparente e superpolitica ingaggiata in difesa di una strage moralmente indifferente. Dunque, mette i brividi dover ricordare anche oggi, a medici come Silvio Viale, che le soluzioni al veleno proposte per eliminare gli aborti clandestini – la Ru486 – sono le stesse che rischiano di far ricadere la donna nella solitudine dell’aborto fatto in casa, che camufferebbe la sua ritrovata clandestinità con la forma falsamente innocua di una piccola pillola bianca.
Claudio Cerasa
14/03/08
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