venerdì 25 maggio 2007

RollingStone. "Billy Bush"

Billy preferirebbe non parlarne. Preferirebbe parlare dello zio (George), delle cugine (Barbara, Laura e Jenna), preferirebbe parlare dei suoi capelli alla Brandon Walsh (lo Jason Priestley di Beverly Hills 90210), del suo scomodissimo Blackberry, della protesi di legno che conserva sopra la scrivania (“una gamba in più può sempre servire”), delle interviste con Bruce Willis e Tom Cruise, della sua voce alla Ricky Martin, delle sue terribili camice gialle, della sua somiglianza con Bob Woodward (cioè il giornalista del Washington Post che diede vita al caso Watergate – caso che portò poi alle dimissioni del presidente Nixon – e al cui paragone sembra che Billy creda davvero), preferirebbe parlare della sua storia, di quando conduceva una trasmissione radiofonica di successo e di quando nessuno sapeva neppure che esistesse. Preferirebbe parlare di tutto, Billy, anche di quella volta che chiese a Penolepe Cruz il cognome del suo ex fidanzato (e cioè Matthew McConaughey, l’attore da cui la Cruz si lascio con un “comunicato congiunto” inviato alla rivista People) e di quando le disse: “Can you spell that?”, chiese Billy, e Penelope non riuscì a spell il cognome dell’ex fidanzato. Ci furono molte risate, ma Penelope non tornò più da Billy, nè ad Access Hollywood (il programma dove lavora Billy, un programma a metà tra “Entertainment Tonight” e “Extra”, un po’ Iene un po’ Invasioni Barbariche) e non tornò più alla Nbc, cioè la rete dove Access Hollwood va in onda. Preferirebbe parlare di tutto Billy, detto Bushy, ma non di quel cugino di primo grado che di cognome fa Bush, come Billy, e che da sette anni abita alla Casa Bianca, esattamente come ci abitò per otto anni suo zio, George, quando Billy ancora lavorava in radio per sei dollari l’ora. L’accordo, però, ora è questo: Billy non parla di George, George non parla di Billy. E a George W. l’idea sembra sia arrivata direttamente dal suo biografo, Frank Bruni. Pur ammettendo che anche grazie a Billy i “Bushes” sono una “very influently family of the United States”, Bruni sembra che abbia consigliato a George W. che con una nipote arrestata, due figlie tutt’altro che sobrie recentemente stoppate dai cops, l’ultima cosa di cui la sua famiglia ha bisogno è – ricorda Bruni – di rivendicare la parentela con un Bush che – lo ricordava maliziosamente il Los Angeles Times a metà marzo – non è mai stato al fronte (esattamente come zio George, come mr Cousin George , come mr altro cousin Jebb e come quasi tutta la famiglia di mr ex president George), l’ultima cosa di cui George ha bisogno è, per l’appunto, rivendicare la parentela con un Bush che si diverte a fare domande sul culo effettivamente bianco di Leonardo Di Caprio (in un’intervista all’attore subito dopo “The Aviator”), che quando fu invitato a presentare la finale di Miss U.S.A. alla prima delle cinque finaliste – era Miss Utah – iniziò a fare un paio di domande piuttosto imbarazzanti su Micheal Jackson (“farebbe dormire i suoi figli con lui?”, Billy non fu mai più chiamato) e che pur essendo considerato “cocksure but affabile”, presuntuoso ma piacevole e pur conducendo un reality dove verranno arruolati i futuri protagonisti del revival di Grease (il programma sembra che riscuota un considerevole insuccesso negli Stati Uniti, ma Billy si sente sempre molto Watergate), sembra poter essere al massimo uno che – un po’ come capita al pur elettrizzante Pino Insegno – ti può dire contemporaneamente e senza contraddirsi mai “piacere giornalista”, “piacere, conduttore”, “piacere, presentatore”, “piacere creativo”, “piacere non so cosa faccio nella vita”; Billy, più che altro, sembra essere al massimo un perfetto mix tra Borat, Valerio Staffelli, Ace Ventura e Brandon Walsh, più che un buon cuscinetto tra George W e quel mondo hollywoodiano piuttosto scettico su George e che, tanto per capire, per ricordare il suo amore per mr “W.” ha voluto recentemente dedicare al presidente degli Stati Uniti un rassicurante film dal titolo “Death of a President”.
Claudio Cerasa
25/05/07

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