Roma. Più che le favelas lungo il Tevere (secondo il Cav. sono circa novemila), più che i muri del centro imbrattati di vernice (il sindaco di Roma sull’argomento si è mostrato molto deciso e per combattere “la piaga della bomboletta” in una delle sue occasionali apparizioni pubbliche ha spiegato che, se occorre, le bombolette andrebbero direttamente eliminate dai negozi. Per la cronaca, l’occasionale programma era “La signora in giallorosso”), più che i tavolini in mezzo alle strade, più che le macchine parcheggiate in tripla fila di fronte ai parcheggi degli handicappati occupati da macchine che non hanno il permesso e che se ce l’hanno spesso non dovrebbero averlo (nel XVII Municipio i vigili hanno calcolato che dei 259 parcheggi per disabili con posto assegnato, il 25 per cento di questi permessi non è del tutto regolare), più che i mercatini abusivi nel centro di Roma (dopo gli attentati di Londra, il prefetto Achille Serra li aveva proibiti nei pressi della metro, ma ad Anagnina, a Ponte Mammolo e a Piazza di Spagna si trovano ancora bellissime finte borsette Prada a 15 euro, stecche Marlboro tre euro, sigarette rumene due euro), più che i suk in mezzo alla strada (a Porta Portese dei 3.500 banchetti che sbocciano nel weekend quelli regolari in realtà sarebbero solo 750), più che i varchi ztl che un po’ funzionano e un po’ no (ma a Roma ci sono 62 mila permessi per ogni 180 mila targhe) più che i vigili che multano ma non risolvono, più del problema traffico, dell’emergenza monnezza, dei tamburi notturni di Piazza Trilussa, dei megafoni serali di Piazza Navona, delle voragini nell’asfalto del quartiere africano (Roma, tra le 14 capitali più importanti d’Europa, è quella che detiene il più alto numero di morti sulle strade con una media di 8,37 vittime ogni 1.000 abitanti), del traforo Giovanni XXIII che 19 giorni su 30 o è chiuso o è bloccato, più che la Roma un po’ caciarona, un po’ disordinata e un po’ africana, tra le impeccabili feste del cinema, le straordinarie esposizioni al Vittoriano, le imperdibili fieste a Capannelle, le straordinarie anteprime all’Ara Pacis, girando per il centro di Roma, parlando con i rappresentanti delle associazioni che provano a tenere sotto controllo la qualità della vita nel centro storico, a Porta Portese, a Testaccio e a Flaminio si scopre che tra i piccoli grandi problemi della Capitale, tra i commercianti imbufaliti, i negozianti esauriti e i romani un po’ inviperiti, la sicurezza e la semplice vivibilità della Capitale (e non solo notturna) sono un problema davvero forte. Perché da una parte c’è il comune che presenta i dati sulla sicurezza (secondo il prefetto, Roma è la città più sicura d’Europa, anche se dal 2005 al 2006 ci sono state ben 30 mila denunce in più), dall’altro ci sono i commercianti del centro che raccolgono petizioni, artigiani che spiegano che così, con tutte quelle bancarelle, “non possono più svolgere le proprie attività normalmente” o magari – e la storia è vera – semplici trasteverini che si ritrovano un motorino con le ruote bucate, una moto con il bloccasterzo spaccato, che si rivolgono a una volante, che dicono scusate qui c’è gente che si droga, che si sentono rispondere siamo in divisa non possiamo intervenire, che poi vanno al commissariato, denunciano la droga, lo spaccio, il piccolo sfascio di un quartiere e poi si sentono rispondere, mi scusi, se siamo in servizio non possiamo intervenire, e poi, mi scusi, dica la verità, lei non ce l’ha con lo spaccio in generale, lei in realtà non vuole risolvere il problema, lei c’è l’ha con lo spaccio solo perché è di fronte casa sua.
Ecco, più che le favelas, più che i suk, più che i mercatini, a Roma (e non solo in centro) ci sono davvero tanti romani che ti spiegano come, più che le feste del cinema, gradirebbero non dover considerare la sicurezza né di destra né di sinistra e gradirebbero davvero dormire – ogni tanto – senza tamburi dentro il citofono di casa.
Claudio Cerasa
25/05/07
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