giovedì 26 aprile 2007

Il Foglio. "Ciao Ming"

La maratona di Zhou è iniziata a Londra e arriverà a Pechino, anche per eguagliare la star cinese del basket

Londra. Le chiodate a Londra non le aveva mai messe. Zhou aveva provato a Helsinki, aveva provato a Doha, aveva rinunciato a New York, aveva detto no a Roma e poi a Boston, a Chicago e a Berlino. Non era pronta, diceva. Fuori dalla Cina, Zhou, preferiva di no. Aveva corso in Finlandia e poi ad Atene ed era arrivata quarta ai Mondiali, quindi trentatreesima alle Olimpiadi – quelle di tre anni fa – ma Zhou aveva scelto l’Asia: lì c’erano le sue Olimpiadi e le sue gare. Fino a tre giorni fa, Zhou non l’aveva mai vista nessuno. Perché, è vero, aveva vinto le sue olimpiadi (a Doha), era diventata la cinese più veloce dell’Asia (sempre a Doha, a novembre) e perché è vero, quando in Cina, in Thailandia, in India e in Giappone si parla di sport, dopo Yao Ming, dopo le nuotatrici, dopo le tuffatrici, quando si parla di atletica, in Asia si parla sempre di Zhou. Anche se poi la maratona significa Roma, significa New York, significa Mondiali, significa Olimpiade e significa i qurantadue chilometri e centoventicinque metri della gara di Londra: la London Marathon; la stessa gara dove ogni anno partecipano quasi cinquantamila persone, la stessa che dal 1981 è diventata la seconda più importante del mondo (dopo New York), la stessa dove nel duemilatre, Paula Radcliffe (a ventinove anni) aveva attraversato la City da Charlton, zona Shotters Hill Road, fino a St. James Park, in due ore, ventitré minuti e dieci secondi e dove, proprio in quella gara, la Radcliffe realizzò il record del mondo; la stessa maratona, quella di Londra, dove – e non era mai successo – la prima donna a tagliare il traguardo è una cinese che si chiama Zhou Chunxiu, ha ventotto anni, è alla quarta gara di un certo livello fuori dalla Cina e che ora, quattro anni dopo il record mondiale di Paula Radcliffe, dopo essere stata la prima cinese a scendere sotto il muro dell’ora e venti (è successo a Seul, dove Zhou corse i quarantadue chilometri in due ore e diciannove minuti e cinquantuno secondi) ha attraversato Londra con un ritmo di cinque minuti inferiore al record del mondo, battendo le keniane, battendo le etiopi, battendo le inglesi e diventando la prima cinese nella storia a vincere una maratona fuori dall’Asia. Anche se poi è sempre così. In tutte le maratone funziona sempre allo stesso modo, perché gareggiano tutti insieme, allo start ci sono sempre uomini e donne e poi all’arrivo sono sempre gli uomini ad arrivare prima e le donne che vincono, quelle che tagliano il traguardo prima di altre migliaia di uomini finiscono, spesso con un “e nelle donne spicca il successo di…”.

Il Chelsea, la City, il Financial Times
Ma a Londra qualcuno si è accorto che Zhou non è una maratoneta come tutte le altre. Perché, attenzione, la Cina fino allo scorso anno non aveva neppure una selezione ufficiale che si allenasse insieme; chi voleva correva, ma non correva in gruppo, correva da solo. Zhou aveva cominciato a correre presto, aveva iniziato in un paese che si chiama Suzhou, lo stesso paese conosciuto come la Venezia d’oriente, lo stesso paese che si ritrova in un famoso proverbio cinese che dice: “In heaven, there is paradise. On earth, there are Suzhou”, e che nonostante il paradise, Zhou aveva deciso di abbandonare pochi mesi fa, quando la Nazionale cinese – dopo gli incredibili risultati nel nuoto, nei tuffi, dopo le trentadue medaglie d’oro, le diciassette d’argento e le quattordici di bronzo delle Olimpiadi di tre anni fa – ha deciso di organizzarsi, di mettere insieme una vera squadra e di allenarsi a Dalian (a ventiquattr’ore di distanza dalla casa di Zhou), dove la campionessa cinese ha iniziato a correre quei duecentottantotto chilometri alla settimana grazie ai quali, a Londra, Zhou ha staccato di due minuti anche la campionessa della maratona di Berlino, Gete Wami. Zhou non aveva mai vinto una maratona anche perché una maratona di questo livello non l’aveva mai vinta nessun cinese. Ma in Inghilterra, nello stesso giorno in cui si commentava il clamoroso pareggio della squadra più forte della Gran Bretagna, il Chelsea, che non vincendo con il Newcastle perdeva terreno nei confronti del Manchester, il giorno dopo la gara e il giorno dopo la partita, i giornali parlavano di calcio, ma parlavano soprattutto di Zhou. E, per dire, il Financial Times ha dedicato l’intera penultima pagina del lunedì alla Maratona della City con una foto a tutta pagina non di un’inglese, non di un’etiope, non di una keniana, non di un attaccante del Chelsea, ma di Zhou Chunxiu.
Zhou adesso dice di essere pronta per il record del mondo; dice che le basterà un solo anno, le basteranno al massimo tredici mesi per quei cinque minuti, le basterà pochissimo per superare ancora Gete Wami, magari per battere Paula Radcliffe (che però a Londra non c’era), le basterà arrivare tra un anno così per essere la prima cinese con le scarpette chiodate a vincere una gara in Cina come se fosse a New York. Perché tra un anno, a ventiquattr’ore dal paradise di Suzhou ce ne sarà un altro, in Cina, che si chiama Olimpiade.
Claudio Cerasa
26/04/07

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