Roma. Certo, se solo il dottor Cappon avesse ascoltato un po’ prima le parole dell’ex direttore generale della Rai… “Ma per carità! Se noi tutti fossimo stati registrati, se fossimo stati esaminati sulla base di quello che dicevamo per telefono, se quelli fossero stati i criteri di valutazione, con ogni probabilità – anche ai nostri tempi – tra i dirigenti Rai non ci sarebbe stato davvero nessuno in grado di salvarsi! Ma figuriamoci: sai quante telefonate ‘fuori regola’ e quante parole disincantate si sono dette al telefono in tutti questi anni! Detto ciò, a questo proposito, io ho una filosofia precisa che spesso mi viene rimproverata. E’ vero, sono una persona con animo a sinistra – che ha sempre cercato di essere corretto ed equilibrato con tutti sul lavoro. Ma è proprio per questo che, francamente, io preferisco trattare – anche per quanto riguarda il lavoro – con un mariuolo intelligente piuttosto che con un ignavo incompetente”. Ecco, avesse ascoltato queste parole un po’ prima, chissà se il dottor Claudio Cappon – direttore generale della Rai – avrebbe fatto quello che ha effettivamente fatto mercoledì pomeriggio, quando – dopo aver riunito il cda Rai con l’idea di sfiduciare Agostino Saccà per una presunta “incompatibilità ambientale” – nella sostanza si è ritrovato sfiduciato dalla maggioranza dei consiglieri convocati. Le parole tra virgolette sono quelle dell’ex direttore generale Rai Pier Luigi Celli – oggi direttore della Luiss – che non parla da tempo con i cronisti ma che oggi sembra aver davvero voglia di sparigliare a proposito della sua vecchia azienda. Celli non ci gira attorno. Dice di voler “difendere” Saccà. Dice che per il bene stesso dell’azienda preferirebbe che “la Rai oggi fosse per lo più privatizzata”. Dice che a suo avviso, inoltre, “questo sarebbe il momento giusto per abolire la commissione di Vigilanza, visto che ormai proprio non si capisce che senso abbia”. Dice anche “che il ruolo di direttore generale – ruolo, tra l’altro, oggi occupato dal dottor Cappon – è un ruolo ormai obiettivamente di troppo e che ha poco senso per un’azienda come la Rai”. E infine, Celli dice che a suo avviso – viste le cose come sono andate – il dottor Cappon dovrebbe capire qual è il senso del messaggio arrivato due giorni fa dal cda Rai, che ha clamorosamente bocciato la sua proposta di silurare Agostino Saccà. “E’ chiaro che, quando il consiglio di amministrazione su una questione considerata importante vota contro il suo presidente o contro il direttore generale, esiste anche un problema di dignità personale. Io, come è noto, mi sono dimesso nel 2001 per molto meno…”. Celli continua il suo ragionamento. “Per quanto riguarda tutto questo baccano su Saccà – fermo restando che in Rai spesso prevale la logica del ‘mors tua vita mea’ – sono convinto che sulla valutazione di un professionista possono e devono incidere solo i risultati personali. Ricordo che Saccà sono stato io a lanciarlo, nel 1998. L’ho fatto perché era bravo e oggi rivendico quella scelta. Per come Saccà ha lavorato, in termini professionali, io l’ho difeso prima e naturalmente lo difendo anche adesso”. Celli non si ferma qui. “Dal mio punto di vista, la situazione oggi in Rai è la manifestazione perfetta della recente degenerazione dei rapporti con la politica. La lottizzazione non va certo demonizzata. Ma vorrei ricordare che la politica è una cosa seria. Per essere chiari. L’indipendenza dai partiti renderebbe tutto molto più semplice in Rai, ma è anche vero che la vecchia lottizzazione – pur avendo un sacco di difetti – era più chiara e consentiva più professionalità a tutti. Ora, per il bene stesso della Rai, se dovessi scegliere preferirei che fosse per lo più privatizzata. E invece no. Oggi capita che non tutto sia trasparente e che ci sia qualcuno che si nasconde dietro a nomine politiche. La vera differenza con il passato è che in Rai, un tempo, vi erano degni rappresentati di una parte politica. Un tempo si rivendicava la professionalità e se questa non c’era ci si vergognava. Ora, invece, è consentito non vergognarsi. Ecco. E’ difficile dunque non rilevare tutta la sciatteria che si manifesta nella tv pubblica. Non tanto per la qualità dei programmi, quanto per il fatto che si vede che le cose vengono fatte, diciamo, un po’ a tirar via. E’ anche per questo che oggi io in Rai al massimo guarderò qualche volta il tg e magari qualche fiction. Per il resto, dato che il telecomando è spesso in mano a mio figlio, in tutta sincerità ho imparato più che altro ad apprezzare non la tv pubblica ma quella di Sky”.
Claudio Cerasa
18/7/08
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