martedì 8 luglio 2008

Il Foglio. "Prodiani senza leader. Gli ulivisti sognano D’Alema contro Veltroni e nel Pd torna il lessico di Prodi (che forse ora ha un piano)"

Roma. Fragile com’è, ormai, al Pd di Walter Veltroni basta appena un soffio per sentire scricchiolare i muri traballanti del partito. Correnti, fondazioni, associazioni e furibondi membri costituenti. Negli ultimi giorni, però, il Pd ha registrato una certa vivacità anche tra i fedeli custodi della dottrina ulivista. Non sono un movimento, non sono una lobby e forse non sono neppure una corrente. Fatto sta che quelli che Arturo Parisi (in una lettera al Corriere) definisce “alcuni amici” – qualcun altro li chiamerebbe semplicemente prodiani – sono diventati la prima opposizione ufficiale alla segreteria di W. e sono riusciti a imporre nel partito il vecchio lessico ulivista. La vocazione non è più solo “maggioritaria” ma anche “coalizionale” e ieri l’ex ministro Giulio Santagata ha persino riproposto la piattaforma che accompagnò l’elezione di Prodi del 2006, la “Fabbrica del Programma”. Ora c’è il rischio di trasformarsi in una delle mine più imbarazzanti per il Pd, non solo per la presenza in piazza oggi con Tonino Di Pietro. Arturo Parisi ha già chiesto da tempo le dimissioni del segretario. Ma c’è anche chi chiede qualcosa di più. Parlando con il Foglio, i prodiani Mario Barbi e Franco Monaco propongono a Massimo D’Alema, “l’unico che finora ha messo in campo una linea manifestamente alternativa a quella di Veltroni”, di fare qualcosa di più: “Discutere di leadership associate a piattaforme e promuovere personalmente una competizione”. “Questo – dice Monaco, ex parlamentare del Pd e grande amico di Prodi – sarebbe un passo decisivo per il Pd e sarebbe un fatto apprezzabile perché il partito non può stare un anno e in più a bagnomaria con una politica che oscilla come una canna al vento”. “Io – dice Barbi, deputato del Pd – mi considero all’opposizione di questo segretario, che anziché produrre un chiarimento sul tipo di opposizione da condurre si impegna in una semplice gestione oligarchica. Ma non si illudano: noi non faremo il regalo di lasciare il Pd”. In tutto questo, mentre dopo parecchi mesi i prodiani tornano a coniugare il proprio pensiero con la prima persona plurale – con il “noi” –, sembra chiaro però che Prodi con la politica italiana avrà sempre meno a che fare. Da tempo, il Prof. ha scelto di dedicarsi a una serie di conferenze (in Spagna, Francia, Polonia, Slovacchia e tre giorni fa anche Albania) e per il momento non interverrà direttamente sulle questioni che riguardano il Pd. “Prodi non rimarrà pensionato per molto. Se lui potesse scegliere – dice un prodiano che chiede di rimanere anonimo – penso che gradirebbe mettere a frutto la sua esperienza internazionale in modo da dare corso, davvero, alla sua visione del mondo e dell’Europa. E se mi chiedete se Romano accetterebbe un ruolo importante, non so, all’Onu o a Strasburgo, per me la risposta è sì”.
Claudio Cerasa
08/07/08

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