venerdì 18 aprile 2008

Il Foglio. "Caw, regia di Goffredo Bettini. L’architetto del loft svela il codice in comune con Letta e le prossime mosse di W"

Hanno continuato a stuzzicarsi anche ieri sulle presidenze delle Camere, sulla nomina del commissario europeo e sul possibile sostegno dell’Udc per la corsa al Campidoglio. Silvio Berlusconi e Walter Veltroni faranno a spallate in pubblico ancora un po’, ma già da qualche giorno nel motore silenzioso del CaW gli ingranaggi diplomatici hanno ricominciato a funzionare con una certa efficienza. W ha chiesto a Goffredo Bettini di rimettere insieme i fili della vocazione maggioritaria della nuova stagione; e già da martedì il coordinatore della fase costituente del Pd è tornato a ridisegnare il perimetro del CaW con la metà diplomatica del Cav, Gianni Letta. Parlando con il Foglio dell’evoluzione possibile del Pd, del dialogo con Casini, dei nuovi volti della nuova stagione, del suo rapporto con Letta e delle ragioni che hanno portato alla vittoria di Berlusconi, Bettini entra nel cuore della teoria del doppio colpo in canna (da lui teorizzata) e spiega da dove ripartirà il dialogo con il prossimo presidente del Consiglio. “La vera questione – dice Bettini – è quella che riguarda le riforme istituzionali e il cammino comune sulle regole del gioco: riduzione dei parlamentari, costi della politica, poteri del primo ministro e riforma elettorale. Sulla riforma avevamo raggiunto quasi un accordo in Parlamento e anche con Berlusconi. Si potrebbe ripartire da lì. Se poi ci dovessero essere ulteriori passi in avanti in direzione del modello francese, per noi va benissimo. Il nostro modello di riferimento è questo. E’ il francese. Ed è un modello che a mio avviso unisce il Pd”. Bettini, smentendo che ci possa essere stato un incontro tra il Cav e W (semmai potrebbero essersi incrociati martedì al compleanno di Gianni Letta), conferma che per far ripartire il motore del CaW servirebbe un segnale. “In questo caso è il vincitore che deve dare per primo un segnale politico. Per esempio si potrebbe partire dalla nomina del Commissario europeo: D’Alema, Bonino e Fassino sono dei nomi ottimi. Detto questo, a proposito di futuro del Pd, io prevedo che Walter guidi il partito per tantissimi anni e che continui a portare nel Pd lo stesso sforzo di innovazione programmatica che ha avuto, per esempio, Tony Blair. Ma oggi nel Pd è importante capire una cosa: dobbiamo imparare a fare squadra. Tutte le grandi classi dirigenti erano squadre. Anche nella vecchia Dc e nel Pci tutti avrebbero potuto fare i primi. Ecco: qualcuno mi vuole dimostrare che il non essere stato segretario di partito ha offuscato il ruolo di Ingrao, Amendola o Bufalini? Per carità! Invece di preoccuparsi di fare i primi oggi – sorride Bettini – bisognerebbe preoccuparsi di produrre qualcosa che resti. Io credo che nel Pd ci siano grandi dirigenti che avranno un’influenza molto forte anche al di là dei posti che occupano e che verranno evidentemente utilizzati anche nelle posizioni di prestigio che dall’opposizione potremmo avere. Ma non è essenziale il problema dei posti. Per questo, credo che il Pd, per crescere ancora, dovrà avere un organismo di direzione collegiale. Una direzione politica. Una sede con 50 persone che possa diventare un vero organismo di indirizzo politico”. Bettini fa anche qualche nome interessante.

Bettini vedrebbe bene nel futuro del Pd, per esempio, un Nichi Vendola e un Pier Ferdinando Casini? “Beh, io dico che pur seguendo lo sviluppo della discussione negli altri partiti, nel Partito democratico un grande spazio per la sinistra più radicale è semplicemente ‘naturale’, come succede in tutti i partiti alternativi alla destra nelle democrazie occidentali. E lo stesso discorso vale per Casini. La cosa sbagliata, in questo momento, sarebbe però precipitare in manovre politiche frettolose che non sarebbero comprese né dall’elettorato dell’Udc né dagli elettori che hanno votato Pd. A mio avviso, la cosa comunque più probabile è che il leader dell’Udc raccoglierà con l’opposizione una serie di forze deluse dal governo di Berlusconi consolidando così la sua performance elettorale e arrivando a un partito del 7 per cento o dell’8 per cento con il quale dovranno fare i conti tutti. Compresi noi”. E se Casini un giorno decidesse di aprire al Pd? “Andrebbe verificata la convergenza sui contenuti e sui programmi. Ma figuriamoci! Mai dire mai”. Tornando sulle ragioni che hanno portato il Pd a crescere rispetto ai voti totalizzati da Ds e Margherita alle ultime elezioni ma non abbastanza da vincere, Bettini fa questo ragionamento: “Io voglio dire che abbiamo fatto come partito un risultato forte. Insediare nella società italiana la più grande forza riformista che sia mai esistita è un’operazione storica. In Italia, si sa, il riformismo ha navigato per diversi rivoli. Noi invece oggi siamo una grande forza e l’unica vera alternativa alla destra. E’ questo il grande merito di Veltroni. Certo, pensando alle ultime elezioni, il problema è stato quello che non abbiamo sfondato nella partita per arrivare al governo, ma, ripeto, abbiamo costruito una nuova realtà che va oltre la forza dell’Ulivo. (A Roma, per esempio, il Pd ha preso il 41 per cento dei voti e ricordiamo che di solito quando si mettono insieme due partiti si va invece sotto rispetto alla somma dei vecchi simboli. Noi abbiamo fatto molto meglio”). Continua Bettini: “Perché il Pd non abbia sfondato, comunque, è oggetto di una discussione. Io posso dire che, a mio avviso, si è accumulato un contenzioso, ormai da anni, tra le forze della sinistra e certi pezzi dell’elettorato popolare che non era possibile smaltire in una campagna elettorale. Ci siamo trovati di fronte a un contenzioso storico, un’immagine, un senso comune che è molto complicato smontare completamente. L’immagine della sinistra, fino a poco tempo fa, era quella del partito che metteva le tasse, che metteva i vincoli, che rendeva difficile la crescita in un paese che però funziona poco per i servizi che dà. E alla fine la gente si incazza e vota Lega. Ecco, noi non siamo riusciti a smontare del tutto questa cosa qui. Il partito non ha avuto il tempo di costruire un senso comune, una cultura, una credibilità di messaggio intorno a queste cose. Ha prevalso ancora il vecchio immaginario su di noi. Un immaginario che però Veltroni e il Pd stanno dimostrato che non esiste più”.
Bettini, parlando del futuro del Pd, dice che Di Pietro, “lealissimo in campagna elettorale”, ha ottenuto un ottimo risultato, “ma ora deve rispettare l’impegno ed entrare nel gruppo”. Per quanto riguarda la convocazione di futuri congressi, crede che a questo proposito non ci sia invece proprio nessun problema: “Il congresso rappresenterà la conclusione della costituzione del partito e deciderà l’asse della nostra opposizione e del nostro rapporto con il paese. Decideremo serenamente se vogliamo fare una discussione prima dell’ottobre 2009. Ma mi sembra chiaro che con Veltroni si è aperto un ciclo. Tutto il gruppo dirigente ha riconosciuto che Walter ha fatto una grande campagna elettorale, e una splendida rimonta, realizzando un miracolo. Ricordiamolo: queste elezioni quasi non erano previste, e solo la voglia frettolosa della destra ci ha fatto precipitare in questa avventura”.
Conclusa la fase costituente del Pd, Bettini avrà un nuovo ruolo all’interno del loft. A piazza Santa Anastasia, c’è chi non ha gradito l’intervista in cui Bettini aveva fissato l’asticella elettorale del Pd (“se il partito non raggiungerà il 35 per cento si potrà ridiscutere tutto”). Bettini nega di aver indicato quell’asticella. E semmai dice: “Ho detto che avevamo due obiettivi egualmente importanti: vincere le elezioni e costruire una grande forza riformista attorno al 35 per cento. Cosa che nella sostanza è avvenuta”. Poi Bettini ci scherza su (“Walter è l’unico che si occupa della mia salute e ogni volta che stiamo in qualche riunione, e io mi avvento sul tramezzino e sul pasticcino, solo l’autorità del segretario mi impedisce di mangiarlo. E’ l’unico. Gli altri, che probabilmente mi vogliono eliminare politicamente, usano la gola per farmi scoppiare!”). Ma dopo aver risposto a una domanda sul prossimo presidente del Pd (Sarà Marini? “Non lo so, anche se con la stima e con la simpatia che ho per Marini io gli farei fare di tutto!”), Bettini rilancia così: “Il mio compito nel Pd è stato quello di aver contribuito a costruiro. Adesso sarà quello di favorire al massimo un rinnovamento del partito che valorizzi una generazione di trentenni e quarantenni che nel corso dei mesi si è assunta una responsabilità e che ha combattuto. Parlo di forze cresciute nei territori, che hanno già dato prova di sé e che noi dobbiamo mettere alla direzione del partito. Non esiste Pd se noi non mettiamo alla testa di questo processo i nuovi protagonisti. Naturalmente ne dimenticherò qualcuno, ma qualche nome lo faccio: Andrea Orlando, Maurizio Martina, Andrea Martella, Andrea Manciulli, Salvatore Caronna, Marina Sereni, Luciano D’Alfonso, Ileana Argentin, Nicola Zingaretti, Federica Mogherini, Alessia Mosca, Ninni Terminelli e Stefano Fassina”. Bettini conclude la conversazione tornando sul suo rapporto con Gianni Letta. I due si sono conosciuti ai tempi in cui Bettini era segretario romano del Pci e l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio dirigeva il Tempo. Poi i due hanno consolidato il loro rapporto lavorando fianco a fianco all’Auditorium di Roma. “Siamo due persone che amano molto, quando si dà la parola, mantenerla o che, se non la si può mantenere, lo si dica in faccia. C’è tutto un codice tra di noi. Lui ha questa capacità di lavorare e dialogare al di là degli schemi politici e ha la forza di saper cogliere nel dialogo quello che c’è di buono nell’altro”. Bettini spiega così su cosa, oltre alle riforme istituzionali, si potrà lavorare nel CaW. “Vede, Togliatti diceva ai socialisti: ‘Voi dite che con la Dc sarete in grado di fare tante cose e tante riforme. Bene. Noi vi diciamo fatele!’. Ecco: Berlusconi in campagna elettorale ha promesso delle cose, sulle pensioni, sui salari, davvero condivisibili. E così, se mi consentite una battuta, io a Berlusconi rispondo allo stesso modo: Fatele!”.
Claudio Cerasa
18/04/04

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