lunedì 14 aprile 2008

Il Foglio. "Sansonetti difende il Caimano rossonero e dice che ci andrà pure a cena"

Roma. Ieri, quando il caso Francesco Totti era obiettivamente diventato l’argomento più frizzante delle ultime ore di campagna elettorale (71 lanci di agenzia fino alle cinque di pomeriggio, tra cui anche un “Rutelli fa il cucchiaio ad Alemanno” e “Rutelli è solo un laziale”) l’unico comunista in grado di andare in soccorso al Caimano milanista, senza imbarazzo, era Piero Sansonetti. Non è un mistero che con Silvio Berlusconi il direttore di Liberazione ha un feeling che lui stesso fa fatica a nascondere; tanto che in quelle poche volte in cui, come è capitato giovedì sera, i due si sono incrociati in tv il Sansonetti milanista ha gioiosamente prevalso sul Sansonetti comunista; e a vederli lì vicini con il giornalista che stringe la mano al Cav. e con il Cav. che seduce il giornalista annunciando l’acquisto di Ronaldinho, è chiaro che il direttore di Liberazione e il principale esponente dell’opposizione si piacciono da matti. Così, anche ieri che in redazione Sansonetti vestiva con camicetta bianca a maniche corte e minacciosa stampa a colori con fotomontaggio Newsweek (profilo sinistro di Berlusconi, profilo destro di Veltroni), parlando con il Foglio il direttore di Liberazione difende l’attacco (un po’ vero e un po’ no) al capitano della Roma Francesco Totti; spiegando perché, finalmente, Berlusconi ha preso tutti in contropiede in campagna elettorale. “A parte che non sono per niente sicuro che il Berlusconi pasticcione che fa politica sia lo stesso grandissimo presidente, e quella brava persona, che fa sport in maniera perfetta e che non sbaglia mai. Detto questo, quella cosa su Totti credo sia stata una mossa voluta e secondo me anche giusta dal suo punto di vista. Negli ultimi anni Berlusconi ha portato in campagna elettorale le sue grandi capacità sportive avendo poi la fortuna che la politica ha subìto una crisi così verticale da trasformarsi in un’attività sportiva. E non è un caso, difatti, che in questo aspetto significativo Veltroni ha seguito il classico schema berlusconiano: drammatizzazione della campagna elettorale ma anche alleggerimenti di tipo calcistico”. In effetti, quattro giorni fa W ha detto che il Pd è come Bearzot. “Io non ho nulla contro Walter, ci mancherebbe (quando non è al potere mi sta simpaticissimo!) ma è un fatto che Veltroni ha cercato di copiare la capacità di essere vincente di Berlusconi. Berlusconi, che non avrebbe utilizzato il paragone con Bearzot perché Bearzot non era simpatico a tutti, non ha mai forzato troppo in queste settimane perché ha sempre ritenuto di essere ancora in testa e ha creduto che bastasse qualche contropiede per mettere in difficoltà il suo principale avversario. Per quanto riguarda il caso del capitano della Roma – continua sorridendo Sansonetti mentre scorre i lanci d’agenzia (“Fini, Totti? Imbarazzo per il laziale Rutelli”) – per spirito sportivo e fazioso dico che il presidente ha fatto bene a parlarne male. Ma il romanista tifoso sa perfettamente che Berlusconi spera che alla fine sia la Roma a vincere il campionato. Lo spero anche io! Lui non lo può dire perché ha problemi di rapporti cittadini, ma l’idea di vedere Moratti che non vince lo scudetto per un milanista è quasi più importante di ritrovarsi un tricolore a Milanello. E’ per questo che, da comunista, io dico che non esiste nulla più di sinistra di uno come Kakà”. Kakà? “Certo! Kakà è di sinistra perché fare gol all’Inter, per principio, è una cosa di sinistra. Per questo Kakà è la cosa più di sinistra che possa esistere”.
Sansonetti continua a raccontare le sfumature del suo berlusconismo sportivo spiegando che nella sua grammatica politico calcistica Inter significa Bossi (“Moratti poi è uno che non sa nemmeno dove sta il pallone”); che Juventus (squadra che secondo Sansonetti “rubava scudetti”) significa Veltroni; e che quando a Porta a Porta il direttore di Liberazione ha incontrato Berlusconi, dopo la trasmissione, con il presidente ha parlato per un po’ ancora di Milan. Il Cav. ha confermato a Sansonetti che Ronaldinho potrebbe finire a Milanello; il direttore non ha resistito alla tentazione e ha dato al presidente un suggerimento, di tattica. Impostare il Milan con centrocampo a quattro, con tre difensori e poi tre attaccanti. “Presidente, con tre mezze punte non può indebolire il centrocampo!”. “Anche lei dice questo?”. “Sì!”. “E’ un anno che glielo dico ad Ancelotti, ma lui non si convince. Senta, andiamo a cena insieme, io lei e Ancelotti, così lo convinciamo”. E al presidente milanista, per quanto Caimano e per quanto poco comunista, il Sansonetti milanista, naturalmente, non poteva che rispondere di sì.
Claudio Cerasa
12/04/08

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