giovedì 17 aprile 2008

Il Foglio. "Così i radicali fanno pesare il loro ingresso nel gruppo del Pd (con la Rosa)"

100 contro 9 - Emma che fa? vice, europa o shadow

Roma. I nove radicali candidati a custodire in Parlamento il cuore laico del Partito democratico, in un modo o in un altro, sono stati eletti tutti quanti alla Camera e al Senato. A Montecitorio ci sarà così un seggio per Maurizio Turco, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci, Elisabetta Zamparutti, Rita Bernardini e – con un complicatissimo gioco di scatole cinesi – anche Maria Antonietta Coscioni. A Palazzo Madama, dove finalmente i radicali potranno schierare quei senatori che per due anni gli sono stati negati, arriveranno invece Emma Bonino, Marco Perduca e Donatella Poretti. Dunque, il patto sottoscritto dai radicali con il Pd è stato sostanzialmente rispettato. Emma Bonino, che ieri chiedeva che il Pd garantisca la stesura “di un regolamento chiaro che non preveda vincoli di mandato”, sostiene che gli accordi non sono stati traditi solo per “un ‘caso’ legato alla sconfitta drammatica della Sinistra”. C’è chi ricorda che nel patto firmato con il loft era previsto che in caso di elezione Bonino sarebbe stata confermata ministro; ed è difficile credere che, nelle ore decisive per ufficializzare la nomina del successore di Franco Frattini a Bruxelles, per l’ex commissario europeo sia sufficiente un dicastero nello shadow cabinet del loft. (Dove una Bonino vicecapogruppo al Senato non verrebbe vista male). Ma il fatto è che in un Parlamento a vocazione maggioritaria – dove 304 senatori su 315 vestiranno le casacche del CaW e dove la terza forza a Palazzo Madama ha conquistato solo due seggi (Udc) – avere tre senatori è un risultato eccellente. I radicali sanno che l’unica presenza laica in Parlamento rischia di essere via via diluita nel bipolarismo spontaneo della Nuova stagione (che con il Pd, oltre ai nove radicali, tra Camera e Senato, ha eletto circa cento parlamentari cattolici). Ed è per questo che il senatore Perduca dice al Foglio che “il mero esserci non è garanzia di presenza politica”. Il punto è che i radicali oggi hanno l’occasione non solo di imporre nell’agenda parlamentare gli argomenti che il Pd ha accettato di sottoscrivere nel suo programma elettorale (testamento biologico, definizione dei diritti del convivente, rafforzamento della 194 e sperimentazione della Ru486). Non c’è solo questo, perché – come ammette Perduca – i radicali, entrando così da protagonisti negli ingranaggi del CaW, presenteranno come primo disegno di legge una proposta (presidenzialismo perfetto e in seconda battuta semipresidenzialismo alla francese) che potrebbe innescare la miccia delle riforme elettorali. Ma c’è dell’altro: perché a maggio, a Chianciano, prima del prossimo congresso straordinario, è stata convocata “l’Assemblea dei Mille” e da quel giorno, oltre che tentare di far rifiorire la vecchia Rosa nel pugno, i radicali proveranno a trasformarsi nell’anello di congiunzione ideale tra gli spazi legislativi e quella sinistra che da lunedì è diventata extraparlamentare.
Al loft non sono pochi i democrat convinti che i radicali si stiano però già muovendo per ridiscutere la loro posizione nel Pd (“Non vorrei che fosse un alibi per giustificare una volontà di dissociazione dagli impegni assunti”, dice al Foglio l’ex direttore del Popolo e parlamentare del Pd, Francesco Saverio Garofani). Ma, come dice Roberto Giachetti, se il Pd vuole consolidare la sua vocazione maggioritaria e “andare oltre la sommatoria di Ds e Margherita” deve misurarsi anche con i radicali. Anche perché, spiega Giachetti, “il modello americano del Pd passa anche da Torre Argentina”. E per questo alle prossime primarie democrat i radicali stavolta ci vogliono essere davvero.
Claudio Cerasa
17/04/08

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