lunedì 17 dicembre 2007

LIBERTA' di venerdì 14 dicembre 2007

di GIANFRANCO BETTIN
Dove sono i "castelli cattivissimi" di cui hanno parlato i bambini di Rignano Flaminio? Dove cercarli, ora che la perizia dei Ris ha accertato che nessun segno del loro Dna è stato rintracciato nelle case e nelle auto in cui hanno detto di essere stati abusati, perfino negli orsetti che sarebbero stati usati per coinvolgerli meglio? I difensori di parte civile dicono che le indagini, in particolare le perquisizioni, sono state fatte in modo maldestro, in grave ritardo, a sei mesi circa dalle prime segnalazioni. Anche la difesa degli accusati ha sostenuto spesso che l'indagine è nata male ed è proseguita peggio, con ampie concessioni allo spettacolo, alle suggestioni e al circo mediatico. In un libro recente, molto documentato e molto equilibrato, un giornalista, Claudio Cerasa, ha ricostruito l'intera, controversa vicenda. Il libro si intitola "Ho visto l'uomo nero. L'inchiesta sulla pedofilia a Rignano Flaminio tra dubbi, sospetti e caccia alle streghe" (Castelvecchi editore) e ripercorre sia la vicenda giudiziaria sia quella mediatica e, soprattutto, il loro incrociarsi a formare l'opinione pubblica, a nutrire i giudizi sommari, a farsi evento seriale, come già Cogne, e Novi Ligure, e Garlasco, e adesso Perugia.
Ma nel caso dei bambini della scuola di Rignano c'è stato subito dell'altro: i bambini, appunto, e la molteplicità delle voci accusatorie e il loro dichiarare di fondarsi sulle parole, sui racconti dei bambini medesimi (sul loro parlare infantile, in una lingua un po' magica e un po' aliena, un po' da decifrare come un oracolo e un po' da prendere alla lettera: insomma, una lingua straordinaria, che non parleranno mai più dopo che saranno usciti da quell'età oscura e incantata, disarmata come nessuna ma anche, come nessuna, priva di sotterfugi e di calcoli).
Questo essere, al tempo stesso, una storia che mette al centro i bambini, e un'intera comunità, che la trama schierava su fronti opposti dividendo e contrapponendo gli educatori genitori dagli educatori professionali, fatalmente coinvolgeva l'opinione pubblica come poche altre. In che mani rischiamo di mettere i nostri figli, ci si è chiesti.
Cosa rischiamo, quali atroci accuse dobbiamo temere di vederci rivolgere nel nostro lavoro, si chiedeva chiunque si immedesimasse negli insegnanti. Così, l'ansia della verità è stata sempre, in questa storia, più forte che in altre.
Ora la perizia dei Ris segna indubbiamente un punto per la difesa. Tutto, però, sta a indicare che non è affatto questa la parola finale. Si sa di altre accuse e di altri testimoni, di altri bambini, più grandi, che avrebbero raccontato altri abusi. Si annunciano contro perizie. Il confronto giudiziario e le polemiche, dunque, continueranno.
Continueremo a interrogarci su quei "castelli cattivissimi", a chiederci se sono cupi castelli in aria o ripugnanti castelli di sabbia, se una trama inconsapevole e ispirata dalla suggestione, dalla paura e dall'amore per quei bambini li ha costruiti nelle loro piccole menti o se invece una trama diversa, perversa, è stata sviluppata e non ha lasciato a quei bambini nient'altro che un'incerta possibilità di raccontarla usando parole fiabesche, improbabili perché derivate da un linguaggio naturalmente fantastico e naturalmente alieno da una consapevole malizia e, dunque, da una oggettiva capacità descrittiva.

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