venerdì 7 dicembre 2007

Il Foglio. "Quella sinistra tentazione di introdurre i reati di opinione"

Giocano con le parole, le scrivono tra virgolette, le depositano al Senato e poi te la mettono così: per “chiunque in qualsiasi modo diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi” anche “fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere” le pene previste sono tra i sei mesi e i quattro anni. Fino a ieri pomeriggio l’idea di Giovanni Russo Spena (Prc), Manuela Palermi (Pdci), Mauro Bulgarelli (Verdi) era molto semplice: era quella di introdurre nel già pasticciato disegno di legge sulla violenza sessuale (votato insieme con il decreto espulsioni) un emendamento che sostanzialmente prevedesse sanzioni durissime per “motivi fondati” sull’orientamento dei sessi. Era. Perché prima che il testo fosse assorbito nel maxiemendamento del Senato, con un po’ di buon senso l’idea dei senatori si è trasformata più che altro in un richiamo alle norme sulle pari opportunità del trattato di Amsterdam. Il fatto però resta; ed è un po’ preoccupante che ci sia qualcuno che dietro a “norme antidiscriminazione” proponga più che altro tentativi di introdurre reati di opinione. Dovrebbe però far riflettere anche gli stessi firmatari dell’emendamento pensare che ci possa essere una legge che dica questo si può dire e questo invece no, che possa servire un emendamento per far prevalere una propria idea su quella dell’altro, che si possa sanzionare – diciamolo: censurare – chi la pensa in maniera diversa, presentando un emendamento che da un lato si rifà a un articolo della Costituzione (il terzo: pari dignità sociale senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) e dall’altro, sotto sotto, quasi nega la libertà di espressione. Perché può significare davvero un po’ di tutto legiferare su discriminazione e su idee di superiorità. E per questo, in effetti, è anche molto rischioso. E’ discriminatorio utilizzare la parola “frocio”? E’ pericoloso dire “negro”? Andrebbe forse punito chi non la pensa come Russo Spena sui matrimoni gay? Ecco, se il ragionamento contenuto nel testo presentato dai senatori della Cosa rossa non fosse stato ammortizzato, frasi come queste – lo nota lo storico Massimo Introvigne – sarebbero state proibite: “Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare”. Si può essere d’accordo oppure no; e lo si può dire con un saggio su Micromega, con un intervento da Santoro o con una diretta a Primo Piano. Peccato però che nel modellino russospenapalermibulgarelli per frasi come queste ci sarebbe potuto essere il dubbio se considerarle non tanto idee ma “atti di discriminazione”. Anche se a scrivere quelle frasi fosse stato quindici anni fa un cardinale ora diventato Papa.
Claudio Cerasa
8/12/07

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