venerdì 16 marzo 2007

Il Foglio, 16 marzo. La riga al centro, Pantani, Baggio e lo zazzaronismo di "Dieci"

Baggio, Pantani, Zazza e riga al centro.
Ivan Zazzaroni è riuscito a diventare
uno dei giornalisti sportivi più famosi d’Italia
senza aver avuto il bisogno di inventarsi
uno stile, senza aver avuto il bisogno di rivoluzionare
il giornalismo,
senza aver avuto
neanche la necessità di
dimostrare a tutti i costi
di essere il più bravo, il
più intelligente, il più
simpatico, il più colto, il
più estroverso e il più
indipendente di tutti gli
altri giornalisti messi
insieme. Al massimo, Zazza, ha dimostrato,
di essere un fico (e da come lo guardavano
le belle ma soprattutto belle vallette della
Domenica Sportiva, obiettivamente più fico
degli altri un po’ lo era, Zazza). Zazzaroni ha
fatto una cosa che nessun altro giornalista
sportivo è riuscito a fare finora in Italia (cosa
molto diversa dal dire che nessuno ci stia
provando). Zazza ha inventato un brand,
una sorta di marchio sportivo (il più delle
volte di qualità); un brand un po’ glamour,
un po’ inside, molto informato, molto serioso
ma per niente noioso. E il suo nuovo giornale
“Dieci” (cinquanta centesimi e Rober-
to Baggio accanto alla testata) è così: molto
zazzaroniano e con la riga al centro.
Zazzaroni non è noioso perché scherza
su di sé, perché sa perfettamente che per
un periodo nemmeno troppo breve mentre
nelle trasmissioni televisive c’era chi veniva
invitato in quota Sacchi (tipo Ancelotti),
chi in quota Maradona (tipo Giannì Minà),
chi in quota donne e motori (tipo Claudia
Peroni), chi in quota Roberto Mancini
(Franco Rossi), c’era chi come Zazza era il
classico giornalista in quota “Roberto Baggio”,
e non c’è certo da vergognarsene. Zazzaroni,
oltre a essere bello, bravo e intelligente,
è uno degli unici giornalisti sportivi
in circolazione che non annoia gli appassionati
di sport per due motivi: perché Zazza
ha quasi sempre una sua idea e perché comunque
tra settimanali, mensili, radio, tv,
Quelli che il calcio, Guerin sportivo e Radio
Deejay, Zazza non dà proprio il tempo di
annoiarsi, perché lui prende e dopo un po’
cambia tutto. Con i giornali è andata più o
meno così; prima di accorgersi che la carta
stampata sportiva – cosa di cui è ancora
convinto – fosse completamente da prendere
e buttare via, Zazza guadagnava un sacco
di soldi con la stampa; però, pensava,
con la televisione, Internet, blog, radio, i
giornali a che diavolo servono ancora se
non riescono a dire nulla di più? Zazzaroni
ha quindi iniziato con la tv, con la Rai, con
Quelli che il Calcio, con i Mondiali del 2002,
con Radio Deejay e ultimamente anche con
il programma Ballando sotto le stelle, dove
però, proprio perché si divertiva molto, Zazza
aveva capito che c’era qualcosa che non
andava. E a Dieci lui c’è arrivato un po’ per
caso e un po’ perché poteva davvero fare
quello che voleva con un nuovo quotidiano,
con una redazione fatta senza neanche leggere
un curriculum, con ragazzi – come si
dice in questi casi – alle prime armi ma
con i quali, comunque, già nei primi giorni
è riuscito a stampare quattrocentocinquantamila
copie al giorno e con un giornale –
anche se questo Zazza non lo dice – degno
di nota per il semplice fatto che si schiera
in prima linea nella “desevergninizzazione”
delle pagine sportive italiane e che,
cioè, si allontana il più possibile da quella
tipologia di stile giornalistico che ha successo
solo se racconta il come ci piace essere
disperati e sfigati (strategia narrativa
che – come si è accorto da ormai un anno
Beppe Severgnini – non trova grande spazio
quando la squadra in questione a Milano
inizia a diventare acronimo di “Il Nostro
Tricolore E’ Rubato”). Ma lo zazzaronismo,
in Italia e nel mondo dello sport, è un fenomeno
piuttosto a sé, perché è un giornalismo
urlato a bassa voce, un maruiziomoschismo
senza bombe, senza fumo, senza
sciarpe, senza notizie finte, ma con molte
analisi credibili e interessanti. Lo zazzaronismo
è un brand che riesce a mettere insieme
Roberto Baggio (di cui ha scritto una
lunga biografia), Marco Pantani (di cui ha
scritto un altro libro assieme a David Cassani
e Pier Bergonzi) e la riga al centro (sulla
quale Zazza potrebbe scrivere un saggio).
E così è il suo nuovo giornale che sembra
un po’ un Guerin Sportivo quotidiano ma
che – per dire – a differenza degli altri giornali,
dedica ogni giorno una sezione fissa al
Volley e una all’Nba e dove – ad esempio –
gli articoli sono tutti scritti piuttosto bene
(lunedì su un totale di quarantasette pagine
non c’era neppure un pezzo che cominciasse
con aperte virgolette); e pazienza poi per
titoli come “Il diavolo veste preda”, o “Ro-
Manchester”, resta comunque il fatto che
con le immagini, i grafici, le note e gli appunticini,
il giornale viene voglia davvero
di leggerlo tutto e di non buttarlo via, sempre
poi che il lunedì la tua squadra non sia
proprio il Diavolo che veste preda.
Claudio Cerasa
16/03/07

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