mercoledì 21 novembre 2007

Il Foglio. "A pensar male. Prodi intravede l’asse tra il Cav. e W, si defila nel bunker, confida nel referendum e ha un piano di difesa".

Roma. Non deve essere facile per uno come Romano Prodi leggere ogni giorno sui giornali la parola “proporzionale”. Non deve essere facile per uno come Prodi che fino a qualche mese fa scandiva ancora il suo “tranquilli, torneremo al maggioritario”, vedere ogni giorno un Veltroni che parla di “sistemi proporzionali senza premi di maggioranza” felice di sedersi a tavola con un Berlusconi, convinto che “una legge proporzionale vada bene”, mentre Massimo D’Alema dice di “non essere contrario a una riforma elettorale basata sull’impianto tedesco” e Fausto Bertinotti, “partigiano del modello tedesco”, ripete che, in fondo in fondo, se proprio ci si deve pensare, se proprio Prodi deve cadere, la soluzione più opportuna sarebbe quella di “un governo istituzionale che faccia la riforma elettorale”. E proprio per questo una strategia, seppur impostata su assetti difensivi, Prodi la sta preparando. E non è solo un discorso di seggi, di sbarramenti o di collegi. Quello che fanno i prodiani è un discorso “culturale”: è la consapevolezza di come il premier e di come i suoi più stretti alleati siano un po’ in imbarazzo ora che sono costretti a imporre una propria quota nell’asse proporzionale tra i poli su quel sistema e su quel dialogo elettorale che così com’è, dice al Foglio il deputato prodiano Franco Monaco, “non farebbe altro che accentuare l’instabilità dei governi, come nella Prima repubblica, e sarebbe poi in contrasto con la democrazia maggioritaria che ha generato l’Ulivo”. Certo, Prodi non è contento: è ritornato ieri dalla Germania, da due giorni evita di parlare di modelli tedeschi, spagnoli o francesi, non dice ancora nulla di nuovo sulle dolci occhiate tra W e il Cav. ma nello staff di W c’è chi non considera un caso che, proprio ieri, stretto ancora una volta in un angolino del suo bunker, il premier abbia detto che “il monopolio mediatico di Berlusconi sia un pericolo per la democrazia”. Si difende, Prodi, sa che la coalizione rischia di finire sotto lo scacco dell’asse tra W e il Cav., ma una tattica, il Prof., ora ce l’ha davvero.
(segue dalla prima pagina) Da un lato c’è chi, come Arturo Parisi, per non perdere contatto con il nuovo asse proporzionale, ragiona sia sulle contraddizioni di Veltroni – alla prima del Pd, W disse: “A me piace il sistema francese” – sia sulle idee del Cav: “Se Berlusconi non vuole essere ricordato come uno degli affossatori del sistema bipolare resista al ritorno all’indietro”. Dall’altro Prodi, convinto che nella difesa del cuore maggioritario dell’Ulivo l’unica parola da dire sia “no”, pensa invece che una soluzione vera, da qui al 15 gennaio (giorno in cui la Consulta dirà se il referendum elettorale è valido oppure no), Berlusconi e Veltroni non la troveranno mai. Ma c’è di più, perché il premier sa che è un rischio troppo grande spendere il proprio nome sulla legge elettorale e per questo è pronto a sabotare l’asse tra W e il Cav. per dilatare il più possibile i tempi degli accordi. Il ragionamento degli uomini di Prodi è questo: se il governo ci mettesse il timbro e se il negoziato dovesse poi essere un fallimento, il peso dell’operazione ricadrebbe tutto su Prodi. Meglio, dunque, fare un passo indietro; meglio rimanere un po’ defilati e far parlare solo W, ricordando però che il premier, anche se non parla, è “sempre informato sul percorso di Veltroni”. Il discorso non persuade quei veltroniani convinti, invece, che Prodi interverrà nella meccanica di tutela bipolare soltanto per dare la possibilità al proprio governo di durare un po’ di più”. Soltanto per questo. “Certo – spiega Franco Monaco – guardare al referendum, più che al proporzionale, sarebbe in realtà un vantaggio sia per Veltroni sia per Berlusconi. Ma c’è una cosa che mi stupisce: Veltroni, ora, dovrebbe capire che puntare sul proporzionale rischia di essere un vero problema per l’unità dello stesso Pd”.
Claudio Cerasa
21/11/07

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