mercoledì 28 novembre 2007

Il Foglio. "Bicamera con vista". Maroni parla in tedesco del Cav bipartitico e ci spiega che cosa dirà domani a W sulla legge elettorale

Roma. Roberto Maroni domani mattina incontrerà al quinto piano del palazzo dei gruppi parlamentari il segretario del Partito democratico Walter Veltroni. Lo farà un giorno prima di Silvio Berlusconi, un giorno dopo Pier Ferdinando Casini e tre giorni dopo Gianfranco Fini. L’agenda dell’ex ministro del Welfare è però molto simile a quella del Cav. Così tanto che il colloquio leghista di domani sarà un passaggio niente male per capire davvero dove andranno piantati i paletti del dialogo tra il Cav. e W. Roberto Maroni, capogruppo della Lega a Montecitorio, dice al Foglio che “uno spirito bicamerale di Berlusconi che rispetti gli accordi di Gemonio sarebbe da elogiare”. Poi precisa che “l’unico argomento su cui si potrà discutere con Veltroni sarà però solo la legge elettorale. Punto”. Di riforme non se ne parla, almeno per ora. Proprio la stessa cosa che venerdì il Cav. dira a W. Da ieri mattina, però, Maroni ha in testa una certezza in più; un numero, il numero quattro: ovvero la quota a cui verrà appoggiata l’asticella del sistema elettorale di cui Berlusconi, Bossi, Calderoli e Maroni hanno parlato lunedì sera, ad Arcore. Quattro per cento. Significa, come spiegato ieri mattina da Paolo Bonaiuti (portavoce del Cav.), che con uno sbarramento di questo tipo la Lega entrerà “nel processo di riforma elettorale”. Ma c’è dell’altro. Perché dopo l’intervista freddina concessa da Bossi sabato a Repubblica (“Berlusconi in piazza non mi è piaciuto”, “Troppa demagogia”), la Lega comincia a raccogliere dal Cav. le garanzie che chiedeva da tempo: “Le asticelle vanno abbassate, non alzate”, ha spiegato ieri Bonaiuti. Come dire: nel dialogo sul sistema elettorale la Lega non corre pericoli. E anche per questo Maroni sarebbe contento di condividere in futuro la struttura di partito su cui ragiona il Cav. Funzionerà così.
Nel modello di grande partito popolare che il Cav. ha in mente da tempo, l’abbraccio tra la Lega e il Pdl dovrebbe essere simile a quello teutonico tra Cdu e Csu: i cui eletti, in Parlamento si trovano insieme in unico gruppo (Cdu/Csu) che pompa voti e seggi nel cuore grancoalizionista di Angela Merkel. “In effetti se dovessimo pensare a un modello perfetto con Berlusconi questo sarebbe l’ideale. Detto ciò – spiega Maroni – il sistema elettorale di cui parlerò con Veltroni (ma davvero esiste una proposta Veltroni?) è quello concordato a Gemonio con la Cdl: un sistema con uno sbarramento che tenga conto del forte radicamento territoriale”. Quindi proporzionale di sbarramento con indicazione del candidato premier. “Veltroni finora ha fatto parecchia filosofia sul sistema elettorale. Noi vogliamo però conoscere anche le virgole di questa proposta e a Veltroni chiederemo cosa ha da dire su governabilità e rappresentanza massima. Anche se alla Lega nessuno ha mai ricevuto nulla, neppure una bozza di Vassallum”. E Boniauti? “La sua proposta è molto interessante. Ed è un’idea di cui non avevamo parlato neppure lunedì. Ad Arcore, infatti, Bossi ha cercato di spiegare a Berlusconi che governare contro il mondo intero è più da superman che da Forza Italia; e l’unico punto su cui avevamo trovato un’intesa era il ‘no’ al referendum”. E’ il vero obiettivo di Veltroni, secondo Maroni: “Non credo che i due si siano già accordati sulla legge elettorale. Sono certo che Veltroni, più che al Vassallum, punti al referendum, visto che sembra fatto apposta per un partito come il suo. Attenzione però: il dialogo sulla legge elettorale non è un gioco. Lo spazio per determinare una direzione rispetto a un’altra c’è ancora e i vantaggi, in questa partita, alla Lega non mancano certo”. Maroni li spiega: “Siamo il partito di cui Berlusconi si fida di più, siamo un buon punto di appoggio per An e Udc, ma siamo anche una realtà a cui l’Unione guarda con grande interesse. Berlusconi deve ricordare che la caratteristica di essere territoriali impone a partiti come il nostro alleanze con schieramenti di destra e di sinistra. E che sì, siamo autonomi nella fedeltà, ma siamo anche pronti ad andarcene per i fatti nostri”.
Maroni è convinto che domani W non sarà in grado di sedurre la Lega su nessuno dei temi sottolineati con la matita blu sull’agenda padana; crede che “di riforme costituzionali si tornerà a discutere in Parlamento”, guarda con un po’ di preoccupazione in meno il nuovo partito del popolo, ma se pensa al giorno in cui la Consulta potrebbe mettere diesel nel motore referendario (15 gennaio), Maroni fa una pausa e si affida al proverbio. “Se passa il referendum la soluzione è semplice: ognuno per sé e Dio per tutti”.
Claudio Cerasa

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