mercoledì 31 ottobre 2007

Il Foglio. "Il Pd in redazione/2"

“Chiama Walter, chiama”. L’Unità non ha paura degli editori di Libero ma si sente dimenticata da W

Roma. Più che gli Angelucci, all’Unità il vero problema si chiama Walter Veltroni. Perché dopo il partito senza tessere, senza muri, senza sezioni e ora – forse – pure senza congressi, il Partito democraticamente veltroniano rischia di rimanere senza quel giornale che in poco più di due mesi ha dedicato tre speciali da otto pagine al Pd, che ha pubblicato uno a uno gli elenchi di tutte le migliaia di candidati alle primarie democrat, che ha distribuito 41 mila sue copie nei gazebo dello scorso 14 ottobre e che oggi l’unico collegamento “ufficiale” che si ritrova con il Pd, con il loft e quindi con la W è l’essere “diventati veicolo di distribuzione in Italia della rivista ufficiale del Pd”. Un po’ pochino, in effetti. Ed è per questo che a via Francesco Benaglia si ricorda che se il “partito senza tessere e senza giornale lo volevano pure ‘virtuale’, noi ci accontentavamo anche di un messaggino di ringraziamento su YouTube”; si ricorda che Walter se “è diventato il Veltroni democratico di oggi, quello che conosciamo e che abbiamo votato quasi tutti qui, ecco: Walter deve ricordare che il suo percorso di formazione lo deve principalmente agli anni passati qui all’Unità. Non se lo sarà già dimenticato, no?”. Ecco, che fine farà l’Unità? Cosa scriverà Antonio Padellaro, a dicembre, nella gerenza stampata sulla penultima pagina del suo quotidiano dove oggi si legge che “l’Unità è il giornale dei Democratici di Sinistra DS?”. La verità è che non c’è nessuna rivolta all’Unità, come ci spiega il corrispondente a Bruxelles, Sergio Sergi. Non c’è alcuna paura degli Angelucci, non c’è alcuna paura né “degli imprenditori”, né tantomeno del “capitalismo”, e in fondo chi lavora in cronaca romana sa benissimo come sia lo stesso gabinetto del sindaco di Roma a sgridare spesso al telefono la numero uno delle cronache romane Iolanda Bufalini con una battuta semplice: “Ma lo sai sì, che voi a volte siete peggio di Libero?”.

Titoletto
“Nessuno demonizza il mercato”, scriveva ieri il Cdr dell’Unità, “ma i redattori si chiedono come sia possibile che non siano ancora stati messi in atto tutti gli strumenti necessari per mantenere il radicamento della testata (…) nella vita democratica del paese”. E per questo il cdr dell’Unità ha chiesto ora un “incontro urgente con Walter Veltroni, con l’onorevole Piero Fassino e con il senatore Ugo Sposetti”. E non è un problema di tessera, non è un problema di militanza, e non è dunque un problema di Angelucci (“Che non sono i Murdoch, ma che in fondo gli investimenti li azzeccano sempre”); è che nella sede trasteverina del quotidiano dei Ds, dove c’è qualcuno che non sopporta più che l’Unità venga paragonata al “giornaletto di partito della Margherita” (“non siamo Europa, siamo un altra cosa, siamo un giornale vero, e Stefano Menichini dovrebbe rassegnarsi a riconoscerlo”, dice un volto importante del quotidiano), ecco, qui, sarebbero anche disposti a sostituire con un verde “nuova stagione” il rosso Antonio Gramsci, ma la paura vera, il vero dubbio è che Veltroni non abbia alcuna voglia né di parlare di giornale né di parlare di Unità. Né con i redattori né con gli Angelucci. Punto. La vera paura è che Veltroni non abbia alcuna voglia di portarsi un giornale tutto suo nel loft democratico. “Si capisce, si capisce dai suoi discorsi. Veltroni sembra sia attratto più dalla rete o dal satellite che dalla vecchia editoria. Io credo sia un errore, perché l’Unità, almeno questo era quello che ci aspettavamo, si sarebbe potuta trasformare in uno straordinario laboratorio del Piddì, anche in queste primarie. E invece nulla, neanche una telefonata. Perché?”, dice Fabio Luppino, capo del politico dell’Unità, elettore di Enrico Letta alle primarie democrat. E lo dice, Luppino, poco prima che una sua collega, “molto, molto incazzata”, riassuma l’così l’umore rosso Gramsci: “Walter, per favore. Mica nel loft del Piddì ti vorrai accontentare di avere solo Repubblica, no?”.
Claudio Cerasa
31/10/07

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