sabato 1 novembre 2008

Il Foglio "D’Alema prova ad aprire la fase due del Pd anche nel Lazio di W.

Roma. Con il vento del Circo Massimo che soffia ancora forte sulle vele del segretario, oggi resta solo da capire quali saranno le mosse con cui Veltroni proverà a mantenere la sua leadership sopra i livelli di guardia. La seconda giovinezza di Walter è un dato difficile da contestare, ma sarebbe sbagliato credere che da qui alle elezioni europee non arriveranno nuovi attacchi alla cabina di comando del Pd. Così, se Veltroni e D’Alema continueranno a incrociare le loro lame e se l’ex ministro degli Esteri proverà a condurre in prima persona la battaglia per offrire una “nuova fase” politica al suo partito, per avere un’immagine chiara di come si andrà a disegnare l’eterno scontro tra i due miglior nemici del Pd non c’è fotografia migliore di quella che offre il Lazio. Nella regione dove il mondo veltroniano ha costruito il suo più solido bacino di consenso elettorale, il “confronto” tra mondo dalemiano e veltroniano è ormai sotto la luce del sole. Che ci si creda o no, il Lazio oggi è l’unica regione d’Italia che si ritrova a non avere ancora un segretario: il presidente della provincia Nicola Zingaretti è dimissionario dallo scorso maggio, il partito non ha ancora trovato un nome per la sua successione e su questo terreno lo scontro tra Veltroni e D’Alema non è morbido. “Il rischio – racconta uno dei più importanti dirigenti del Pd romano – è che oggi si scelga il Lazio per dare sfogo allo scontro che esiste a livello nazionale tra Veltroni e D’Alema”. Entro il quattordici novembre, il Pd dovrà trovare un nome per amministrare la macchina del partito regionale, e se il mondo dalemiano nel Lazio aveva finora trovato una certa difficoltà a districarsi sotto il dominio del modello Roma (quello di Goffredo Bettini), ora è vero il contrario. Dalle elezioni dello scorso aprile i “dalebani” (come vengono ironicamente chiamati i dalemiani di rito laziale) si sono sottratti dal controllo bettiniano e i segnali della maggior presenza sul territorio di un Pd con i baffi di certo non mancano. E’ dalemiano l’assessore regionale all’industria (Claudio Mancini). E’ dalemiano il coordinatore della segreteria romana del Pd, Piero Latino. Ma soprattutto dalemiano è anche il numero uno dell’opposizione al comune di Roma, Umberto Marroni. “Purtroppo – racconta al Foglio il senatore del Pd Lucio D’Ubaldo – sono molti i dirigenti del partito pronti a combattere per non riconsegnare Roma e il Lazio a Veltroni e Bettini”. Non deve dunque sorprendere che i dalemiani siano ora disposti a sfidare il mondo veltroniano sui candidati alla segreteria regionale del Pd. Il risultato è che Roberto Morassut sarà il candidato di W. mentre ancora oggi D’Alema ha intenzione di aprire la “nuova fase” del Pd romano con la candidatura di Gianni Cuperlo. Certo è che dietro le trattative di queste ore c’è un altro dato significativo, perché l’asse schierato contro il mondo veltroniano è formato non solo dai dalemiani, ma anche da una parte del mondo legato a Enrico Letta, a Francesco Rutelli e al governatore Piero Marrazzo: non è un caso che, quando mercoledì il Pd ha messo ai voti il regolamento regionale sulle primarie, i veltroniani si sono ritrovati contro lettiani, dalemiani e marrazziani. Ma per comprendere il peso della partita politica locale tra Veltroni e D’Alema bisogna guardare anche agli equilibri presenti all’interno della stessa regione, dove i “dalebani” raccontano di essere disposti a ritirare la candidatura di Cuperlo a condizione che i veltroniani accettino di candidare nel 2010 il governatore Marrazzo, che da qualche mese è in ottimi rapporti con D’Alema e soprattutto con il mondo di Red. C’è chi dice, poi, che dietro alle manovre dalemiane nel Lazio non ci sia soltanto l’idea di far saltare il modello Roma, ma ci sia anche il tentativo di ostacolare la crescita di Nicola Zingaretti, provando a portare il presidente fuori dal mondo legato a Bettini. Zingaretti, che ieri ha presentato il suo primo manifesto politico, sorride, e la mette così: “Il problema del Pd – dice al Foglio – è che tutte le correnti con cui abbiamo a che fare oggi stanno assumendo una dimensione identitaria maggiore di quella del partito stesso. La sfida del Pd, anche a livello locale, dovrebbe invece essere quella di aprire una fase che ci proietti oltre le vecchie componenti politiche. Perché, statene certi, chi ci riuscirà rappresenterà il futuro del partito”.
Claudio Cerasa
1/11/08

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