Il senatore dice di essere pronto a mollare, nel Pd c’è chi crede sia molto meglio di Orlando e lui ora si gode il momento
Roma. Resta non resta si dimette non si dimette è un traditore è un bugiardo è una provocazione è uno strappo è uno scandalo è un regime è una dittatura, e se lui è come De Gregorio quell’altro è proprio come Videla. Il senatore Riccardo Villari, eletto due giorni fa alla presidenza della commissione Vigilanza Rai dopo 152 giorni di tentativi falliti e dopo 43 riunioni andate tutte puntualmente a vuoto, ieri ha spento i suoi telefonini e per qualche istante si è goduto la nomina più importante della sua vita in un piccolo bar romano a pochi passi da Viale Mazzini. Niente telefonate, niente messaggini, niente scocciature, grazie. Comunque la si voglia vedere, fino a giovedì prossimo il senatore sarà a tutti gli effetti il nuovo presidente della Vigilanza Rai, e prima che Villari incontri sia il presidente della Camera (martedì) sia quello del Senato (giovedì, mentre con Giorgio Napolitano non ci sarà alcun colloquio formale) la sua nomina “è purtroppo il frutto di una normale decisione democratica varata da un organismo democratico”, come ammette sconsolato al Foglio il senatore Giorgio Merlo. Due giorni fa, Veltroni aveva assicurato che Villari si sarebbe “immediatamente” precipitato dai due presidenti delle Camere per presentare le sue dimissioni. Villari – che ufficialmente dice di essere pronto a dimettersi se il Pd troverà un nuovo nome sul quale convergere – però è ancora lì, e a lui non sembra dispiacere affatto. Ma più che il suo slalom tra un partito e un altro; più che la sua contemporanea appartenenza a una manciata di correnti del Pd (Villari ha la caratteristica di essere considerato allo stesso tempo un perfetto dalemiano, mariniano, franceschiniano, rutelliano, mastelliano e persino demitiano), quello che nessuno ha il coraggio di dire ad alta voce è che, in fondo, Villari è il miglior uomo che il Pd potesse sognare per quel ruolo nella Vigilanza. “Villari – spiega con un sorriso l’ex direttore generale della Rai, Pier Luigi Celli – in teoria avrebbe tutto quello che deve avere un buon presidente della Vigilanza. Per quel ruolo occorre appartenere all’opposizione, occorre essere scelti dalla maggioranza, occorre essere competenti e occorre essere trasversali per garantire gli equilibri dell’azienda e dialogare con i vertici. Se non fosse che la formula con cui è stato eletto è decisamente inusuale, Villari sarebbe un buon presidente, più di Orlando”.
“Mi dimetterò solo se c’è un’intesa”
Ma se prima del caso Villari nessuno – neanche il Cav. – era riuscito a convincere W. della presenza nel paese di un “regime”, ecco, una ragione c’è. Villari è una delle espressioni di una certa insofferenza politica nei confronti di Veltroni, e non deve stupire che nel Pd ci sia qualcuno convinto che l’operazione che ha portato a eleggerlo alla Vigilanza sia uno dei tanti segnali possibili dell’offensiva dalemiana. Il senatore napoletano – che ha dimostrato che W. può perdere da un momento all’altro il controllo del partito – è stato uno dei primi ad aver spiegato che nel Pd c’è un piano B, ed è quello di D’Alema. “La musica è cambiata: i nostri elettori avvertono la necessità di ricalibrare la posizione del partito e riconoscono a D’Alema un’affidabilità che altri non hanno… Massimo, con Marini, costituirebbe una coppia solida per il futuro del Pd… Red è l’ultima scialuppa per il partito”, ha raccontato Villari un mese fa a questo giornale. Pur avendo promesso che seguirà gli ordini del suo partito,Villari è stato tutt’altro che sorpreso dall’elezione alla Vigilanza: già da lunedì, chi ha avuto la possibilità di parlare con lui sapeva che la sua nomina era ormai cosa più o meno decisa (“Evidentemente ho estimatori bipartisan”, scherzava il senatore con gli amici). Tra le altre cose – con quel vento nuovo che soffiava in Rai e con quell’aria da fase due che si respira da tempo nel Pd – Villari raccontano che si stesse cominciando un po’ a “divertire”. “Fosse per lui – dice un ex dirigente della Margherita – a quel ruolo col cavolo che Riccardo ci rinuncerebbe”. Ieri il Pd (con D’Alema e Tonini) ha ricordato che se Villari non presenterà le dimissioni verrà espulso, e alla fine il senatore sarà costretto a lasciare l’incarico. Ma vista da Villari, la situazione un po’ paradossale lo è: perché provateci voi a mettervi nei panni di questo senatore eletto a capo di una commissione che ha sempre sognato, in un ruolo che ha sempre amato, in un’azienda per cui ha sempre lavorato, e che si ritrova con compagni inbufaliti, con segretari indiavolati quando nel Pd sarebbero invece molti quelli che pur di farla finita con questa storia della Rai (e con la candidatura di Orlando) cominciano a sognare che sia proprio lui il nuovo presidente di questa dannata commissione di Vigilanza.
Claudio Cerasa
16/11/08
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