Roma. Susan Decker ha 44 anni, abita in California, lavora per Yahoo vota per i repubblicani ed è considerata l’astro nascente del secondo motore di ricerca più importante del mondo. Nell’ultima grande occasione che ha Yahoo per non veder definitivamente scappar via l’altro motore di ricerca, il primo al mondo, cioè Google, l’azienda californiana ha affidato a Susan Decker e a Terry Semel (attuale amministratore delegato di Yahoo) la gestione delle strategie future per recuperare terreno rispetto alla corazzata guidata da Sergei Brin, Larry Page e Eric Schmidt.
La sfida tra Google e Yahoo, oltre che essere una sfida tecnologica, è soprattutto una sfida politica. Decker e Semel sono due rilevanti finanziatori del partito guidato dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush, così come Eric Schmidt (numero uno di Google) è assai vicino agli ambienti democratici legati a Bill e Hillary Clinton, e Al Gore (quest’ultimo, tra l’altro, è così vicino a Google da essere diventato membro della stessa dirigenza della società informatica dopo aver organizzato la più importante serata di raccolta fondi per sua campagna elettorale proprio nella casa del numero uno di Google).
Per questo motivo non sorprende che dal 2002 a oggi Terry Semel abbia versato nelle casse di Bush una somma praticamente identica a quella versata da Schmidt nelle casse dei democratici, circa 220.000 dollari (1.000 dollari in più dello stesso Schmidt, che però ha convinto quasi tutti i manager di prima linea della sua azienda a versare contributi al Partito democratico). George W. Bush sembra che abbia una viva considerazione di Terry Semel e ha apprezzato così tanto la sua campagna di mobilitazione pro repubblicana da aver valutato – all’inizio del secondo mandato – la possibilità di nominare lo stesso Semel a capo di una sede diplomatica.
Un anno di fallimenti
La sfida di Yahoo non è affatto una sfida impossibile. Perché è vero che negli ultimi mesi Google ha raggiunto risultati eccellenti che hanno portato l’azienda di Mountain View a incrementare il valore delle sue azioni del 600 per cento in poco meno di cinque anni, è vero che Google – per la prima volta nella sua storia – lo scorso 21 novembre è arrivata a segnare quota 500 dollari a Wall Street, è vero che Google ha fatto registrare – all’interno delle sue pagine – più del doppio delle ricerche totali degli Stati Uniti (50 per cento, Yahoo è al 24 per cento) ed è altrettanto vero che il valore di mercato di Google è tre volte superiore a quello di Yahoo (120 miliardi contro i 35 di Yahoo), ma per la prima volta dopo molti anni le carte messe in tavola da Yahoo potrebbero davvero portare a rosicchiare un po’ di terreno attorno a Google.
Yahoo – esattamente come tutti gli altri giocatori in campo – ha capito che per non disperdere troppe energie deve concentrarsi su pochi ma precisi punti, dato che l’unica debolezza che può avere Google è quella di non riuscire a tenere sotto controllo tutti i fronti dove si trova impegnata attualmente, e sui quali è quotidianamente attaccata (video, musica, ricerca, news). Yahoo ha deciso di concentrarsi sui tre punti contenuti in un report scritto dal vicepresidente vicario, Brad Garlinghouse; e cioè, le news, la pubblicità e un progetto che si chiama “Yahoo! Answers”, una specie di Sapientino telematico globalizzato in cui gli utenti in forum rispondono a qualunque tipo di domanda, dall’economia ai viaggi. “Yahoo! Answers” ha già battuto il concorrente “Google Answers”. Ma ciò su cui punta davvero Yahoo sono le notizie. Per quanto riguarda le news, Yahoo ha già superato il servizio di Google; se non altro perché mentre Google aggrega le notizie provenienti dalla rete con un programma meccanico, Yahoo lo fa classificandole manualmente con i propri giornalisti (è per questo che poco tempo fa è stato acquistato dal Guardian il giornalista Lloyd Shepherd, ora a capo dello sviluppo dei contenuti Yahoo). A differenza di Google, Yahoo può ripartire su un dato che va tutto a suo vantaggio: Yahoo è infatti il sito Internet più visitato al mondo con circa 41,6 milioni di utenti mensili, superato a ottobre solo dall’azienda di Rupert Murdoch (Murdoch, tra l’altro, la scorsa settimana ha rinforzato la sua presenza sulla rete cedendo tre reti televisive alla Direct Tv di John Malone e aumentando la sua partecipazione nella News Corporation). Ma il problema del motore di ricerca più vicino agli ambienti repubblicani è che quando Yahoo raggiunge un buon risultato viene subito oscurata dai dati ben più rilevanti di Google. Ma questo non vuol dire che i risultati non arrivino.
All’inizio di novembre, Yahoo ha totalizzato circa 2,9 miliardi di dollari di fatturato, cioè circa il 17 per cento in più rispetto all’anno precedente. E questo dopo che la società californiana aveva visto scendere del 32 per cento il valore delle sue azioni nel 2005. La colpa della performance finanziaria negativa e degli investimenti sbagliati nel corso dell’anno passato è stata scaricata completamente sull’ex direttore Dan Rosensweig (mandato via il 14 dicembre con una buon’uscita di quattro milioni di dollari) e sull’ex dirigente dell’Abc Lloyd Braun, uscito anche lui dall’azienda ma senza essere licenziato. Terry Semel crede molto nel progetto di rilancio di Yahoo, per questo ha scelto di affidare il suo stipendio soltanto alle stock option tagliando il suo salario ufficiale a un solo dollaro al mese.
Claudio Cerasa
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