sabato 14 novembre 2009

La presa di Roma sul Tempo

Ci sono almeno due buone ragioni per comprare (e leggere) «La presa di Roma» di Claudio Cerasa (Bur, 218 pagine, 9,80 euro). La prima è che a un anno e mezzo di distanza dalla storica elezione di Gianni Alemanno a sindaco della Capitale il libro ricostruisce i motivi del successo dell'esponente del Pdl e del tonfo del centrosinistra. La seconda ragione è che Cerasa, brillante giornalista del «Foglio», ha 27 anni. In quest'Italia magra di speranze, orientata al successo effimero della tv, i giovani autori sono da incoraggiare a prescindere. Il testo peraltro si misura con domande scomode e non nega risposte. Innanzitutto: cosa c'è dietro l'inversione di rotta che ha sconvolto la geografia del potere italiano? E poi: chi sono gli uomini che oggi hanno il vero controllo di Roma? In effetti se la più celebre «Presa di Roma» è quella del 20 settembre 1870, che decretò la fine dello Stato pontificio, anche questa, del 28 aprile 2008, farà storia. Il consenso del sindaco Veltroni si è sgretolato e Gianni Alemanno è riuscito a scalare il Campidoglio. Tutto è cominciato a Ponte di Nona. Sì, nel nuovo quartiere a cui portano strade fangose e senza illuminazione, in cui le case popolari (poche) sono state progettate da Portoghesi ma assegnate dopo quasi diciotto anni. È qui, in quest'area compresa tra la bretella che collega il Raccordo anulare con l'autostrada e via Prenestina, che ha soffiato più forte il vento anti-centrosinistra. Ecco il primo elemento che secondo l'autore ha spinto i romani a premiare Alemanno bocciando Rutelli: «Le discusse scelte del centrosinistra in materia di politica urbanistica», che hanno finito per deludere i cittadini e che non hanno nemmeno impedito il dietrofront dei poteri forti. Infatti Alemanno ha conquistato prima le periferie, debilitate dal degrado e dalla paura (l'autore ripercorre le violenze «esplose» sulla campagna elettorale), poi gli imprenditori (che non avevano più niente da chiedere al Pd). Infine, da sindaco, ha tessuto laboriosamente il rapporto con il Vaticano, già indispettito con il centrosinistra per il legame con i Radicali e l'intenzione di legiferare sulle coppie di fatto. Poi Alemanno è passato al governo della Capitale e qui non sono mancati i dolori. Ha cercato di «penetrare nel resto della città a partire dai principali centri di potere»: le società comunali. Ha cambiato i vertici delle municipalizzate e accanto a lui ha voluto due ex An: Andrea Augello e Fabio Rampelli. Alla fine ha capito che ci vuole un po' di tutto: «Un po' di lobbisti e un po' di costruttori, un po' di tassisti e un po' di imprenditori, un po' di fascisti e un po' di assessori» per amministrare Roma e guardare al futuro.
14/11/09

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