mercoledì 18 novembre 2009

La Presa di Roma sul Secolo D'Italia (intervista)

Claudio Cerasa, autore del libro dedicato ai primi diciotto mesi di governo del Pdl a Roma «Sono le idee di una destra moderna»
Roma. Claudio Cerasa, redattore capo del Foglio è autore del libro La presa di Roma, (Bur, 207 pagine, 9,80 euro). Un libro inchiesta che racconta la svolta di una città che ha cambiato colore politico, dopo quindici anni ininterrotti di giunte rosse ed è passata al centrodestra. Una svolta che ha portato all'elezione di Gianni Alemanno, primo sindaco ex missino, e che ha mandato in soffitta il «modello Roma» ideato da Goffredo Bettini e Walter Veltroni. Un libro che descrive i primi diciotto mesi del centrodestra alla guida della Capitale. Cerasa, 27 anni, nato a Palermo, ama definirsi «un osservatore esterno del pensiero alemanniano».
La Fondazione Nuova Italia ha presentato l'agenda delle priorità da indicare al governo. Una sollecitazione che la sorprende?
No, assolutamente. Mi sembra coerente con la politica espressa finora dal sindaco di Roma, che potrebbe rappresentare al meglio la risposta del Popolo della libertà alla Lega.
In che senso?
La sua è una politica espressa concretamente, sul campo, che finora ha pagato in termine di consensi come dimostra la vittoria alle Comunali.
Differenze con le posizioni del resto degli esponenti Pdl?
Sostanzialmente la trovo molto coerente con il percorso di Alleanza nazionale. Negli ex An, ci sono più differenze di forma che di sostanza.
Ad esempio?
Prenderei a modello le forme di comunicazione tra Gianfranco Fini e Gianni Alemanno. Il primo ha un rapporto più dialettico con Berlusconi, il secondo preferisce lavorare più dal punto di vista quotidiano con attività di amministratore pubblico. Alla fine, però, non scorgo grandi discrepanze. Semmai, da entrambi arrivano dei segnali molto positivi per l'immagine di una destra moderna.
Quali?
Faccio l'esempio delle recenti dichiarazioni pubbliche per una destra dei diritti, una destra garantista. Parlo sempre da osservatore esterno ma sono davvero lontani le immagini che arrivavano di una destra caciarona e giustizialista. Su questi argomenti la destra finiana e alemanniana segnano un dato di grande maturità.
Tra i convegni della Fondazione Nuova Italia quali quelli che solleticano maggiormente la sua attenzione?
Sicuramente quelli sul Welfare. Ad esempio il tema della partecipazione dei lavoratori ai destini della loro impresa mi sembra particolarmente significativo. Questa sponda con gli ex socialisti continua. La Fondazione di Alemanno con Giulio Tremonti, Maurizio Sacconi, noi al Foglio li abbiamo ribattezzati i bismarckiani rappresentando una specie di corrente del socialismo tricolore.
Nel suo libro lei insiste sul dualismo Alemanno-Lega. Come mai?
Mi pare che sia evidente. Eppure c'è un altro dato politico strano. Nella storia repubblicana non esistono grandi leader che rappresentano Roma. Non c'è un politico che sia espressione della capitale. E non c'è mai stato nessuno, a parte Massimo D'Alema e Giulio Andreotti, presidente del consiglio romano. La Lega parla tanto di Roma ladrona, ma questo invece è un dato che balza decisamente all'occhio.
18/11/2009

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