Dialogo con l’Udc, domande retoriche, nuovi volti dell’opposizione
Roma. Per evitare che il mirino del secondo colpo in canna venga rapidamente puntato sulla testa del Pd, ieri pomeriggio Walter Veltroni ha convocato la sua prima conferenza stampa da capo dell’opposizione e ha spiegato come il Partito democratico abbia intenzione di articolare l’altra metà della sua vocazione maggioritaria, quella all’opposizione. Il Pd aveva cominciato ad aggiornare il vocabolario della nuova stagione già dalla mattina, quando il coordinatore della fase costituente, Goffredo Bettini, aveva anticipato così le geometrie del lieto inizio democrat. “Noi abbiamo iniziato questa avventura in modo positivo e ci prepariamo a un combattimento civile e fermo per giocarci le nostre carte in futuro”. L’idea forte, e anglosassone, da cui il loft ripartirà per dimostrare che la sconfitta elettorale, seppur pesante, può però essere allo stesso tempo costruttiva, è quella di un governo ombra, uno “shadow cabinet” come lo chiamerà a fine giornata un W già perfettamente entrato nella parte di speaker dell’opposizione (“Un’opposizione che sarà repubblicana, questa è la vocazione del Pd”). Veltroni parlava ieri pomeriggio nella stessa sala stampa dove il giorno prima aveva ammesso con un certo stile la sconfitta del Pd. Ma questa volta W lo ha fatto con una differenza sostanziale: se lunedì sera l’ex sindaco era circondato dall’abbraccio simbolico di quella vecchia stagione che aveva condiviso il tuffo del centrosinistra nella nuova stagione veltroniana, ieri, invece, nella dependance del loft, non c’erano per esempio Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, Piero Fassino, Beppe Fioroni e non c’erano neppure gli altri ministri prodiani ad ascoltare in prima linea il segretario del Pd. Sul palco Veltroni era invece accompagnato dal vice Franceschini; e le prime seggioline della sala stampa del loft erano così occupate quasi prevalentemente dai volti nuovi della nuova stagione (Federica Mogherini, Walter Verini, Walter Vitali, Achille Serra, Enrico Gasbarra). Ieri però è stato un pomeriggio piuttosto significativo anche per altre ragioni. Veltroni, infatti, nel tentativo comunque complesso di ribaltare l’incontestabile insuccesso elettorale, ha rivendicato la scelta del “correre liberi” spiegando il significato della disfatta bertinottiana con un’argomentazione che non dovrebbe lasciare spazio a chi nel loft già comincia a brontolare; a tutti quegli oligarchi convinti che il Pd, abbandonando le ali estreme dei vecchi ramoscelli d’Ulivo, si sia letalmente indebolito: “La sinistra ha pagato un prezzo elevato per sua responsabilità perché ha minato la compattezza del governo Prodi”. Da non trascurare poi che ieri W, assieme al suo staff, notava come nella Puglia dalemiana il Pd avesse perso qualche voto di troppo.
Veltroni ha analizzato la sconfitta del Pd leggendola con una lente che il segretario del loft utilizzerà ancora a lungo nei prossimi giorni. W ha sottolineato che il Pdl ha comunque perso 804 mila voti (con contestazioni dal Pdl); ha ringraziato i candidati milanesi del Pd per lo “storico” risultato in Lombardia (33 per cento a Milano); e ha maliziosamente ricordato all’Italia dei valori che ci sono dei patti da rispettare (“Di Pietro dovrà entrare nello stesso gruppo parlamentare del Pd”). Ma la metafora che rende nel modo migliore l’onda lunga che il Pd vorrebbe proiettare su tutto il Parlamento, partendo dalla sua prima stagione all’opposizione, è quella che offre Franceschini; è quella di un corridore che prepara con cura la sua lunga maratona politica e a cui improvvisamente, e troppo presto, viene chiesto di correre i cento metri delle elezioni. Ma c’è dell’altro: perché Veltroni ha sì spiegato che il Pd da oggi in poi osserverà con interesse i movimenti dell’unico partito che insieme con il Pd sarà formalmente all’opposizione (“Con l’Udc ci proponiamo di avviare un confronto e lo faremo anche con le forze di opposizione che non sono entrate in Parlamento”), ma l’impressione è che nel lieto inizio della nuova stagione W voglia ripartire dalla stretta di mano dello scorso primo dicembre con Berlusconi. E se è vero che ieri W ha stuzzicato il Cav. (“L’annuncio di non dare all’opposizione la presidenza di una Camera non fa vedere un buon inizio”), è pur vero che per ricompattare quel CaW che dovrà comunque riscrivere le regole dei giochi per le prossime elezioni (in francesce più che in spagnolo però) anche ieri W, a suo modo, ha strizzato l’occhio all’altra metà del CaW, con una domanda retorica: “Anche nella nomina del commissario europeo vale la logica di applicare lo spoils system?”. Chissà che il Cav. non gli risponda presto di no.
Claudio Cerasa
16/04/08
mercoledì 16 aprile 2008
Il Foglio. "W l’inglese. Fa lo speaker con lo shadow cabinet e parla con Sua Maestà"
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