La rimonta che già alle quindici e trenta era “incredibile”, che pochi minuti dopo sarebbe diventata “straordinaria”, che a metà pomeriggio si sarebbe trasformata in un “durissimo testa a testa” e che a fine giornata sarà comunque “politicamente importante”, finisce alle sedici e trenta nella sala stampa del loft con un incontenibile Ermete Realacci il quale, mentre spiegava la “la grande soddisfazione del partito per il risultato”, si ritrovava di fronte a un maxischermo che proprio in quel momento proiettava il primo dato attendibile della giornata democratica: Senato, Pd, 32,8 per cento. E così, mentre al loft arrivavano anche Latorre, Fassino, Bianchi, D’Alema, Letta, Bassanini, Franceschini, Bersani, Marini e Colaninno, i dirigenti del Pd erano lì, pronti a declinare in tantissimi modi diversi il lieto inizio della nuova stagione candidata al governo e uscita azzoppata dalle elezioni: “Abbiamo fatto la cosa giusta per l’Italia”; “E dire che c’era qualcuno che parlava di distacco incolmabile”; “Da parte nostra c’è già una grande soddisfazione per il lavoro fatto”; “Possiamo affermare che siamo il primo partito d’Italia”. E non solo: fino a metà pomeriggio c’era persino qualcuno che spiegava come Veltroni fosse “iperottimista” e persino “sorridente”: “Con questa ‘forchetta’ tutto è possibile. Il successo del Partito democratico è innegabile”. Non era così. Nel corso della giornata, chiuso nella sua stanzetta del loft con Dario Franceschini e Massimo D’Alema, Veltroni avrebbe rapidamente compreso come nel lieto inizio della nuova stagione ci fosse qualche problema di troppo. Perché il Pd ha perso l’elezioni, perché Veltroni prevede che raggiungerà comunque il 35 per cento dei consensi, ma la rupture democrat che W era pronto a spiegare ieri sera ai seicento giornalisti arrivati a Piazza Santa Anastasia era un po’ diversa da come Veltroni l’avrebbe scoperta ieri. Perché solo una settimana fa l’ex sindaco di Roma aveva chiamato la sua spalla destra Bettini per dirgli “Goffredo, vinciamo!”. Mentre oggi invece il Pd è costretto a dimostrare che qualcosa è comunque successo, che la nuova stagione ha davvero cambiato il paese, che la vocazione maggioritaria è un’idea nata al Lingotto di Torino e che il futuro del paese in fondo non può che essere del Pd. W non farà un passo indietro: chi lo ha sentito nelle ultime ore dice che non mollerà e lui continuerà a essere difeso da quegli azionisti di maggioranza (gli ex Popolari) che sul Pd veltroniano avevano investito prima di tutti. Non è un caso che ieri il primo a difendere Veltroni sia stato il ministro Fioroni; e non è un caso che da oggi al loft, chi crede ancora in W, ripeterà le parole rilasciate da Franceschini proprio a questo giornale: “Oggi noi stiamo lavorando per partire da una vittoria, ma non si cambia un progetto, o un partito, in base all’esito elettorale. Questo deve essere chiaro”. Nel Pd sono in tanti a fare questo ragionamento e Veltroni proverà così a proiettare la vocazione maggioritaria anche nel partito. Ma da oggi, comunque sia, al loft comincia il processo.
(segue dalla prima pagina) “Noi ci siamo candidati per governare con una proposta nuova”, dirà a fine giornata Realacci, responsabile comunicazione Pd. “Sappiamo che probabilmente questa proposta non ha la maggioranza ma è un tema su cui continueremo a lavorare”. Punto. La seconda parte della nuova stagione di Veltroni comincia così, comincia con il secondo colpo in canna che da domani il Pd proverà a puntare sulla nuova maggioranza di governo. “Faremo un’opposizione costruttiva. Abbiamo ottenuto un risultato elettorale importante, lavoreremo perché l’Italia possa avere una sfida riformista al governo”, dirà a fine giornata W; che ora non vuole sentire parlare di nuovi congressi, che non vuole sentir parlare di rivoluzioni e che cercherà in tutti i modi di non nominare quell’asticella che poche settimane fa Goffredo Bettini aveva fissato per il suo Pd. Quando il coordinatore della fase costituente aveva detto che “se il partito non raggiungerà il 35 per cento si potrà ridiscutere tutto”, perché “è una patologia italiana quella dei dirigenti per tutte le stagioni”. Ci sarà dell’altro oggi nell’inizio della seconda fase della rupture soft veltroniana. Perché il lieto inizio è una sconfitta che si spiega così: pesando il voto, spiegando agli elettori il successo di una campagna elettorale dove – sono parole di Veltroni – è molto importante anche il voto giovanile; dove il successo della vocazione maggioritaria è comunque un dato che il Pd cercherà di ascrivere al suo vocabolario e che, dicono dal loft, in un modo o in un altro porterà a un riavvicinamento del CaW. “Dalle urne sta uscendo un risultato splendido per il paese”, dirà nel pomeriggio il ministro Gentiloni. Ma l’aspetto forte su cui punterà di più W nei prossimi giorni sarà il tentativo di arginare chiunque nel loft proverà a dimostrare che la teoria del correre liberi sia stata un fallimento. E lo stesso W ieri sera, un po’ commosso, lo spiegava sul palco della sala stampa del loft: “La nostra decisione di andare da soli ha aperto una nuova stagione. Ora si apre una stagione di opposizione nei confronti di una maggioranza che avrà difficoltà a tenere insieme ciò che è”. Veltroni proverà a dimostrare che il boom della Lega nord è oggi per il Pdl una minaccia Turigliatto moltiplicata per mille. Ma il punto decisivo per trasformare il lieto inizio in una sconfitta utile si trova in una frase di uno dei veltroniani che ieri pomeriggio difendeva il suo segretario: “Questo resta un successo personale di Veltroni”. Da oggi bisogna solo scoprire se al loft la pensano tutti così.
Claudio Cerasa
15/04/08
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