Appelli, mamme, idee chiare e noia zero. Se ne accorgono i giornali. E lo confessa pure il sindaco di Livorno, contestato per l’assenza
Roma. Sui giornali pieni di programmi vuoti, dove cronisti e commentatori sembra provino una certa eccitazione solo quando sentono parlare di “slot”, “liste”, “quorum” e “Santanché”, le vivaci cronache regionali dei quotidiani nazionali hanno dato un significativo risalto a quella campagnuzza elettorale che anche i severi editorialisti dell’Avvenire faticherebbero oggi a considerare “vuota”, “sconfortante”, “divagante” e “poco chiara”. In effetti, sfogliando le pagine locali di Repubblica, Corriere della Sera, Secolo XIX, Gazzettino e Tirreno è difficile non notare come anche i maggiori fogli italiani si siano accorti che una delle poche iniezioni di vitalità elettorale sia stata proprio quella portata in giro dal moratorio tour della lista pazza. Si è visto un po’ di tutto, finora: proteste in piazza di femministe arrabbiate; sfilate sotto il palco di centri sociali incazzati; appelli pro choice rivolti “a tutta la popolazione laica della città”; signore festose sotto i portici della Biblioteca Reale, a Torino; papà con il microfono in mano nello stanzone genovese della sala Barabino; e ancora: bimbi in passeggino a Imperia, “Donne in movimento” a Treviso, manifesti strapazzati a Firenze, dirigenti di partito imbarazzati e sindaci di provincia spaventati e oggi criticati. E’ andata così a Genova, a Padova, a Torino, a Imperia, a Firenze, ieri a Cagliari e così sarà probabilmente anche domani a Imola e a Bologna (dove alcuni collettivi si sono già minacciosamente organizzati per contestare la lista a Piazza Maggiore). E però è senz’altro una novità questo clima di buonumore in fondo insolito per una fase elettorale come questa, ricca di soporifero fair play, dove nei comizi di Pd, Pdl, Sa, Idv e Lega i leader di partito, come avrebbe detto Pajetta, sanno perfettamente che bene che va non perderanno voti; e dove i più importanti candidati premier, tenendo così tanto fuori dalla propria porta i temi più vivi di cui dibattere, hanno anestetizzando le stesse campagne elettorali. E invece la lista pazza, che può piacere oppure no, fa discutere, fa notizia, fa titolare in prima pagina domenica un’incuriosita Rep. di Firenze (“Livorno, centri sociali contro Ferrara. Il sindaco dà forfait”); fa scrivere lettere imbarazzate, sul Tirreno, al vicesindaco di Collesalvetti (“Perché non vengo al dibattito con Ferrara”); e fa agitare, a Imperia, anche il Secolo XIX (“Comizio davanti alla chiesa, polemica su Ferrara).
Dunque si discute, ci si arrabbia, si ride, non ci si annoia e poi però a volte ci si ripensa un po’ su. Prendiamo Livorno, per esempio; dove il sindaco Alessandro Cosimi, del Pd, aveva prima scelto di partecipare alla tavola rotonda con Ferrara, Quagliarello e il simpatico assessore regionale dell’Udc Carraresi per poi smentire se stesso quando, l’attento sindaco, aveva infine scoperto che l’iniziativa elettorale della lista pazza era effettivamente un’iniziativa elettorale. Oggi però è lo stesso Cosimi – criticato duramente ieri in consiglio comunale dal centrodestra e dall’assessore Guido Guastalla (“Cosimi si è apertamente schierato con quelli che non hanno partecipato al dibattito, e dopo questo tornare indietro non si può più considerare il sindaco della città”) – a dire al Foglio che quella della lista pazza, pur non condividendola, non è “una campagna elettorale vuota” e che in fondo questi argomenti sono tutto il contrario di quei temi divaganti e poco chiari di cui scrive l’Avvenire. “E’ un tema di cui io parlerei in altre circostanze ma questo è senz’altro un tema forte; e se l’obiettivo era quello di suscitare delle tensioni, in senso positivo, facendo discutere dell’argomento l’obiettivo a me sembra decisamente raggiunto”. Campagna vuota? No, grazie.
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