sabato 2 agosto 2008

Il Foglio. "Così la guerra sicula tra i due cuffari riavvicina Totò al Cav."

Palermo. Ve li hanno descritti come i due
gemelli di Sicilia, come le due facce di uno
stesso sistema di consenso e come l’immagine
perfetta di un passaggio poco traumatico
tra due distinte gestioni di potere. Il fatto è
che, tre mesi dopo le ultime elezioni, i gemelli
di Sicilia formalmente non esistono più.
Raffaele Lombardo e Salvatore Cuffaro non
si parlano da mesi, bisticciano ormai pubblicamente
e da qualche tempo hanno iniziato a
lanciare al Cav. messaggi piuttosto significativi.
La guerra tra i due Cuffari è però una
guerra che rischia di mettere in imbarazzo il
centrodestra. Perché, a livello locale, i rapporti
di forza all’interno della maggioranza
offrono in questo momento a Lombardo un
potere non indiferente. Non solo per la scarsa
incisività dell’opposizione (il Pd, tra l’altro,
in Sicilia non ha ancora una sua sede). Ma soprattutto
per le difficili condizioni in cui si
trova l’intero Popolo della libertà siciliano. Il
Pdl non ha ancora scelto il nuovo coordinatore
regionale, quello che dovrebbe sostituire
Angelino Alfano, nominato ministro Guardasigilli.
Il governatore ha, nei fatti, un solo argine
al proprio sistema di potere: quel blocco
sociale costruito negli anni da Cuffaro. Ma
Cuffaro, da solo, pesa sempre di meno perché
Lombardo gli sta vampirizzando non solo gli
elettori ma pure quell’immenso feudo che si
chiama sanità. Per avere un’idea di quanto
conta il comparto in Sicilia basta pensare che
inghiotte due terzi del bilancio regionale.
Pur di alzare una qualche difesa, l’ex governatore
ha avviato una manovra a largo
raggio. Essendo lui l’azionista di maggioranza
dell’Udc (senza il granaio siciliano, il partito
di Casini non andrebbe oltre il 4 per cento),
ha deciso di spingere per un recupero di
un dialogo con il Cav. A patto però che il leader
del centrodestra cerchi di riportare a più
miti consigli Lombardo. Il quale, tra l’altro,
non soltanto vampirizza il blocco sociale e il
sistema di relazioni che fu di Cuffaro, ma anche
gli uomini e gli interessi riconducibili al
Popolo della Libertà. Fra qualche giorno, il
nuovo governatore avvierà lo spoyl sistems.
Con ogni probabilità finirà per occupare con
il suo Mpa le quaranta poltrone che più contano
nell’universo burocratico della regione.
I momenti chiave per comprendere la
guerra tra i due cuffari sono due e sono questi.
Lombardo ha formalmente rotto con Totò
“vasa vasa” il giorno in cui il governatore ha
lanciato una dura accusa nei confronti del
leader dell’Udc isolana. Lombardo ha sconfessato
la precedente gestione della sanità
cuffariana spiegando che la regione ha ereditato
una situazione “terribile”. Cuffaro c’è rimasto
male. Ha detto che il suo partito appoggerà
ancora l’attuale giunta ma che lui certamente
non avrebbe più avvertito “sentimenti
di amicizia con il presidente Lombardo”.
Non solo. Pochi giorni fa, a quattro mesi dalla
sua detronizzazione, Cuffaro è arrivato a
Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della
regione, e ha chiesto alla segreteria di
Lombardo di potere entrare nello studio del
suo successore “per un salutino”. Ma il governatore
non avrebbe molto gradito e gli avrebbe
fatto sapere, tramite la segretaria, che non
c’era alcun appuntamento in agenda.
La tensione tra i due ex gemelli siciliani ha
però una certa rilevanza anche sul piano nazionale.
I segnali di impazienza dell’Mpa sono
arrivati questa settimana e sono segnali simili
a quelli lanciati dalla Lega di Bossi. Tre
giorni fa l’Mpa ha votato con l’opposizione
sull’emendamento milleproroghe e Lombardo
ha polemicamente ricordato che la coalizione
di maggioranza d’ora in poi dovrà sempre
“consultare il suo partito prima di prendere
una decisione”. Il rivendicazionismo di
Lombardo ormai non conosce freno. Ma continua
ad avere buon gioco perché il Pdl da tre
mesi non riesce a trovare la formula necessaria
per darsi una nuova classe dirigente e colmare
così l’attuale vuoto di potere. Ogniqualvolta
si parla del nuovo coordinatore, scatta
il braccio di ferro tra l’ala del partito che fa
capo al presidente del Senato, Renato Schifani,
e quella parte che ancora si raggruppa attorno
a Gianfranco Miccichè. Una mediazione
sarebbe stata tentata in queste ultime ore
da Angelino Alfano al quale, come coordinatore
dimissionario, spetta il compito di designare
il successore, ma il risultato ancora
non si conosce. L’unica certezza è che Alfano
vuole stringere i tempi. Anche per non regalare
a Lombardo altri mesi di vantaggio.
2/08/08
Claudio Cerasa

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