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venerdì 21 dicembre 2007

Ho Visto l'uomo Nero su Repubblica

"Il sequestro del libro su Rignano? Un attacco alla libertà di stampa"
Giudici divisi sul testo che parla del caso Olga Rovere. L´editore Castelvecchi annuncia un ricorso

Ancora una volta i giudici si dividono su Rignano Flaminio. In questo caso non è in discussione
la correttezza o meno dell´inchiesta sui presunti abusi denunciati da diciannove bambini della
Olga Rovere ma la libertà di stampa e il sequestro di un libro. Il volume in questione è "Ho visto l´uomo nero" scritto dal giornalista de Il Foglio Claudio Cerasa, edito da Castelvecchi. E ora l´editore chiede il dissequestro: «Aver vietato la vendita di un libro è un attacco alla libertà di stampa».
Il volume, in appena tredici giorni, è stato oggetto di due sentenze di segno diametralmente opposto. Così succede che il 22 ottobre il giudice Alessandrina Tudino del Tribunale penale di Cassino nega il sequestro richiesto da quattro genitori di Rignano, e invece il successivo 5 dicembre un altro giudice, Marza Ienzi, del tribunale civile di Roma, sentenzia il contrario e ne proibisce la vendita.
«Quest´ultimo provvedimento ha tutti gli effetti di un sequestro e nel panorama editoriale è un fatto eccezionale» spiega il legale del giornalista Giovanna Corrias Lucente «Da oltre vent´anni non accadeva che la magistratura ritirasse un libro dagli scaffali». A richiedere il sequestro sono stati gli avvocati Antonio Cardamone e Franco Merlino, legali delle famiglie di quattro bambini che accusavano il testo di aver i nomi i battesimo dei genitori dei bambini, così da rendere possibile l´identificazione di alcuni dei minori vittime dei presunti abusi. Ma, oltre alla tutela della privacy dei minori, la vicenda solleva la questione della libertà di stampa. Non a caso il giudice Tudino nell´argomentare il rigetto del sequestro del libro di Claudio Cerasa parla esplicitamente di «salvaguardia della libertà di stampa» e soprattutto dell´articolo 21 della Costituzione che sancisce: «la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure...». Considerazioni che non sono mai state prese in esame dal Tribunale civile che ha ammesso di non averne ricevuto documentazione. «Non condividiamo il provvedimento di Cassino che affronta la questione da un´ottica diversa dal giudice civile che ha inteso tutelare la riservatezza dei minori, interesse costituzionalmente garantito tanto quanto la libertà di stampa» replica Franco Merlino, avvocato delle quattro famiglie.
La pensano in modo completamente differente l´editore Alberto Castelvecchi e l´avvocato Corrias, che ieri hanno annunciato un´istanza per chiedere il dissequestro del volume. «Il libro - afferma la Corrias - non viola né il diritto alla privacy né quello alla riservatezza. L´identità dei genitori è tutelata con l´indicazione del solo nome di battesimo, quella dei bambini con l´indicazione della sola iniziale del nome. Una ben più ampia esposizione dell´identità è stata fatta in televisione, prima della pubblicazione del libro, in particolare in due trasmissioni di grande ascolto in seconda serata, il 14 e il 21 maggio scorso, dove i genitori sono stati presentati con le loro generalità complete. Ma nessuno di loro ha reclamato». E anche l´editore Castelvecchi sottolinea: «Il sequestro di un libro è un fatto gravissimo in un Paese democratico. Il testo non divulga particolari delle indagini più di quanto lo abbiano fatto altri media e non insulta nessuno. Cerca, invece, di documentare come possa nascere una moderna caccia alle streghe e quali risvolti mediatici possa avere. Insomma è un libro che risulta scomodo perché invita a ragionare». L´autore, Claudio Cerasa, invece puntualizza: «Ribadisco il profondo rispetto verso tutte le vittime di questa brutta vicenda a cominciare dai bambini, dai loro genitori fino alle maestre indagate che un giorno si sono ritrovate in carcere e sui giornali additate come mostri. Da subito mi sono posto il problema di difendere la loro privacy. Ma il mio libro è stato accusato di essere innocentista solo perché vuole essere garantista. Forse è questo l´aspetto che ha dato davvero fastidio».
Marino Bisso
21/12/07

Ho Visto l'uomo nero su Liberazione

Sbatti la maestra in prima pagina. E se non lo fai, ti censurano
Claudio Cerasa del Foglio è autore di un istant book sull'inchiesta per pedofilia a Rignano Flaminio, "Ho visto l'uomo nero". E' un libro garantista. Ma il giudice ne ha vietato la diffusione perché violerebbe la privacy dei minori coinvolti nel caso.

Prendi tre maestre, una bidella, un addetto cingalese a una pompa di benzina e un autore televisivo. A dirla così sembra l’inizio di una barzelletta. E’ l’inizio, invece, di una grottesca tragedia, ambientata nell’ormai tristemente nota Rignano Flaminio. I sei, di cui ormai si sa tutto, sono stati arrestati il 24 aprile 2007 con l’accusa più infamante: violenza sessuale su minori. Pedofilia, reato odioso e insopportabile, ancor più se a perpetrarlo sono le persone a cui affidi i tuoi figli, all’asilo. Subito diventato “asilo degli orrori”. E i presunti colpevoli, “mostri”. Quasi da subito sono spariti condizionali, punti interrogativi, aggettivi dubitativi. Una tempesta mediatica si è abbattuta sugli indagati, gli organi di informazione (non tutti, ma troppi), l’immancabile Vespa in testa, hanno subito pronunciato sentenza, pena e scomunica. Pazienza se molte cose non quadrano e se tuttora- sia chiaro- la verità non è uscita fuori. Il tribunale del riesame di Roma il 10 maggio, ha fatto scarcerare cinque dei sei imputati, il recente responso dei RIS ha stabilito che alcuna traccia degli stessi è stata rinvenuta in luoghi, cose e case citate nelle testimonianze. Allo stesso tempo bambini, più o meno timidamente, continuano a raccontare di eventi orribili e giochi raccapriccianti. Il tutto è diventato una guerra: da una parte genitori preoccupati e organizzatissimi, che con assemblee e apparizioni pubbliche e persino un’associazione (l’Agerif, associazione genitori di Rignano Flaminio)hanno fatto sentire la loro voce, partecipato alle indagini e contribuito all’epurazione delle maestre. Il paesino è diviso, lacerato, ed è stato occupato da legioni di giornalisti in cerca di notizie. O forse solo scandali. In questo esercito c’è e c’era un giovane collaboratore del quotidiano “Il foglio”, Claudio Cerasa. Faccia da intellettuale, pignolo, giovane. Anche Giuliano Ferrara voleva occhi e orecchie a Rignano. Una collaborazione divenuta un libro: “Ho visto l’uomo nero- L’inchiesta sulla pedofilia a Rignano Flaminio fra dubbi, sospetti e caccia alle streghe”, edito da Castelvecchi. Editore irrequieto che tra alti e bassi ha pubblicato libri che altri neanche immaginano. “Nel rispetto dei rapporti civili- ci ha detto- abbiamo sempre cercato di illuminare gli aspetti inquietanti della nostra realtà”. Se state cercando il libro, fermatevi: non lo troverete. Perché Cerasa, come l’assonante Cederna di decenni fa, il suo libro l’ha visto censurato e sequestrato. Pardon, inibito. Non è possibile venderlo, né diffonderlo (persino gratuitamente). Un giudice civile del tribunale di Roma, Marta Ienzi, ha provveduto a bloccarne e impedirne la distribuzione accogliendo il ricorso di quattro famiglie di Rignano, “in quanto contenente dati che rendono agevole l’identificazione dei minori coinvolti con conseguente violazione del diritto alla riservatezza degli stessi”. Peccato che il gip di Cassino, Alessandrina Tudino, in sede penale, invocando l’art.21 della costituzione sulla libertà di stampa, avesse rigettato un ricorso preventivo in merito. E peccato che, come ricordano gli avvocati Marco Mastracci, legale della Castelvecchi editore, e l’agguerritissima avvocata del Cerasa, Giovanna Corrias Lucente, due dei quattro ricorrenti, abbiano partecipato a Porta a Porta, senza timore di mostrare le loro facce, con nome e cognome in sovraimpressione. “Io ho citato i soli nomi di battesimo dei genitori, salvo autorizzazione, e dei bambini c’è solo l’iniziale puntata- conferma Guido Cerasa, nella conferenza stampa di ieri-. E’ un doppio paradosso quello che mi sta accadendo: ho scritto questo libro per ribellarmi a quella caccia alle streghe acritica, per tutelare anche la privacy dei presunti colpevoli. E ora mi ritrovo a pagare per aver violato, dicono, quella delle presunte vittime. Mi chiedo, poi, soprattutto una cosa: se il libro non fosse stato garantista, sarebbe stato inibito?”. Quello che riesce meglio a Cerasa, da giornalista vecchio stampo, è fare domande. Il suo libro, nell’attacco della prima pagina ne fa una decina, e tutte dannatamente pertinenti. Non è il giornalista embedded che segue il gregge dei colpevolisti, né il bastian contrario innocentista. Con piglio garantista, con voglia di indagare e domandare, intervista, cerca, legge, scova e illumina un po’ di angoli bui, fino a settembre 2007. Un instant book, un reportage con talento investigativo pari a quello letterario. “Una democrazia di fatto e di diritto non può impedire al pubblico di farsi un’idea- riprende Castelvecchi-. Questo libro non insulta nessuno, mostra solo come nasce una caccia alle streghe, si indaga l’origine mediatica e antropologica di un mondo che per dirla alla Totò, è colpevolista e innocentista a prescindere e che porta persone in galera- non entro nel merito ma guardo i fatti- per prove per lo meno incoerenti. Ricordo che LeGoff un giorno disse di Woytila che era il Medio Evo unito alla tv. Ecco, quello che è successo a Rignano mi sembra una commistione molto simile”. Assordante è stato il silenzio degli organi d’informazione. Mentre scriviamo l’FNSI sta battendo un comunicato di solidarietà a Cerasa, che ha raccolto anche quella di Pierluigi Battista e del “suo” direttore Giuliano Ferrara. Difetto di informazione (la conferenza stampa è arrivata solo dopo il responso “innocentista” dei Ris) ma anche colpevole dimenticanza e negligenza. Accecati, magari, da censure altrettanto ingiuste ma più famose e urlate, trascuriamo colleghi che con lo stesso coraggio, ma meno mezzi, affrontano un sistema, mediatico e legale, distorto e perverso.
Boris Sollazzo
21/12/07

Ho Visto l'Uomo Nero su ePolis

La strenna di Natale dell’editore Castelvecchi è un libro introvabile, o quasi. Non lo ha stabilito il popolo dei lettori, ma il tribunale civile di Roma con una recente sentenza, inibendone la distribuzione e la ulteriore diffusione per violazione dei diritti della privacy dei minori citati (con accortezza a quanto pare insufficiente) nel reportage di Claudio Cerasa sui casi di presunta pedofilia alle porte di Roma.
Ho visto l’uomo nero, il libro del giovane redattore de Il Foglio che ha seguito per il quotidiano le vicende del caso e i suoi sviluppi mediatici è stato pubblicato a ridosso del 18 settembre, giorno in cui la Cassazione confermava la scarcerazione degli indagati per i presunti abusi sugli alunni dell'asilo di Rignano Flaminio. La sentenza recita così: "Allo stato delle investigazioni se vi sono state violenze, ipotesi non scartata dal Tribunale del riesame, esse sono state perpetrate con modalità differenti da quelle riferite nelle denunce".
L’inchiesta sulla vicenda giudiziaria “tra dubbi sospetti e caccia alle streghe”, come riporta il sottotitolo, ha avuto ovunque ottime recensioni Cerasa ha raccolto molte lodi per un’inchiesta giornalistica rigorosa e paziente, diario di un cronista che ha ricostruito le fasi dell’inchiesta mentre il caso andava creando mediaticamente una caccia alle streghe ingestibile.
Nel libro vengono passati al vaglio avvocati, genitori, riscontri giudiziari, testimonianze, perizie, interrogatori, comitati di difesa, assistenti sociali, talk show, tra le complessità istruttorie, i tanti paradossi dei resoconti e il filo rosso della sparizione dal lessico comune della parola presunto.
A ottobre però un’agenzia batte la denuncia di alcuni genitori nei riguardi del libro. Poche settimane dopo il 22 ottobre il Gip di Cassino rigetta la richiesta di sequestro preventivo presentata da quattro famiglie di Rignano, che sostengono che il testo avrebbe agevolato l’identificazione dei minori coinvolti nelle vicenda.
I legali di Cerasa e Castelvecchi fanno in tempo a segnalare alla stampa la notizia, ma la copia della certificazione della sentenza, come si è appreso ieri nella conferenza stampa indetta da Castelvecchi, non viene notificata per tempo al tribunale di Roma, chiamato in causa nel frattempo sempre dalle stesse famiglie. In assenza del documento di Cassino – che tirava in ballo l’articolo 21 della costituzione - il tribunale accetta il ricorso. Una questione di tempi, dunque, poteva evitare l’inibizione di un libro che paradossalmente proprio sulla difesa della privacy è stato minuziosamente costruito da Claudio Cerasa. E che volente o nolente, sta ricevendo una pubblicità inconsapevole ma notevolissima, in un periodo dell’anno in cui si sarebbe stato meglio pensare unicamente al Natale.
Stefano Ciavatta
21/12/07

giovedì 20 settembre 2007

"Ho Visto l'uomo nero" sul Foglio

"Ho Visto l'uomo nero" sul Foglio

Così nasce una caccia alle streghe
A Rignano è successo di più, ma anche di meno di quello che avete letto. Un libro lo racconta

Pubblichiamo il primo capitolo del libro “Ho visto l’uomo nero. L’inchiesta sulla pedofilia a Rignano Flaminio, tra dubbi, sospetti e caccia alle streghe” (Castelvecchi editore, 14 euro), scritto da Claudio Cerasa, e in uscita venerdì 21 settembre


Quei pedofili ogni domenica a messa.
Il Tempo, giovedì 26 aprile 2007

I bambini dell’asilo drogati dalle maestre.
La Stampa, mercoledì 25 aprile 2007

Don Henry non è scortese, ma preferisce riattaccare, grazie.
Di fronte all’altare della chiesa più importante di Rignano Flaminio ci sono sedici bambini, tutti bianchi, tutti silenziosi, tutti in fila. Sono lì, aspettano la prima comunione. Quattro di loro appoggiano la mano sinistra sopra la destra, gli altri dodici aprono la bocca. Don Henry si avvicina. Prese il calice, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse.
Don Henry non ha mai imparato a parlare vicino al microfono. Lo tiene sempre un po’ troppo distante dalla bocca e le quindici casse della chiesa di San Vincenzo e Anastasia sono praticamente inutili. Don Henry, però, ha un’ottima voce. Urla, Henry. Proprio come faceva nella sua chiesa di Caracas, prima che a Rignano, don Henry, iniziasse a difendere le maestre. Quelle maestre.
“Desidera?”.
La finestra di don Henry è al secondo piano di una palazzina costruita sul lato destro della parrocchia dove ogni domenica mattina celebra la sua messa, canta, prega, discute, consiglia. Don Henry ha i capelli bianchi, pesa 98 chili, ha 46 anni, gli occhi chiari, le guance affaticate, canta con le dita delle mani intrecciate tra loro, non parla con nessuno e non ha voglia di dire nulla. Niente telecamere, niente microfoni, niente giornalisti, niente radioline, niente interviste, grazie. Dalla porta dell’alloggio di don Henry fino all’ingresso principale della chiesa ci sono sedici metri, due scalini, un campetto da calcetto di cemento, cinque bambini con un Super Santos infilato in un sacchetto di plastica e poi un muretto, due palmette, altre due palmette e tredici scalini che portano qui, dentro la chiesa di Rignano Flaminio.
La chiesa è davvero molto brutta.
Don Henry socchiude gli occhi, saluta e non toglie mai le mani dalle tasche. E’ piuttosto arrabbiato, Henry.
La parrocchia di San Vincenzo e Anastasia, da tre minuti, è tutta piena. A Rignano c’è un solo parrucchiere, un solo sarto e una sola camiceria. O perlomeno, di parrucchieri ce ne sarebbero tre, ma “quello bravo”, come lo chiamano qui, è solo uno. Gli altri però sono tutti amici. Sarà per questo che gli uomini, quasi tutti, hanno i capelli a spazzola, le donne un caschetto nero che sfiora le orecchie, le signore una camicia di seta fiorata, i ragazzi le scarpe Lotto, i pantaloncini corti, le tute Adidas, le magliette Nike e le calze Ellesse. Dai cinquant’anni in su, qui, sono tutti praticamente uguali. Stessi capelli, stesso sarto, stesso negozio.
Se non sei di Rignano ci mettono due minuti per capirlo, ovvio.
Alle 9.05 don Henry non è ancora arrivato. Le telecamere, per il momento, non si vedono. Di fronte alla chiesa ci sono molti ragazzi, molti maglioncini cuciti a mano, qualche bimbo, tre passeggini, una macchina che arriva dalla farmacia, una dalla biblioteca comunale, altre due dal ristorante, una dal bar e un’altra dalla banca accanto alla sede locale dei Carabinieri. La scuola “Olga Rovere” si trova ottocento metri più giù, sotto la collinetta, prima della fermata dell’autobus.
Eccolo, “l’asilo degli orrori” (Il Corriere della Sera, venerdì 27 aprile 2007).
Di fronte all’ingresso laterale della parrocchia, accanto al banchetto con gli ultimi numeri dell’Avvenire, ci sono quattro signori vestiti con la giacca grigia, i jeans con la piega al centro, una camicia bianca infilata dentro i pantaloni. Sono seduti vicini, qualcuno li saluta. Tre di loro hanno gli occhiali da sole. Non parlano mai, fanno impressione.
Insieme a me, nascosti un po’ qua e un po’ là, ci sono solo due giornalisti: un ragazzo della Repubblica e uno del Tempo, entrambi molto simpatici. Il primo è arrivato a Rignano oggi. Il secondo il giorno dopo il primo articolo comparso su un giornale: era il 13 ottobre del 2006. Otto mesi dopo sono arrivato anche io.
Don Henry in chiesa non è ancora arrivato. Qualcuno inizia a farsi delle domande. Rignano ora ha davvero paura. Perché non dice nulla, Henry? Perché difende le maestre? Perché non difende i genitori? Perché non difende i bambini? Perché fa così, Henry? Perché è così silenzioso, don Enrico. Ci dica. Sì, lei. Ci dica: sa qualcosa? Li conosceva? Le conosceva? Ha qualcosa che vorrebbe raccontarci? Ha qualcosa da dire sui presunti pedofili? E su quella scuola? E su quelle indagini? Ci dica, don Enrico: perché tutto questo silenzio?

***

Don Henry guarda la chiesa, sale il primo scalino, ha le mani ancora in tasca e sorride. Oggi finalmente parlerà. Sul muro un po’ incrostato all’interno della parrocchia ci sono cinque certificati di matrimonio. Fuori, all’ingresso, due volantini stampati in carta plastificata. I volantini sono molto colorati. Sono due inviti, o meglio, due offerte per Lourdes: Partenza alle otto di mattina, ritorno alle diciotto di sera. In basso, a destra, prezzo, data, agenzia e condizioni: aperto a tutti, sani e malati. Don Henry entra in chiesa in questo momento. Cinque passi e arriva al centro della navata centrale, sotto un crocifisso alto due metri, tutto di legno, poco illuminato e appeso di fronte a una finestra a vetri a forma pentagonale.
La giornata non è granché.
Arriva un fotografo e i genitori nascondono i bambini: “Prova a scattarne una e ti ammazzo”, dice un signore con un paio di pantaloni neri, a righe, più o meno gessati. Sono le 9.10, è il 29 aprile, anno 2007. Dopodomani, primo maggio, Sagra del Pecorino. Oggi, Messa del fanciullo. Cinque giorni fa, a trecento metri dalla parrocchia, gli arresti: atti osceni in luogo pubblico, sottrazione di minore, sequestro di persona, violenza sessuale e poi quei terribili giochi di cui parlano i giornali: il gioco della patatina, il gioco del pisellino, il gioco del dito a punta, il gioco della banana, il gioco della punta azzurra, il gioco del tavolo, il gioco del dottore, il gioco della mamma, il gioco dei figli, il gioco dello scatolone, il gioco del lupo, il gioco della tigre e il gioco dello scoiattolo.
Erano, anzi, sono coinvolte quattro maestre, una bidella, un autore televisivo e un benzinaio: Patrizia Del Meglio, Marisa Pucci, Silvana Candida Magalotti, Cristina Lunerti, Gianfranco Scancarello (marito della Del Meglio) e Kelum Weramuni De Silva. Sedici giorni dopo gli indagati verranno tutti rilasciati. Ma a Rignano c’è qualcuno che le sentenze non avrà alcuna voglia di aspettarle. Basta l’indagine. Basta l’essere presunti. Basta solo il dubbio, solo l’idea. Bastano solo le foto, magari solo quei nomi, solo le facce, solo i titoli. A Rignano ci vuole così poco, solo il sospetto, per iniziare a credere che tutti quegli “orchi” (La Stampa, venerdì 11 maggio 2007) tutte quelle “braccia amputate” (La Repubblica, giovedì 26 aprile 2007) e tutti quegli “uomini incappucciati” (La Repubblica, giovedì 26 aprile 2007) non siano presunti, ma esistano davvero.
“Buongiorno, don Enrico”.

(segue dalla pagina I) Quattro mesi fa da Rignano partono le prime accuse. Siamo a novembre, l’anno è il 2006. Pedofilia, sissignore. Ogni mese nuove denunce, nuovi controlli, nuove perizie, nuovi sospetti e poi tutte quelle associazioni, quelle visite, quegli specialisti, quelle psicologhe, quegli interrogatori, quelle nuove denunce e quelle nuove mamme che, per mesi, hanno raccontato dei figli, della scuola, degli abusi, degli orchi. Dei presunti abusi, naturalmente. Dei presunti orchi, naturalmente. Ma chissà perché a Rignano quella parola, presunti, la dicono così, la dicono sottovoce, la dicono piano piano.
“Ha altro da aggiungere, signora?”.
“Si?”.
“Prego”.
La signora si chiama Patricia, la piccola si chiama N. La signora è una delle mamme di Rignano Flaminio. Mia figlia, dice, è stata abusata. La signora racconta di quel supermercato. Lo racconta a Bracciano e lo racconta qualche mese dopo quell’incontro molto strano. Il supermercato si chiama Super Emme, si trova sulla Flaminia, la strada che parte da Roma e arriva fino a Rimini e che al chilometro 39 si ferma qui, a Rignano Flaminio. La signora, a Bracciano dai Carabinieri, parla di un parroco, parla di un prete di colore e di un altro un po’ più basso di lui. Racconta di questo prete, di quello un po’ più alto, e racconta di quel parroco, ancora, che alla vista di mia figlia le dà uno schiaffetto, o come si chiama, un buffetto sul capo, e poi le sorride.
“Altro, signora?”.
“Si?”.
“Prego”.
La mia bambina si è voltata, mi ha guardato, si è irrigidita e io le ho chiesto: tesoro, lo conosci quel signore? E lei no, negava, negava con forza e diceva di non voler parlare. Sa, io non frequento la chiesa, non conosco quella persona, non conosco quei due preti. Io in parrocchia non conosco proprio nessuno. Ecco, le confesso: sono rimasta impressionata dall’incontro.
Un parroco. Un supermercato. Un buffetto.
Don Henry, naturalmente, con i presunti pedofili e con tutti quegli “otto anni di violenze” (Il Tempo, venerdì 27 aprile 2007) non c’entra nulla, chiaro. Don Henry, a Rignano, non è mai stato indagato, non è mai stato interrogato, non mai è stato denunciato. Semplicemente, lui con la storia della scuola degli orrori non c’entra proprio niente. Ma da quando quel giorno ha difeso le maestre, da quando ha difeso i presunti pedofili, a Rignano c’è qualcuno che non lo capisce più. Perché quelle parole? Perché difendere gli indagati? Perché parlare di azzeccagarbugli? Perché parlare di indagini e di arresti? Perché?
Quel giorno, Henry, disse molte cose. Disse di stare attenti e non dare retta alle malelingue, di non ascoltare le falsità e di non dare retta alle persone cattive. Mentre i giornali, in quelle ore, ricordando “il supermercato”, parlavano di “nuovi eventi”, raccontavano delle “indagini che vanno avanti” e descrivevano nei minimi particolari un paese “dove il clima, comunque, resta molto pesante”. “E pensare, eh”, mi dice una signora con un bambino sottobraccio, accanto all’uscita dalla chiesa di Rignano Flaminio. E continua, la signora: “E pensare che quelle maestre venivano sempre a messa a pregare, e pensare che pregavano, si inginocchiavano, sembravano pure devote. E sì, signore, lei ha ragione. L’arresto è grave, è molto grave, però non crede che con tutte queste voci che girano qualcosa non sia successo davvero? O sbaglio? No, mi dica”. Mi dica lei: “Sa, di storie strane qui a Rignano ne girano, sa? La sa, la conosce la storia dei pedofili della bassa Emilia? Lo sa che li hanno assolti tutti? Lo sa che a Modena sono tutti a casa, ora? Mi dica, mi dica perché. Mi dica perché in carcere non c’è più nessuno. Lei che è un giornalista, mi dica: è possibile che in quel paese non sia successo nulla? Come è possibile non credere ai nostri bambini?”.

***

Nel 1999, nella bassa Emilia, un certo don Govoni venne indagato per pedofilia. In quei mesi i grandi giornali si scatenarono, iniziarono a raccontare la città dei presunti orchi (dove la parola presunti, come qui a Rignano, era scritta piccola piccola) e provarono a scoprire cosa era successo, lì, nella bassa Emilia. In quei giorni si scriveva delle “tragiche violenze”, di tutti “quei misteri” e di quelle “famiglie distrutte”. In quei giorni, Gad Lerner, in uno scrupoloso articolo uscito sulla Repubblica il 9 giugno del 2000 (intitolato “Il Diavolo tra i campi di grano, viaggio nei paesi dei pedofili”), riportava le sue impressioni su quel paese dove alcuni bambini sarebbero stati violentati da genitori, zii, nonni, fratelli, preti e naturalmente maestre. In quei giorni si scriveva che don Govoni era a capo di un gruppo di satanisti pedofili, un gruppo che agiva nei cimiteri di Mirandola e Finale Emilia, un gruppo che celebrava finti funerali, decapitava bambini e gettava le loro teste in un fiume. Rifletteva, Lerner, sul “racconto convergente di quei poveri bambini” e lo faceva anche se di provato non c’era nulla, in quel momento: non un resto umano, non una foto, non un filmato, nulla che potesse condannare quei presunti pedofili e quel diavolo di un prete. “Don Giorgio, proprio don Giorgio, il Diavolo?”, scriveva Lerner. Un anno dopo, la Corte d’Appello di Bologna assolverà il sacerdote modenese dall’accusa di pedofilia: tra “i campi di grano”, in effetti, non c’era proprio nessun diavolo. Ma quando lo si scoprirà sarà ormai un po’ troppo tardi: il giorno prima del processo (il 19 maggio del 2000, 21 giorni prima del servizio di Gad Lerner), dopo che il Pubblico Ministero aveva richiesto la condanna del prete, don Govoni era stato trovato per terra. Un infarto, innocente, stecchito. Anche se fino a pochi giorni prima, quel prete strano strano era per tutti così, un diavolo di pedofilo.

***

Don Henry cammina velocemente. Sorride, abbassa la testa e parte. E’ la prima messa dopo gli arresti, la prima dopo che Rignano ha scoperto cosa significa aver paura, la prima comunione dopo che un intero paese ha capito cosa significa quello che monsignor Angelo Amato chiama un “film perverso sul male”, un film “che viene girato ogni giorno in ogni parte del mondo con sceneggiature sempre nuove e crudeli”. Un film di cui Amato (segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede) parlava pochi giorni prima che a Rignano i giornali iniziassero a raccontare di arresti, di orchi e di streghe cattive. Scriveva Amato che oggi è come se il male non esistesse più: oggi è l’uomo che esercita la sua ragione per far finta di non conoscerlo, il male, ed è come “se tutti i mali avessero un’origine sociale”. Come se il male non ci fosse più. Come se l’orrore non esistesse più. E invece no, e invece eccola qui, all’improvviso, la percezione del male. Eccola qui quella scuola che i giornali amano definire “degli orrori”(La Stampa, venerdì 27 aprile 2007), eccolo qui quello che sembra un “sabba delle streghe cattive”, con tutta quell’atmosfera malvagia, tutti quegli articoli, quei titoli, quei servizi e quelle cronache che arrivano all’improvviso e che arrivano così, a 39 chilometri da Roma. In un paesino dove si dice che esistono le streghe, dove si dice che le streghe vanno bruciate, dove non c’è ancora Gad Lerner ma dove c’è già Vincenzo Cerami. Un paesino dove però, dopo un anno di indagini, di quelle streghe di cui parlano i giornali e di quegli orchi presunti di cui i parlano i tiggì, si sa davvero ancora poco.
E lei, don Henry, cosa sa? Ci spieghi un po’, ci dica perché due maestre sbattute in cella erano catechiste nella sua parrocchia. Ci spieghi perché lei ha difeso quelle maestre prima che venissero arrestate, prima che a Rignano arrivassero i Ris e i Gip, prima che qui, a 39 chilometri da Roma, arrivasse la Polizia e il sindaco vietasse pure le manifestazioni. Ci spieghi, Henry. Cosa c’entra lei con il paese dove le maestre (così si sospetta) bevono il sangue delle bambine, dove le maestre chiudono i bambini in uno scatolone e le bidelle tagliuzzano le braccia dei nostri piccoli? Don Henry, ne sa qualcosa lei?

***

Dopo venti minuti di messa si sparge una voce. Chi non è di Rignano si riconosce subito, naturalmente. Si riconosce dai vestiti, dai pantaloni, dai capelli o dal telefonino che squilla. Ed è probabile che il blocchetto degli appunti del giornalista della Repubblica, l’auricolare nero del giornalista del Tempo e la suoneria livello quattro del mio telefonino qualche sospetto possano pure averlo creato.
Ci sono tre giornalisti, occhio. Ma don Henry lo sapeva da un pezzo che oggi, oltre ai fedeli, ci sarebbero stati anche i cronisti. E sapeva che per lui non sarebbe stata una domenica come le altre. Tutte quelle domande, quegli articoli, quei genitori. Tutto quel male. E quel paese che continua a chiedere a don Henry una sua parola, una sua risposta: un sì o magari un no. Ed è anche per questo che la sua predica, oggi, è davvero forte ed è un po’ diversa dal solito. Non dice vostro onore, ma poco ci manca. Dice così, Henry: “Il Buon Pastore non lascia le sue pecorelle nel momento del bisogno”. E poi: “Quanti azzeccagarbugli, quanti arruffapopoli in questi giorni bui hanno rivelato invece segreti istruttori e professionali per farsi pubblicità. Stiamo attenti. Non esistono solo le pecorelle smarrite. Esistono anche quelle che conducono le altre verso il male. Ma ricordatevi. Il pastore conosce le sue pecorelle e vigila su di loro. Sapete, io avrei potuto far carriera e andarmene da qui. Ma sono rimasto, perché questo è il momento del bisogno e, come sapete, i sacerdoti sono gli unici ad essere sempre reperibili. Proprio come i Carabinieri”.
I Carabinieri, quelli in borghese, con le Nike nere (con baffo rosso), marsupio Invicta, jeans chiaro, giacca nera (very young), occhiale nero (a goccia), capello a spazzola (sempre nero), una mano in tasca, telefonino Motorola, così, a pelle, non sembrano riscontrare grossi punti di contatto con il parroco. Però non fiatano: sanno che i problemi sono altri. Sanno che chi abita a Rignano sono mesi che ormai legge quelle parole che aveva sentito solo quando qualcuno in Tv, davanti a un plastico, parlava di Cogne. Processo. Circo mediatico. Psicosi. Interrogatori. Incidenti probatori.
Nessuno, qui a Rignano, avrebbe mai pensato che nella chiesa del paese qualcuno si mettesse a evocare gli azzeccagarbugli. Che qualcuno tra un “il Signore sia con voi” e un “prese il pane e rese grazie” parlasse di “violazioni del segreto professionale” e di “preti che avrebbero potuto fare carriera e che invece sono rimasti a Rignano”. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare di vederlo così, Henry. Di vederlo parlare di indagini in chiesa, di vederlo sfilare per le maestre di fronte a Rebibbia, di sentirgli ricordare che “anche tra i primi cristiani c’erano disaccordi” (e che “Pietro e Paolo li hanno risolti pregando insieme”), di sentirgli dire che “un barattolo vuoto fa sempre più rumore di un barattolo pieno”, di sentirlo parlare di processo mediatico, in chiesa, di chiedere “allo Spirito Santo il conforto dell’amore e della pace per questi bambini e le loro famiglie”. O dire che “oggi, a Rignano, non è facile essere genitori” o sentirsi chiedere a fine messa, scusi, padre, cosa è un azzeccagarbugli?

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“Buongiorno, come posso aiutarla?”
Si avvicina un signore, all’improvviso, un po’ minaccioso. Avrà trentacinque anni, mi guarda, mi punta e mi fa: “Scusi, è del posto?”. Beccato. “Volevo sapere dove giocare la schedina”. Mi spiace, chieda al bar.
Il bar, qualche minuto dopo, è già pienissimo. Poche ore dopo la messa c’è il derby, il numero 128. Quello con la rovesciata di Mancini, la punizione di Ledesma e la botta di De Rossi, la solita, vicino al palo. Roma-Lazio finirà zero a zero. Su “l’Unità” Roberto Cotroneo, in quelle ore, scriveva che “l’aria di tenebra non la senti, la vedi proprio, come fosse un fiume invisibile, la vedi negli occhi della gente, nei silenzi, nelle mezze parole, nei movimenti indecisi, di chi non sa bene come comportarsi”. “E’ la banalità del male che annega tutto in un gratta e vinci, in una panchina ben tenuta nella piazza, negli occhi di questa gente” e dove si trova un “Henry nato a Caracas, da una famiglia di emigrati di Rignano che sono tornati e hanno ora un figlio prete”.
Don Henry esce dalla chiesa, la messa è durata meno di un’ora e lui non dice nulla, tiene la testa bassa, ha ancora le mani in tasca, gli si avvicina prima una giornalista del Tg2, no grazie, poi una giornalista del Tg3, no grazie, poi un cronista dell’Ansa, no grazie. I presunti mostri di Rignano sono in carcere da quattro giorni, don Henry non parla con nessuno, ma a Rignano c’è qualcuno che non capisce. Qualcuno che vorrebbe sapere qualcosa di più, che a quei presunti pedofili ci crede davvero, che quei pedofili non li ha visti, non li ha toccati ma li ha sentiti. Li ha spiati con gli occhi dei propri figli. Li ha seguiti con le orecchie dei propri bimbi. Qualcuno che ora, per questo, non si ferma, parla, ascolta, prega, accusa, ricorda e continua a chiedere. Continua a pregare. A dire vi prego, ascoltateci. Vi prego, fermatevi. Vi prego, credeteci. Vi prego. Come fate a non credere ai nostri bambini?
Claudio Cerasa
20/09/07

mercoledì 19 settembre 2007

"Ho visto l'uomo nero" su Repubblica

Oggi Attilio Bolzoni su Repubblica recensisce "Ho visto l'uomo Nero".

L´UOMO NERO diario di un cronista
La vicenda di Rignano Flaminio: un libro di Claudio Cerasa.
Quella parola la pronunciano sempre «piano piano». Quasi per forza, sottovoce. Quella parola - presunti - è come se avessero paura di farla sentire agli altri. E´ da mesi e mesi che l´hanno dimenticata, perduta fra le loro angosce. Da quando si incontrarono per la prima volta in una casa per confessarsi sui loro figli, i bimbi che frequentavano la scuola materna. Era due estati fa, i primi giorni del luglio del 2006. Fu allora che in paese cominciarono ad apparire all´improvviso gli «orchi», che cominciarono a circolare quelle spaventose descrizioni sugli «uomini incappucciati» e sui piccoli che «bevevano sangue». Orchi e non presunti orchi. Diavoli e non presunti diavoli. Mostri e non presunti mostri. Neanche uno di quei genitori aveva più cuore per aspettare un processo e una sentenza. Bastava il dubbio.
Bastava il sospetto. Bastava anche solo l´idea. Quella parola - presunti - fu seppellita già prima degli arresti. E mai più dissotterrata. Nemmeno dopo le scarcerazioni.
La complicatissima e scivolosissima vicenda di Rignano Flaminio e dei suoi (mai presunti) pedofili della scuola materna «Olga Rovere» è diventata un racconto. I passi dell´inchiesta giudiziaria che si intrecciano con i personaggi, rivelati uno dopo l´altro nelle loro pieghe più intime fra la cronaca degli avvenimenti e quella suggestione di massa che ha piegato la realtà condannando inesorabilmente tre maestre, un autore televisivo, una bidella e un benzinaio di colore ancor prima che la giustizia potesse dimostrare uno solo di quegli orrori. Un piccolo paese come specchio dell´Italia intera. Di tutte le sue paure. Il titolo del libro è Ho visto l´Uomo Nero (Castelvecchi, pagg. 180, euro 14) e l´ha scritto Claudio Cerasa, giovane redattore de Il Foglio. Sarà in libreria dal prossimo 21 settembre.
E´ una narrazione che ha il rigore dell´inchiesta giornalistica.
Le drammatiche testimonianze dei bambini. Le risultanze delle perizie e delle controperizie. I pareri dei dottori. Gli atti dei pubblici ministeri. I dubbi degli avvocati. Le grida delle madri disperate. Tutte le ragioni di tutti sono finite nel diario di un cronista inviato in quel paese a trentanove chilometri da Roma il 26 aprile del 2007, appena poche ore dopo l´arresto degli «orchi». In Ho visto l´Uomo Nero c´è anche, c´è soprattutto un j´accuse «contro l´incredibile caccia alle streghe» che si è scatenata a Rignano Flaminio. I sospetti subito condannati. Già tutti colpevoli. Tutti messi in croce.
E´ proprio un giornalista che questa volta ha puntato il dito contro il grande delirio mediatico-giudiziario. Il libro di Cerasa ricostruisce ciò che è accaduto sin dalle prime denunce dei genitori e dalle prime visite mediche. Dalle prime smentite. Dai primi «pezzi» sui giornali e dai primi seguitissimi talk show. Nei dettagli ricostruisce un incontro - anche quello il primo - dei genitori dei bimbi «abusati». E´ uno dei punti chiave della brutta e controversa storia di Rignano Flaminio. Le prime denunce dei genitori vengono verbalizzate dai carabinieri della caserma di Bracciano fra il 9 luglio e il 9 settembre 2006. Verrà riportata successivamente in un passo dell´ordinanza di custodia cautelare contro gli indagati: «Non inficia in alcun modo l´affidabilità di tali denunce, la circostanza che i genitori dei minori si siano a un certo punto confrontati su quanto andava emergendo».
Confrontati. I genitori dei bimbi della scuola materma «Olga Rovere» si erano «confrontati» prima e durante e dopo le denunce ai carabinieri. Avevano «interrogato» i loro figli prima e durante e dopo quelle denunce. Li avevano addirittura filmati i bimbi, per raccogliere e documentare ogni loro parola. E´ tutto riportato nei vari capitoli di Ho visto l´Uomo Nero, verbali agli atti, prove di accusa che in futuro potrebbero facilmente trasformarsi in robusti elementi a favore delle difese. Sono le contraddizioni di un´indagine che in più fasi appare disordinata. Gli arresti a nove mesi dalle denunce e poi le scarcerazioni a quindici giorni dagli arresti. La Cassazione, proprio ieri, ha confermato il ritorno in libertà degli indagati.
Ho visto l´Uomo Nero racconta anche tutto quello che è avvenuto dopo gli arresti. Sui giornali. In tivù. Nell´ultimo capitolo c´è una raccolta dei titoli sulle prime pagine dei quotidiani italiani. Quella parola - presunti - non compare quasi mai.
«Violentavano i bambini e li filmavano». «Dovevano bere il sangue e fare massaggi alle maestre» «Quei pedofili ogni domenica a messa» «Bambini drogati e filmati» «Narcotizzavano i bimbi, poi gli abusi». «Anche le donne lo fanno con i loro bimbi». Scrive Cerasa: «In quei giorni, come capita spesso qui in Italia e come capita con un certo successo dal 1992 ad oggi, non esistevano indagati, non esistevano sospettati e non esistevano "presunti pedofili". Esistevano solo mostri».
Le ultimissime pagine sono dedicate alle trasmissioni televisive. Nelle tre serate che Porta a Porta si è occupata degli «orchi» ha registrato il 19, il 25 e il 27 per cento di share. Nelle quattro serate sui «mostri» Matrix ha raggiunto il 14, il 15, il 20 e il 29 per cento. E´ la pedofilia che fa audience, l´Uomo Nero turba e richiama. Gli ascolti salgono, salgono sempre con i bimbi e con i diavoli.

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Ho Visto l'Uomo Nero