Qual è la geografia del nuovo potere nella Città eterna? Palazzinari, clero, architetti, editori, tassisti, lobbisti: Claudio Cerasa, nel suo libro “La presa di Roma” (Rizzoli, 208 pagine, 9,80 euro), ricostruisce minuziosamente la rivoluzione, silenziosa e carsica, che è in atto nella Capitale.
Il suo libro comincia con il collasso del consenso del centrosinistra. Chi ha riempito oggi quel vuoto?
Sta tentando di riempirlo il sistema di potere che ruota intorno ad Alemanno. Ed è un progetto molto ambizioso, che in futuro punta decisamente ad uscire dai confini locali.
Il sindaco Petroselli, che girava le periferie sulla 500 per capire i problemi della gente, è una figura lontana. Altri tempi: oggi lei dice che Alemanno fa uso smodato dello spoil system...
Alemanno ha vinto perché è riuscito ad intercettare voti del centrosinistra: nello specifico quelli di chi vive nelle periferia, nei luoghi lontani dalla “grande festa” veltroniana. E poi ha smontato i sistemi di potere preesistenti, rimettendo tutto in discussione. “Alemanno ha avuto il consenso di chi vive in periferia, lontano dalla ‘grande festa’ veltroniana”.
Come è cambiato il sistema di relazioni tra Campidoglio e Vaticano?
Molto. In realtà anche il “primo” Veltroni ebbe buoni rapporti con la Chiesa, ma con Alemanno il discorso è diverso. La dice lunga il fatto che in un solo anno da sindaco ha incontrato il Papa otto volte.
Chi comanda oggi a Roma?
In questo momento contano molto i poteri terzi, perché il sindaco non è riuscito ad imporre la sua leadrship. Parlo di costruttori, imprenditori, establishment.
Crollata la saldatura del potere Bettini-Letta oggi c'è un nuovo schema di potere: quale?
Diciamo intanto una cosa: Roma è fatta apposta per essere governata in maniera bipartisan, con due capisaldi politici che dialogano e interagiscono. Fino a ieri sono stati Bettini e Letta, oggi sono Alemanno e D’Alema.
Che ruolo giocano i costruttori?
Hanno un ruolo diverso. Sono un mondo che ha grande influenza e giocano una partita autonoma. Alemanno si sente molto riconoscente nei confronti di Caltagirone e spesso si comporta quasi come se dovesse essergli eternamente grato. Veltroni ha scelto di stringere simpatie con altre persone, penso alla famiglia Toti, ma nel momento decisivo, prima della campagna elettorale, non c'è dubbio che la richiesta di discontinuità arrivata da Caltagirone abbia giocato un certo ruolo nello sconvolgere gli equilibri.
Un'ultima cosa: perché chiama il sindaco Lupomanno?
Era il nome che negli anni Ottanta i camerati romani davano ad Alemanno. (ANDREA BERNABEO)
lunedì 21 dicembre 2009
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