In mezzo a mille correntine, ecco come i due hanno accerchiato Veltroni. Vedi Puglia, Calabria e Red
Diciamo pure che la presa dalemiana del Partito democratico parte anche da qui. Perché in mezzo a questo oceano di correnti e correntine, in cui ormai sembra essersi perduto il Partito democratico, c’è qualcosa di nuovo. C’è qualcosa che si muove. C’è quella che potrebbe anche definirsi come l’ultima declinazione della vecchia classe dirigente di Ds e Margherita, che parte dalla Puglia, che arriva fino alla Calabria, che mette insieme fondazioni e associazioni e che sarà destinata a ridisegnare presto i confini del maggior partito dell’opposizione. C’è chi lo chiama asse, c’è chi lo chiama dialogo, c’è chi la chiama soltanto alleanza: ma resta il fatto che sotto il corpaccione morbido del Pd sta nascendo una robusta spina dorsale formata da un lato da Enrico Letta e dall’altro da Massimo D’Alema.
Ecco, non è certo una notizia che tra D’Alema e Letta ci sia un ottimo rapporto, che tra i due ci sia una buona intesa dai tempi del governo dalemiano e che i collaboratori dei due ex ministri siano anche amici di vecchia data. Ma è invece significativo notare che non sono pochi i casi in cui i due mondi finiscono per confluire in unico universo. E’ così a Bari, è così a Reggio, è così a Roma, è così a Potenza, è così con Red, ed è così persino a Strasburgo.
“Attenzione – avverte Gianni Pittella, capodelegazione del Pd nel Pse – questa non è una congiura contro Veltroni. Da parte nostra c’è massima lealtà e non credo ci sia nessuno che voglia sfidare il partito. Per quanto mi riguarda posso dire che in giro, è vero, questa convergenza c’è, si vede, ed è piuttosto evidente: e non è un errore dire che, in fondo, i lettiani e i dalemiani il Pd l’abbiano fatto un po’ prima di tutti gli altri. Questa convergenza di culture ha contribuito a promuovere una nuova visione del Pd e non nascondo che guardando al futuro fatico a immaginare un partito che voglia rinunciare a un maggior contributo di dirigenti come Letta, D’Alema, Bersani e Fassino. Ripeto: noi siamo alleati fedeli, ma in un futuro prossimo non mi dispiacerebbe vedere D’Alema e Letta ai vertici del nostro partito: anche se D’Alema secondo me ha obiettivi di ben altro respiro”. Ma per entrare nel cuore di quello che potrebbe essere dunque definito come il “dalettismo” bisogna partire da Red, dalla costola politica della fondazione dalemiana ItalianiEuropei.
Non è certo un caso che l’uomo scelto da Massimo D’Alema per guidare il suo “tentativo di costruire in Italia un’esperienza politico-culturale di tipo nuovo” sia Paolo De Castro: ovvero l’ex dirigente dell’Ulivo che da ministro delle Politiche agricole del governo Prodi ha organizzato la campagna elettorale di Letta, alle primarie del 2007 – e che pochi giorni fa ha chiesto a Veltroni di dare al più presto una “sferzata di autorevolezza” al Pd. Non è certo un caso, poi, che chi lavora dietro le quinte di Riformisti e democratici sia quell’Ernesto Carbone che fino a un anno fa dirigeva lo staff di De Castro, e che con Letta si è candidato all’assemblea costituente del Pd. Dall’altra parte, è significativo che alla guida della creatura politica nata sotto la direzione dello stesso Letta ci sia Umberto Ranieri: dalemiano di rito napolitaniano e coordinatore dell’associazione 360 gradi, la cui sede si trova giusto a pochi metri dalla redazione di Red tv e dagli appartamenti del Cav. – a Piazza Grazioli. E chissà se questa sia solo una coincidenza. “Il mondo che si ritrova nell’universo di Letta va preso particolarmente in considerazione per almeno due ragioni – dice al Foglio l’onorevole Gianni Dal Moro, considerato braccio destro di Enrico Letta – La prima è che esistono poche realtà che come questa sono riuscite a mettere insieme, in modo efficace, dirigenti che vengono da due tradizioni profondamente diverse. La seconda è che anche grazie a questa esperienza sarà possibile superare definitivamente tutte le vecchie appartenenze politiche presenti nel Pd”.
“Questi meccanismi di coabitazione politica, compresi quelli che possono esistere tra D’Alema e Letta, non vanno generalizzati ma sono necessari per il Partito democratico – aggiunge il senatore del Pd Francesco Sanna – Quando ha accettato di far parte del governo ombra, Letta ha scelto una strada, quella della collaborazione e della lealtà in cambio della condivisione delle scelte strategiche del partito. La cosa mi pare funzioni. Non era scontato che il Pd sostenesse la tesi lettiana della difesa delle preferenze nelle elezioni europee. Mentre l’insistenza sui rapporti con l’Udc che Enrico propone evidenzia l’altra parte della sua/nostra collocazione: un profilo di autonomia che lo rafforza nelle relazioni interne e oggi e domani lo rende centrale, non aggiuntivo”. In effetti, il discorso sembra essere ancor più squisitamente politico se si vanno a prendere in considerazione le convergenze parallele che Letta e D’Alema condividono in Puglia, in Basilicata e in Calabria. Non è certo un mistero che la regione in cui è nato il presidente di ItalianiEuropei sia quella che mostra in modo più evidente il profilo del dalettismo: un po’ perché la Puglia è terra di vecchi dalemiani, un po’ perché questa è la regione in cui Letta si era ritrovato in mano con quasi mezzo partito, all’ultimo congresso della Margherita.
Ma da queste parti – che sia un consiglio comunale, che sia un consiglio provinciale o regionale – i dalemianlettiani sono un unico e riconosciuto blocco politico; e l’immagine perfetta della nuova stagione pugliese è certamente quella che offre l’onorevole Francesco Boccia: ex consigliere economico di Enrico Letta, oggi coordinatore regionale di Red e da molti considerato come il futuro candidato alla presidenza della regione. Ma non finisce qui, perché le storie di D’Alema e Letta si intrecciano sia in Basilicata (dove dalettiani di ferro sono l'ex presidente della regione, Filippo Bubbico, l’europarlamentare Gianni Pittella e il deputato Antonio Luongo); sia nel Lazio (dove i dalemiani e i lettiani si sono ritrovati ad appoggiare alle ultime elezioni regionali il consigliere Francesco di Stefano); sia in Calabria, dove il potente assessore lettiano Mario Maiolo – in ottimi rapporti con il mondo dalemiano – non solo condivide una solida amicizia con Marco Minniti ma presto dovrebbe essere uno dei nuovi iscritti dei Riformisti e democratici. “In tutto questo – racconta un collaboratore di Letta – c’è il rischio che ItalianiEuropei voglia farci crescere i baffi e voglia mettere il cappello sopra le nostre testoline. Esistono oggi alcune visioni culturali che tra i due mondi ancora non coincidono, ma la sfida è questa: quella di far sì che un giorno D’Alema e Letta rappresentino il futuro senza che questo significhi che il nostro mondo debba essere improvvisamente subalterno a quello di Red”.
Claudio Cerasa
23/10/08
Nessun commento:
Posta un commento