mercoledì 24 settembre 2008

Il Foglio. "“Siamo disperati, accetteremmo pure un allevatore di trote”

Roma. “Io non sono incazzato, io sono deluso. In questa compagnia io ci sono diventato uomo, c’ho conosciuto mia moglie, c’ho fatto volare i miei bambini, c’ho lavorato per ventisei anni, c’ho messo il cuore, c’ho messo l’anima, c’ho messo la mia vita, c’ho messo le pezze quando le pezze andavano messe, c’ho visto fare le schifezze che tutti quanti avete visto, c’ho visto arrivare i peggio manager che ci potevano capitare, c’ho visto passare persone che mi scambiavano per un bibitaro, e io, come tutti, ho sempre sorriso. Ho sorriso al passeggero che sale sull’aereo e mi manda a fanculo perché gli ho messo i cubetti di ghiaccio nel bicchiere con la Coca cola. Ho sorriso al cliente che mi chiede di atterrare in mezzo all’oceano perché all’improvviso lui è lì e ha paura che l’aereo possa cadere da un momento all’altro. Ho sorriso quando ho incontrato un ragazzo che prima di un volo di lungo raggio era molto spaventato e mi ha chiesto se potevo rimanere con lui a fargli tutto d’un fiato l’elenco di quello che non si può portare in aereo nel bagaglio a mano (fucili, rivoltelle, coltelli, fuochi d’artificio, catapulte, frecce, dardi, chiodi, lance, giavellotti, pattini da ghiaccio, lame, spade, sciabole, mannaie, bisturi, forbici, borchie, martelli, scarponi da montagna, mazze da baseball, mazze da cricket, mazze da golf, mazze da hockey, stecche del biliardo, pugni di ferro, detonatori, mine anti uomo, granate e barattoli di butano). Ho sorriso anche quando, appena quattro anni fa, la società ha deciso di aumentare le mie ore di lavoro, quando mi hanno tagliato lo stipendio del trenta per cento, quando ho perso cento euro al mese e quando infine mia moglie è andata in maternità e l’azienda l’ha fatta lavorare, e guadagnare, molto meno di quanto le sarebbe spettato. Ho sorriso quando sui giornali avete scritto quella parola che vi piace tanto. Casta. Come no. Casta. Ecco. Io non mi vergogno, non ho nulla da nascondere. Quant’è che guadagnamo, noi assistenti di volo? Quattromila? Cinque mila? Seimila euro al mese? Balle. Tutte balle. Io lo so che il nostro è nella sua natura un lavoro da privilegiati, perché per noi lavorare significa volare dentro un tubo colorato a diecimila metri dal mare e so perfettamente che c’è chi pagherebbe per poter vivere come noi, qui, a un soffio dalle nuvole. Ma noi non siamo qui a difendere i privilegi. Non siamo matti, siete voi che siete scorretti”.

Quanto avete detto?
“Quant’è che avete detto? Tremila? Quattromila euro al mese? Bene: io sono ventisei anni che lavoro in Alitalia. Sono responsabile di bordo, ho la responsabilità su tutto quello che succede dentro la cabina di un aereo, ho un Cud di ventunomila euro l’anno e guadagno mille e settecento euro al mese con un minimo di mille e trecento euro. A volte può capitare che possa arrivare anche a tremila euro, ma capita soltanto quando lavoro ventidue giorni al mese per un totale di circa ottanta ore di volo. Dicono: e volate di più. Ma certo, noi di più voleremmo molto volentieri. Non siamo mica matti: più voliamo e più guadagnamo. Siamo pagati a cottimo, noi. Io, per quanto mi riguarda, volo ottocentosessanta ore l’anno, ma forse vi sfugge che per legge non è possibile arrivare a più di novecento ore. E’ p-r-o-i-b-i-t-o. Con Lufthansa, per fare un esempio, si arriva a ottocentosettanta ore in totale. Con Iberia a ottocentocinquanta. E’ molto di più? Direi proprio di no. Vede, noi non siamo fancazzisti. Noi la proposta della Cai l’abbiamo letta e l’abbiamo letta molto bene. C’hanno proposto un minimo di 590 euro al mese con un massimo di 1.120 per tutti coloro che avessero raggiunto i ventitré anni di anzianità. Infine hanno proposto di assumere 12 mila persone quando mettendo insieme Alitalia e Air One i dipendenti totali sono circa 20 mila. Dicevano tremila esuberi? Non mi risulta, ed è facile dire fannulloni!, fannulloni!, bamboccioni!, bamboccioni, quando poi ti danno mille euro”.

Che cosa succede altrove?
“E poi, forse, non avete idea di quello che succede nelle altre compagnie. E’ vero, ci sono altre storie, ci sono altre situazioni contrattuali, e Air France non Alitalia e bla, bla, bla. Ma è una bugia dire che in Italia ci sono assistenti di volo privilegiati. Prendete il contratto di Air France. 1.500 euro di minimo, 4.800 di massimo, 132 euro di diaria, 784 ore di volo ogni anno. Non solo. Dite che in Alitalia c’è troppo personale, che siamo tutti furbacchioni, che non abbiamo voglia di lavorare e che le altre compagnie non stanno lì a brontolare come noi, quando invece basterebbe un controllo semplice semplice per capire che i 18 mila dipendenti di Alitalia messi di fronte a quelli di Air France (103.500) a quelli di British (44.645), a quelli di Iberia (23.000) e a quelli di Lufthansa (94.000) sono una cifra, se mi permette, semplicemente ridicola. Vede, credo che il mio non sia un discorso così difficile da comprendere. Voi scrivete che ‘i dipendenti Alitalia non vogliono rinunciare ai privilegi’, che ‘gli assistenti di volo fanno falire una compagnia’, che siamo degli irresponsabili, degli egoisti e molto altro. Ma noi non vogliamo benefattori, non è quello che cerchiamo, non è la ragione per cui manifestiamo. Noi vogliamo qualcuno che arrivi nella nostra compagnia, che faccia impresa, che guadagni, che faccia profitti, che faccia utili, che faccia soldi. Tutti i dirigenti che ha avuto Alitalia in questi anni dovrebbero prendere il signor Spinetta e dire: per favore, viecce a spiegà come si comanda una compagnia di aerei. Qui capisco che bisogna sempre limare limare limare, e questo ci può anche stare. Ma provate a immaginare se nominassero direttore di un giornale uno che fino a pochi giorni prima, chessò, allevava trote. Ecco. Noi ci troviamo da almeno dieci anni in una situazione di questo tipo. Ogni sei mesi qui arriva qualcuno con un nuovo piano industriale. Ogni sei mesi arriva qui un manager che prima dice spostiamo tutto a Milano, poi ci ripensa e ci manda a Roma, poi ci ripensa ancora e ci taglia lo stipendio, poi ci ripensa ancora una volta e decide di tagliare rotte, rotte e rotte. Roma-Sidney? Via. Roma-Rio de Janeiro? Via. Roma-Bangkok? Via. Il fatto è che il solo pensare che oggi potevamo essere già fusi con Air France, e invece niente, che potevamo essere un unico mondo con Klm, e invece niente, ci fa impazzire. Non si può disegnare un futuro di appena tre o quattro anni per una delle più grandi imprese italiane. E poi? Che succede dopo i tre anni? Beh, lo sanno tutti qui che succede: prima o poi entreremo in Air France, ma questa volta, quando succederà, c’entreremo con la coda in mezzo alle gambe e c’entreremo dopo che ci saremo ritrovati a vivere nella stessa situazione in cui ci siamo ritrovati da non so più quanto tempo e continueremo a pagare noi gli errori che hanno fatto i nostri dirigenti”.
“Vede, io lo so che quello che alla fine rimarrà di tutta questa storia saranno le braccia al cielo delle mie colleghe di Fiumicino, le foto in mutande dei miei colleghi di Napoli, le cordate a forma di cappio tricolore di fronte ai ministri e i ragazzi che si sono dati fuoco davanti le porte del ministero. Ma non credete: noi non siamo felici se la trattativa va a farsi fottere. Noi siamo dis-pe-ra-ti. Forse non è eccessivo dire che oggi siamo disposti a farci salvare anche da chi vende trote, ma il fatto è che in questo momento è come se tutta l’Italia ci stesse dando un calcio in bocca e chiedendo di non dire che ci fa tanto male. Poi, certo, è facile parlare dei privilegi che non abbiamo, è facile dire che abbiamo, non so, le nostre macchine (che non è vero), i nostri autisti (che non è vero), gli stipendi più alti dei nostri colleghi (che non è vero). La verità è che noi vorremmo soltanto essere gestiti da gente competente, vorremmo che venisse data un po’ di dignità alla divisa che portiamo in giro per il mondo e vorremmo che si conoscesse quantomeno un po’ di verità. Ecco. Spiegateci perché non avete scritto che negli ultimi anni la nostra compagnia ha avuto una produttività superiore del venticinque per cento rispetto a quella di Lufthansa; dell’undici per cento rispetto a quella di Air France; e dell’otto per cento rispetto a quella di Iberia? Spiegateci perché non avete scritto che Air France ha 246 dipendenti per ogni aereo, che la British ne ha 158, che Lufthansa ne ha 152 e che Alitalia invece ne ha soltanto 62. Spiegateci come fate a dire che, dalle nostre parti, il numero dei dipendenti è, come scrivete voi, ‘eccessivo’. Come no. ‘Eccessivo’. E se vi dicessi che l’Alitalia per il suo personale spende la metà di tutte le altre compagnie europee? E se vi dicessi che l’Alitalia per il suo personale ha spese pari ha 15,6 euro ogni 100 euro che incassa? Se vi dicessi che la British per il suo personale di euro ne spende 27 ogni 100, Iberia 25, Lufthansa 23 e Air France 31? Vede, qui ci sono i signori che dicono di fare i sindacalisti che non capiscono che, se li prendiamo a fischi, è perché non è possibile rappresentare un dipendente senza sapere nulla dei nostri contratti. Che c’entra Bonanni con gli assistenti di volo? Che c’entra Epifani? Noi lo sa che a Fiumicino abbiamo strappato le tessere della Cisl, della Cgil e della Uil? E lo sa perché? Perché nessuno ha fatto nulla per noi. Perché i sindacati che vorrebbero rappresentarci così tanto non hanno firmato un contratto che dovevano firmare cinque mesi fa con Air France; perché i sindacalisti si sono addormentati quando l’azienda andava a farsi benedire e perché oggi, gli stessi che sulle prime pagine dei giornali si presentano come i salvatori della patria non riescono a trovare un accordo con chi, in un modo o in un altro, ci potrebbe comunque salvare. Le posso assicurare che non siamo pazzi, che non siamo viziati, che non siamo privilegiati e che se ci sono persone di cinquantadue anni che passano le notti di fronte al ministero e che minacciano di darsi fuoco non lo fanno per fare i capricci. Lo fanno perché sono disposti a umiliarsi. Lo fanno perché sono disposti a difendersi da accuse false. Lo fanno sapendo perfettamente che non c’è nulla da festeggiare se la sera alla tua bambina che ti vede uscire e che ti chiede: ‘papà vai a lavorare?’ ti ritrovi a dover rispondere ‘sì, ci sto provando, ma stasera, piccola, papà va a lavorare senza divisa’”.
Claudio Cerasa
24/09/08

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