venerdì 12 settembre 2008

Il Foglio. "Cronaca di una giornata tra sindacalisti, fischi, ministri e piloti che trattano a oltranza su un’azienda fallita anni fa"

Roma. Fino al primo pomeriggio di ieri la complessità della situazione che riguarda il futuro della nuova compagnia di bandiera era in fondo ben riassunta dalle dichiarazioni involontariamente ironiche rilasciate dai principali sindacalisti (“La situazione sta precipitando!”), dalle cordate a forma di cappio tricolore appese a Roma di fronte al ministero del Lavoro, dai quaranta voli bloccati da centinaia di manifestanti all’aeroporto di Fiumicino e dalle dure parole del commissario Augusto Fantozzi, che già in mattinata aveva ribadito che per la nuova Alitalia non c’è molto da aspettare. Si chiude oggi e chi ci sta ci sta. Ma il primo segnale positivo nell’ultima pazzotica giornata della vecchia compagnia di bandiera si presenta a metà pomeriggio ed è un messaggino riservato che arriva sui cellulari dei piloti Alitalia, pochi minuti dopo le tredici, e che informa alcuni iscritti ai sindacati confederali sulle effettive garanzie fornite dal governo a proposito delle due questioni che saranno decisive per far resuscitare l’Alitalia: le tipologie dei contratti (che potrebbero non essere tagliati quasi del cinquanta per cento, come invece previsto dal Piano fenice) e il numero di aerei che dalla prossima settimana manterrà in volo la compagnia di bandiera (che con ogni probabilità saranno superiori ai 150 previsti fino a qualche ora fa).
Nonostante il clima non proprio conciliante registrato comunque ieri a Roma (quattro pullman arrivati da Napoli, lunghi cortei a pochi passi da via Veneto, un cassonetto quasi rovesciato in via Flavia, e poi cappi sventolati in piazza, fischi a Raffaelle Bonanni, personale di terra in mutande e piloti pronti finalmente a mangiarsi le mani per l’occasione persa con Air France), la nuova Alitalia avrebbe in teoria tutte le carte a posto per nascere già oggi: i sindacati potrebbero aver trovato un accordo nella notte, i contratti potrebbero non penalizzare più di tanto il personale Alitalia e il ministro Maurizio Sacconi potrebbe veder così esaudito il desiderio confidato ieri mattina ai giornalisti: “Escluderei un weekend in cui si lavorerà ad oltranza”. Ma passeggiando per un pomeriggio intero lungo gli stessi marciapiedi sui quali hanno sfilato per tutto il giorno un migliaio di persone – tra piloti incazzati, hostess disperate, assistenti di volo vestiti con buste della spazzatura e dipendenti dell’Atitech arrivati in tarda mattinata da Napoli accolti da uno sventolio trionfante di necrologi con data del decesso e simboli Alitalia – l’impressione è che il personale coinvolto nella rivoluzione della compagnia di bandiera sia ormai consapevole del grave errore fatto nell’aver contribuito a tirare su barricate contro una buona offerta di Air France, ritrovandosi così costretto ad accettare oggi l’ultimo disperato tentativo di respirazione bocca a bocca della compagnia di bandiera. Così, da un lato si possono trovare i piloti che ricordano che l’Italia ha un costo del personale molto più basso rispetto al resto dell’Europa (19 per cento, contro una media europea del 25), che chiedono di essere quantomeno trattati con dignità e che non ci mettono molto a riassumere il proprio pensiero sulla qualità percepita della cordata alitaliana: “Aho, aridatece Spinettà!”.

In serata le aperture e le minacce
Dall’altro lato si trovano invece gli agguerritissimi assistenti di volo certi che i ministri del governo (“Vergogna! Ladri! Buffoni!”) con le richieste fatte pervenire ai sindacati si siano in fondo limitati a sparare solo molto forte; e convinti che, se nella notte i sindacati si permetteranno davvero di firmare il contratto con la cordata, sarà inevitabile scioperare insieme con i colleghi di Air One. In serata naturalmente sono arrivati gli ultimi tentativi di dare un senso di normalità alla giornata. Ma il fatto è che quella che i giornali racconteranno oggi come la “giornata più lunga” resta prima di tutto la descrizione della storia rocambolesca di un’azienda che si ritrova con ministri, lavoratori e sindacati che disperatamente provano a trattare sul corpo di una compagnia defunta non oggi, ma dieci anni fa.
Claudio Cerasa
12/09/08

1 commento:

Zen lento ha detto...

Domanda retorica: puo' l'accozzaglia di sindacatini volanti e corporativi (e non), trangugiare oltre 7000 esuberi e sparire dall'orizzonte ?
Questo è il problema dei sindacati, ma questo è il desiderio della cordata.
Illusionisti e prestigiatori troveranno un compromesso accettabile visto che troppi, tra politici e sindacalisti, rischiano di perderci la faccia. Ne va , da una parte e dall'altra del consenso, se non della sopravvivenza.

Niente di nuovo, tiriamo a campare. E' così da 20 anni, come ben dice Rizzo oggi sul Corriere.

Certo che era meglio Air France, che ora appare solo la via di fuga per gli investitori CA,I per monetizzare in futuro a spese dei contribuenti di oggi.

Un vero pateracchio.