giovedì 18 settembre 2008

Il Foglio. "Il Cav. seppellisce W. ma il Pd si scopre un po’ tremontiano"

Roma. Nel giorno che ha visto arrivare sulle sue spalle uno degli attacchi più tosti mai ricevuti dal governo di centrodestra (“Veltroni è inesistente, questa sinistra non è capace neanche di fare opposizione”, ha detto ieri il Cav.), il Partito democratico si ritrova in una condizione che fino a pochi giorni fa sarebbe stata difficile da immaginare. Sull’orizzonte del maggior partito dell’opposizione, al momento, non sembra esserci alcuna traccia del vecchio CaW, e in un momento difficile come quello vissuto in questi giorni (banche che falliscono, borse a picco, compagnie di bandiera che non decollano e sindacati che non mollano) il dialogo tra centrodestra e centrosinistra, a uno sguardo superficiale, potrebbe apparire solo come un vecchio rottame. Ma di fronte all’incontenibile Giulio Tremonti di queste ore – che tra le altre cose ieri pomeriggio ha promesso di tagliare le tasse entro la fine della legislatura, appena pochi minuti dopo che il ministro ombra dell’Economia, Pierluigi Bersani, aveva chiesto al governo di “adottare immediate misure per ridurre le imposte sui redditi da lavoro” – a sinistra del Cav. si sta aprendo un nuovo fronte nel Pd. Un fronte che, seppur lontano dai taccuini, non ha difficoltà ad ammettere che il ministro dell’Economia rappresenta oggi uno dei “miglior interlocutori del governo di Silvio Berlusconi”.
Il discorso riguarda non soltanto la critica – condivisa da gran parte dei dirigenti democrat – sull’assenza degli adeguati meccanismi di controllo che hanno portato al fallimento di banche d’affari come Bear Stearns e Lehman Brothers, ma riguarda un’analisi squisitamente politica che avrà un certo peso nella definizione dell’agenda economica del Partito democratico. Conversando con il Foglio, il senatore Nicola Rossi crede che sia eccessivo parlare di “crisi del capitalismo”, mentre Enrico Morando sostiene che sia sbagliato parlare di “fine della terza via blairiana”. Fatte queste premesse, però, il senatore Nicola Latorre, la mette così: “Qui non si tratta di stimare o non stimare Tremonti – dice al Foglio il vicecapogruppo del Pd al Senato – il punto è che va riconosciuto come Tremonti si sia sforzato più di ogni altro nell’offrire utili elementi di analisi sulla situazione economica globale. Nel Pd non c’è ancora stata la possibilità di affrontare un’analisi condivisa sull’argomento, ma è fuori discussione che con Tremonti esista oggi un terreno di condivisione politica difficile da negare. Questo non vuol dire scegliersi un interlocutore invece che un altro – perché nel governo ci sono personalità di primo piano, come Gianni Letta, tanto distanti da noi, quanto affidabili – né tantomeno che la condivisione non lasci spazio a una profonda diversità di opinioni per quanto riguarda le risposte che il paese dovrebbe garantire di fronte alla crisi della globalizzazione. Ci tengo a dire però che le parole del ministro dovrebbero essere coerenti anche per quanto riguarda gli argomenti di più stretta attualità per il nostro paese. Penso al federalismo. Non si può criticare l’assenza di regole e di controllo, da una parte, e poi lasciare che si arrivi a una sorta di deresponsabilizzazione dello stato centrale. In questo momento, soprattutto alla luce di ciò che succede negli Stati Uniti, abbiamo bisogno di esaltare l’unità del paese, non di fare il contrario. Per questo, non potremmo che rimanere molto vigili su quello che succederà in queste ore a proposito di federalismo”. Ma oltre al federalismo, che Tremonti presenterà alla Camera tra lunedì e martedì prossimo insieme con la Finanziaria, nell’agenda economica del Pd ci sono alcuni punti che il partito di Veltroni rilancerà a partire dalla conferenza programmatica del 6 ottobre. A questo proposito, il consigliere economico di W. Marco Causi – convinto che nel Pd ci sia la necessità di contrastare la crisi economica con una “politica neokeynesiana”– anticipa che il primo argomento economico con il quale il Pd incalzerà il governo sarà quello di riproporre “una riforma sull’imposta personale dei redditi in grado di ridurre sia l’aliquota minima sia quella intermedia”. Una riforma che, ascoltando il Tremonti di queste ore, potrebbe regalare qualche soddisfazione a quell’inconfessabile fronte neotremontiano del Pd.
Claudio Cerasa
19/09/08

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