Tutto è cominciato da Tor di Nona e dalle borgate dimenticate. È una delle molteplici chiavi di interpretazione offerte dal libro scritto dal giornalista del Foglio Claudio Cerasa “La presa di Roma” (Rizzoli, 208 pp, 9,80 euro). La pax veltroniana è implosa su se stessa e le porte del Campidoglio si sono aperte a Gianni Alemanno e al suo entoura ge perché per troppo tempo Veltroni è stato sindaco soprattutto del centro e per il centro (inteso non solo in termini geografici, ma anche sociali e culturali) della Capitale. In altre parole, quel sistema di gestione e organizzazione della città e dei suoi “potentati”, che per oltre un decennio ha regnato su Roma, la stessa politica del red carpet che ha reso Walter un quasi-monarca anche grazie all’asse Goffredo Bettini-Gianni Letta, è stato alla base dello “scollamento” tra il centrosinistra e le borgate dove mancano i servizi, i collegamento e le strade sono ancora «come mulattiere». Periferie che infatti hanno scelto di cambiare colore. Ma il saggio non si limita a fotografare le ragioni della sconfitta elettorale di Veltroni-Rutelli. Grazie a interviste e dati, analizza nel dettaglio anche l’altro fattore “x”: il delicato legame tra insicurezza percepita dai cittadini - e cavalcata dal centrodestra in fase di campagna elettorale - e trattamento riservato agli eventi di cronaca nera, in particolare agli stupri, da parte dei mezzi di comunicazione. L’altra parte illuminante del lavoro di Cerasa riguarda la descrizione dei gruppi di potere che fanno girare gli affari in città. Si fa il nome, tra gli altri, di Luigi Abete e Massimo Tabacchiera come nuovi referenti di banche e aziende. Si racconta del canale privilegiato che il sindaco Gianni Alemanno ha aperto con la Sante Sede.
Chiara Buoncristiani
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