Così il cronista dubbioso si affida a Voltaire
La vicenda di presunta pedofilia all’asilo Olga Rovere di Rignano Flaminio dopo la sentenza della Cassazione è giunta a un punto fermo. L’iter giudiziario è svolto, ma sul piano pratico quanto e cosa di questa complicata storia rimarrà irrisolto, non è dato saperlo. Eppure, a futura memoria, qualche lezione bisognerà trarne. Di una certa utilità, in tal senso, è il libro di Claudio Cerasa Ho visto l’uomo nero (Castelvecchi), il quale ha ricostruito con la perizia del consumato cronista, tutto il caso da lui seguito fin dai primi giorni delle indagini, indicandone le complessità istruttorie e i tanti paradossi mediatici. Nel corso dell’inchiesta di Cerasa incontriamo in presa diretta gli avvocati, i genitori, le maestre e i giornalisti, setacciamo i primi riscontri indiziari, le testimonianze, le perizie, gli interrogatori. Pagina dopo pagina il cronista mette un po’ d’ordine nella ridda dei comitati di difesa, degli assistenti sociali, degli psicologi da talk show che hanno affollato questo caso mediatico-giudiziario senza emettere sentenze di alcun genere, ma senz’altro mettendo in guardia il lettore dall’orrore che una moderna caccia alle streghe può generare. Cerasa pare abbia come unico compagno di avventura il rigore che la professione di cronista impone, così come uno solo sembra il suo riferimento morale: mille sono le verità uno l’errore. E con una scrittura tersa, attenta a valorizzare il particolare per agganciare i fatti in un ambito di oggettività, da cronista l’errore primigenio lo mostra, è la sparizione dal lessico comune della parola presunto. Quella dimenticanza per mesi ha trasformato gli indagati in orchi ripugnanti, separando in distanze siderali la realtà popolare da quella giudiziaria. In effetti, leggendo di seguito i titoli dei quotidiani riservati alle cronache di quei giorni c’è di che far tremare i polsi. C’è da ridere invece, almeno un po’, degli atteggiamenti e delle prese di posizione degli amministratori locali e di alcuni politici sempre un po’ ondivaghi, dei risvolti psicologici tracciati sulla stampa e in televisione da certi disinvolti psichiatri, o dagli abbagli presi da alcune grandi firme del giornalismo nel descrivere con enfasi e dovizia di particolari un luogo per un altro! E qui il garbo di Cerasa è nel non calcare la mano. Dell’ironia la fa, ma su se stesso, raccontando le illusioni e i tic del cronista alla ricerca di fantomatici scoop. Ciò che alla fine dell’inchiesta rimane più chiaro all’orizzonte è il clima complessivo che l’ha accompagnata. Una storia dolente in cui un dramma privato diventa delirio collettivo. «Attenzione - ammoniva Voltaire - le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle».
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