sabato 9 dicembre 2006

Foglio, Giovedì 16 novembre, Gli inglesi multiculti accantonano il Natale, meglio la “festa d’inverno”

Perché dire “buon Natale” quando, più
semplicemente, basta dire “buone feste”?
O “Christmas holidays” quando, senza
problemi, si può dire soltanto “holidays”?
Perché organizzare un “Christmas party”
quando, più banalmente, una festa natalizia
la si può anche chiamare “Winter party”?
Succede che, in Inghilterra, dire Natale,
festeggiare il Natale, organizzare il Natale o
parlare di Natale, inizia a diventare un po’
pericoloso. Perché il Natale significa natività,
significa religione, significa cristianesimo.
E quindi che senso ha provocare chi il
Natale non solo non lo vuole festeggiare ma
non lo vuole nemmeno nominare? Meglio
stare attenti. Meglio non dar fastidio a nessuno.
Perché tutti vanno rispettati. Con la sensibilità
delle religioni non si scherza, ovvio.
Ma con la sensibilità, in Inghilterra, non si
vuole scherzare soprattutto in un caso: quando
le persone da rispettare sono quelle che
non sempre rispettano le altre.
Siamo in Cornovaglia, è il 27 ottobre, la
città si chiama Caradon. Ogni anno funziona
così: c’è una banda, un gruppo musicale un
po’ sfigato che prende, si organizza, gira l’Inghilterra
e organizza sei, sette tappe fisse. Il
periodo è sempre lo stesso: quello natalizio.
Il pubblico è quello che è, le canzoni non
sempre piacciono. Il gruppo non va granché,
ma si è dato un senso: raccoglie i soldi, parte
li incassa, parte li dà in beneficenza. Anche
quest’anno, stessa storia: sette tappe, si parte
a dicembre in scaletta qualche canzone
nuova, qualcuna vecchia. Tra queste, in mezzo,
si suona “Jingle Bells”, “White Christmas”.
Ma quest’anno c’è un problema. Il Natale
ha nuove regole. Per suonare le canzoni
natalizie, il Caradon District Council ha fissato
una tassa: 21 sterline per ogni canzone.
Ma il problema è un altro. Il District Council
ha applicato il “licensing act” del 2003, cioè
una norma non locale, ma nazionale. Volendo,
ricorda lo stesso Council, chiunque in Inghilterra
potrebbe essere costretto a pagare
una tassa per suonare “Jingle Bells”.
La scorsa settimana la Royal Mail inglese
ha deciso che tra i francobolli stampati nel
corso delle settimane delle vacanze natalizie
non comparirà più nessun “Christmas theme”,
nessuna immagine natalizia. “E’ un caso”,
dicono dalla Royal Mail” .
Qualche chilometro a nord ovest di Caradon
c’è una città che si chiama Scarborough.
La città è famosa per essere uno dei luoghi
più belli da visitare durante il Natale. Per
due motivi: per i giochi di luce e per le decorazioni
natalizie. Ogni anno arrivano migliaia
di persone. Ora, però, non si può più.
Le luci sono troppo pericolose, ci sono troppi
turisti, sono troppo natalizie. Meglio spegnerle,
almeno per ora.
I primi sintomi da intolleranza natalizia
sono cominciati cinque anni fa. L’anno è il
2001, siamo a Luton pochi chilometri a sud di
Londra. La comunità musulmana aveva chiesto
di sostituire le “Christmas lights” (luci natalizie),
con un altro termine: “luminos”, semplicemente
luci. Così, cosa vuoi che cambi?
A Birmingham le feste natalizie, ora, si
chiamano Winterval, a Londra (lo riporta il
Guardian) il canale satellitare Sky ha ricevuto
alcune lettere di protesta riguardo alla
sua tradizionale festa natalizia. Quest’anno
il Christmas Party di Sky non si chiamerà
più Christmas Party, si chiamerà “Winter
Party”, “festa d’inverno” e per precauzione
James Murdoch (figlio di Rupert e Ceo della
British Sky Broadcasting) non si travestirà
più da Santa Claus.
Ma c’è chi ha iniziato a protestare. Pochi
giorni fa, il Christian Muslim Forum (coordinato
dall’arcivescovo di Canterbury e costituito
a metà da cristiani e a metà da musulmani),
ha chiesto di lasciare in pace il Natale.
La buona notizia è che qualcuno, ora, si
sia svegliato. La cattiva notizia, però, è che
per suonare “Jingle Bells”, per cantare
“White Christmas” e per chiamare “Natale”
il Natale, qualcuno, ora, è costretto ad alzarsi
in piedi per chiedere il permesso.
Claudio Cerasa

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